«Via il sindaco che non cita la mafia»

«Via il sindaco che non cita la mafia» Nuove polemiche sul manifesto funebre preparato dal Comune per il funerale del sindacalista ucciso a Caccamo «Via il sindaco che non cita la mafia» Lui replica: solo un 'incolpevole omissione PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La rimozione del sindaco di Caccaino, il modico Nicasio Di Cola (Udr), ì; stala chiesta dal presidente del Consiglio comunale di Palermo, il diessino Costantino Garraffa. Motivo: l'assenza della parola «mafia» nel manifesto per il lutto cittadino l'atto stampare dal Municipio del paese per il delitto politico-mafioso di giovedì sera, vittima il candidato a sindaco dell'Ulivo nelle elezioni del maggio prossimo, Domenico Ceraci, sindacalista della Uil ed ex consigliere provinciale del l'pi. Cresce così il tono delle polemiche sul manifesto, che Garraffa definisce «vergognoso e lontano dalla sensibilità della maggior parte dei caccamesi». E mentre per scoprire i mandanti e il killer che ha esploso cinque fucilate a lupara indagano a Caccamo ciucine sostituti della Direzione distrettuale antimafia palermitana inviati dal procuratore Gian Ciarlo Caselli, oltre a un sostituto della procura di Termini Imerese, non si spegne il fuoco dei dissensi che assedia il sindaco. Di Cola nel manifesto aveva bollato l'omicidio come «attentato alla società civili;». Lo stesso vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni, sabato in paese ai funerali, è stato critico: «E' un gravissimo errore. E' la dimostrazione che la battaglia da fare è ancora lunga. Onesto è un delitto di mafia e tale dev'essere chiamato. Non seriveri; la parola mafia è forse il peggior torto che si potesse fan; alla memoria di chi è morto». E un altro diessino, Giuseppe Lumia, segretario della commissione parlamentare Antimafia, non è stato meno severo: «Avrei voluto leggere sul manifesto che Nico è stato ucciso dalla mafia». «Questo manifesto ci indigna. Vuoi vedere che Nico è morto di polmonite?», era sbottato con tagliente ironia già ore prima il segretario regionale della Uil Carmelo Barbagallo illustrando le sole due ragioni possibili, a suo giudizio, alla base dell'omissione: paura e collusione. Lui, il sindaco cossighiano, non ci sta a farei inghiottire nel gorgo, a farsi cacciare. E si difendi;: «Sellali- to un'incolpevole omissione dovuta alla concitazione del momento - sostiene -. Escludo ogni intenzionalità. Del resto fa fede il documento approvato su mia proposta dal Consiglio comunale che condanna "il gravissimo atto di mafia" e invita la cittadinanza a un'azione congiunta con le forze di polizia e la magistratura perché possa essere debellato "ogni fenomeno mafioso e di criminalità"». E continua: «Caccamo è in un momento tragico e complesso. Spero che alla violenza della mafia non si aggiunga lo spargimento di veleni politici. Sparale moralmente sul sindaco in carica non giova alla giustizia e turba ancor più la serenità di Caccamo, che non è ima capitale mafiosa. La mia giunta, da quando è stata eletta 3 anni fa, ha combattuto mafia e corruzione con i fatti, non con le parole». Lumia intanto risponde no alla proposta di un sindaco unico del Polo e dell'Ulivo venuta dal coordinatore siciliano di Forza Italia Gianfranco Micciché. «Ci aspettiamo - dice il deputato dei Ds - una richiesta di dimissioni dell'attuale sindaco e una presa di distanza da tutti i protagonisti delle ultime vi- cende giudiziarie che colpiscono l'impero del boss latitante Nino Giul'fré». Quest'ultima allusione è al deputato di Fi Gaspare Giudice, incriminato per concorso in associazione mafiosa. Antono Ravidà Il primo cittadino «In Consiglio abbiamo condannato le cosche» Walter Veltroni con la vedova e i due figli. In alto, Domenico Geraci

Luoghi citati: Caccamo, Palermo, Termini Imerese