A Pristina come sul Titanic

A Pristina come sul Titanic BALCANI IN FIAMME A Pristina come sul Titanic Nella discoteca dei serbi aspettando le bombe PRISTINA DAL NOSTRO INVIATO La discoteca «Grand» funziona nei sotterranei dell'albergo «Grand», che di «grand» ha soltanto le ambizioni. Eppure forse stasera questo slabbrato falansterio titoista vive davvero qualcosa di grande. L'esaltazione, innanzitutto. Quella fragorosa, alcolica euforia che da sempre spinge i serbi a riunirsi in gruppo ogniqualvolta i grandi eventi incombano. Adesso per esempio la gigantesca «hall» dell'albergo - normalmente buia e semideserta - rimane buia ma piena di presenze eccitate. Giovanotti rasati, ragazze in tenute multicolori, gruppi umani che si muovono senza ordine apparente fra le poltrone, il bar, la discoteca, con l'unico scopo di incontrarsi, riconoscersi, prepararsi. L'hotel «Grand» da sempre rappresenta il potere locale dei serbi. Dalla cima dei suoi tredici piani la grande insegna domina la città con un firmamento artificiale. Cinque enormi stelle al neon che, nell'interpretazione autentica, ovvero in un realistico compendio dei servizi, significano «acqua, luce, carta igienica, acqua minerale e caffè». Non ha mai fornito altro, il grande albergo kosovaro. Ma questa sera per un momento si trasforma in castello, simbolica ridotta, espressione di tutto ciò che l'«élite» serba ha da perdere. I locali albanesi non possono competere, un tacito coprifuoco impone loro di chiudere entro le 22. E' una sorta di raduno spontaneo, questo. Tanto più impressionante quanto più giovane, entusiasta e sprovveduta appare la specie umana che lo compone. Un attimo fa, per esempio, ho incontrato un ragazzo dell'età di mio figlio (in qualche modo gli somigliava anche) che ascoltando l'idioma straniero ha detto: «Bombardate questo...», con chiaro riferimento machista. Subito dopo, compreso che nonostante il discorso inglese aveva incontrato un italiano, il ragazzo si è commosso, ha chiesto scusa, ha offerto da bere e per un'ora si è fatto spiegare cosa succederà. Già, cosa succederà? Questa mattina l'ultimo degli americani che hanno lasciato Pristina - sembra un caso, ma in poche ore sono partiti quasi tutti, dai grandi «networks» ai giornali di pro¬ vincia - sintetizzava la questione in questi termini: «Al 95 per cento la Nato bombarda. Oppure Milosevic cede, al 95 per cento». Battuta anche divertente, se ad ascoltarla non è qualcuno che vive qui. E allora quelli che al 95 per cento saranno bombardati o al 95 per cento dovranno cedere agli albanesi il controllo delle cose, stasera celebrano l'ultimo momento di svagatezza e di follia. La discoteca del «Grand» è aperta solo al venerdì e al sabato sera, questo sabato potrebbe essere l'ultimo. Anzi, lo sarà in ogni caso. La musica non è solo assordante, è demenziale. «Rap» americano con parole slave, i suoni di una subcultura lontana ripresi ed interpretati quasi a volersi porre sotto il medesimo ombrello. Eppure i veri autori di questa musica domani potrebbero dare il via ad una colonna sonora totalmente diversa, fatta di esplosioni e di sangue. Di boati la giornata è stata piena. Era il ruggito dei «jet» che a coppie tagliavano il cielo del Kosovo quasi a lanciare il messaggio: tranquilli, ser¬ bi, siamo qui noi. Nessuno pensa seriamente che quei vecchi «Mig» possano contrastare l'offensiva del mondo, ma stasera l'epica dell'eroismo e del sacrificio, dell'atto individuale che salverà l'onore del Paese si spande tra questi ragazzi come un virus. La discoteca non fa pagare ingresso. Cinque o seicento ragazzini serbi si ammassano qui: vestono Levi's, Nike, Reebok, fumano Marlboro e se hanno qualche dinaro in più bevono Budweiser. Eppure dicono: «Amerikanzi, jebiga». Qualcosa di molto si¬ mile al nostro invito a recarsi prontamente altrove per compiere atti impuri. S'atteggiano a tanti piccoli «Rambo» e nello stesso tempo si apprestano ad affrontare gli aerei invisibili, le più sofisticate espressioni della tecnologia. Lo fanno a forza di birra e di «loza», la meno tecnologica fra le bevande del mondo, la rude grappa balcanica in grado di stendere un toro. Tutto intorno si vedono angeliche ragazzine bionde crollare sotto il peso di ciclopiche sbronze, giovanotti che escono di corsa e vomitano sulla moquette, altri che giurano: «I russi ci hanno appena mandato gli SS-20. Adesso abbiamo missili potenti, me l'ha detto mio cugino che lavora in aviazione». Di fronte all'albergo, nella piazza che rappresenta il vero centro di Pristina, altra gente discute fino a notte fonda col medesimo corredo di grappa e di emozioni. Sono gli anziani, gli ex partigiani, i camerieri del turno di notte che si raccontano epiche storie del passato. «Tu pensi che questa guerra finirà subito? Aspetta e vedrai, noi abbia mo degli alleati. La Russia, la Bielorussia, l'Ucraina, la Grecia. Ed anche voi italiani, in fondo...». Sarà un caso, ma in questo momento a Pristina la presenza giornalistica internazionale sembra consistere quasi esclusivamente in italiani e greci. Gli altri hanno lasciato solo informatori locali. 1 responsabili del «Modiacenter» hanno fatto sapere che in caso di bombardamenti potranno garantire la sicurezza dei giornalisti stranieri solo all'interno della struttura. «Le reazioni della gente - spiegano - sono imprevedibili». Fuori, nel piazzale, l'ultima notte sfrenata dei serbi del Kosovo intanto si consuma fra pianti etilici, ragazzini che vomitano e poliziotti che intervengono caritatevolmente. La città è pattugliata in ogni angolo da coppie di agenti armati che aspettano solo di premere il grilletto. Stasera devono assistere gli ubriachi, ma lo fanno con una certa sollecitudine. E' molto improbabile che sabato prossimo la discoteca del «Grand» possa riaprire. Giuseppe Zaccaria All'Hotel «Grand» i giovani ballano forse per l'ultimo sabato. Tutti si chiedono che cosa succederà domani Qualcuno si vanta «I russi ci hanno dato i nuovi missili» Qui sopra aerei da attacco americani A-10, in alto il ministro della Difesa Beniamino Andreatta e (nella foto in basso) due giovani profughe kosovare in lacrime

Persone citate: Beniamino Andreatta, Giuseppe Zaccaria, Marlboro, Milosevic, Nike

Luoghi citati: Bielorussia, Grecia, Kosovo, Pristina, Russia, Ucraina