Il prime rate virtuale è una pistola puntata di Alfredo Recanatesi

Il prime rate virtuale è una pistola puntata F OLTRE LA LIRA ^1 Il prime rate virtuale è una pistola puntata VETE presenti quei dise..gni con i quali il genio grafico di Escher riuscì a rappresentare l'impossibile: l'acqua che scendendo per gravità toma al getto d'origine oppure la scala che con più rampe sale verso il suo gradino più basso? Ebbene, un analogo paradosso compare da qualche mese nel rapporto mensile dell'Abi sui mercati finanziari e creditizi. La tabella n. 48, sotto il titolo «Andamento dei principali tassi di interesse per le imprese», riporta, tra gU altri dati, i valori mensili del prime rate e del tasso medio sui prestiti. Il prime rate è il tasso «primario», ossia quello appbcato per i prestiti alla clientela primaria, quella più affidabile. Trattandosi dei prestiti con il minor grado di rischiosità, dovrebbe essere molto prossimo - come chiunque può capire - al tasso attivo mimmo. E invece, ecco il paradosso alla Escher: a luglio il tasso medio su tutti i prestiti è risultato inferiore al prime rate con un divario che si è ampliato in agosto e che (i dati per il momento si fermano a quest'ultimo mese) ha continuato presumibilmente ad ampliarsi anche successivamente. Il prime rate è fermo da aprile al 7,88%, mentre il tasso medio risultava del 7,73 a fine luglio e del 7,59 a fine agosto. Il paradosso ovviamente una spiegazione ce l'ha, e sta nel fatto che i due tassi hanno una natura del tutto diversa. Il prime rate è un tasso dichiarato: ogni banca dichiara il tasso primario che intende applicare, l'Abi lo rileva, fa le sue medie ponderate, e così viene fuori il 7,88 di cui abbiamo detto. La circostanza che, in un periodo di eccezionale e forse irripetibile discesa dei tassi, il «prime» sia rimasto invariato da sei mesi la dice lunga sul fatto che si tratta di un tasso virtuale. Ed infatti, da quando nacque (nacque quando morì il cartello dei.tassi bancari) è sempre stato un po' equivoco: non era e non poteva essere im tasso veramente primario perché in questo caso lo avrebbero preteso in troppi; era quindi il tasso applicato ai clienti «normalmente buoni», mentre alla ristretta cerchia della clientela veramente primaria veniva applicato quello che ben presto, per ragioni che chiunque può capire da sé, fu battezzato il «tasso Fiat». Il tasso medio, invece, è quello risultante da medie ponderate di valori che ogni banca è tenuta a comunicare, come proprio tasso medio, alla Banca d'Italia la quale poi lo comunica all'Abi; insomma, è una media di medie di tassi effettivamente applicati e che, quindi, seguono le reali condizioni del mercato del credito. Per completezza diremo anche che da queste stesse comunicazioni la Banca d'Italia calcola anche il tasso minimo, inteso come il tasso medio sul 10% degli affidamenti concessi alle condizioni più favorevoli per il cliente; ed il tasso minimo così calcolato è ormai molto prossimo al 5%; quasi tre punti in meno del prime rate Abi! Queste notazioni non hanno scopi di noiosa pedagogia statistica, ma servono per potervi in¬ nestare due osservazioni. La prima è che la natura del prime rate è virtuale, sì, ma non per questo priva di effetti concreti di fronte ai quali Escher potrebbe anche impallidire. Molti contratti di affidamento si basano su condizioni definite con uno sconto o una addizionale rispetto al prime rate Abi. Accade così che le banche dichiarano prime rate ormai avulsi da ogni realtà del mercato; la loro media è un dato ugualmente strampalato, ma siccome lo calcola l'Abi si ammanta di una presunzione di ufficialità e di imparzialità; a motivo di questa presunzione, il prime rate Abi diventa un parametro la cui applicazione determina, per una quota molto ampia di affidamenti, condizioni più elevate di quelle che deriverebbero da un onesto riferimento ai tassi realmente primari. Forzature di questo genere non sono certo nuove, ma in passato erano nascoste dall'ampiezza degli scarti relativi che si determinavano quando tutti i tassi di interesse erano a due cifre. Ora, con i tassi bassi e i differenziali conseguentemente più risicati, diventano più visibili, addirittura sfacciate se è vero, come è manifestamente vero, che la maggior parte delle banche non si perita di dichiarare all'Abi prime rate invariati da mesi, mentre alla Banca d'Italia comunica la realtà di tassi sensibilmente più bassi. Non si può certo due che ne guadagni la trasparenza delle banche. ... La seconda osservazione, riguarda la singolarità di un tasso attivo minimo - il reale prime ra^ te - sceso al livello del tasso ufficiale di sconto. E' evidente che quest'ultimo tasso ha un effetto sempre più circoscritto al brevissimo termine, non impedendo che il costo effettivo del credito bancario scenda a livelli paragonabili con quelli che si registrano nel resto d'Europa. Si può concludere, di conseguenza, che le polemiche sul livello del tasso di sconto possono avere qualche fondamento per quel che riguarda la valenza psicologica di questo tasso, ne hanno assai meno per quel che riguarda l'effettivo costo del credito bancario. Anche se l'Euro nascerà con l'anno venturo, di fatto non c'è più un rischio di cambio che impedisca di indebitarsi in marchi o in franchi francesi, convertire il ricavato in lire e programmare un rimborso in Euro identico a quello conseguente ad un indebitamento in lire. E così, tra le tante irripetibili singolarità dovute all'avvio dell'unione monetaria, vi è anche quella di un costo del credito che può scendere addirittura al livello del tasso di sconto. Alfredo Recanatesi bs^J

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