E adesso è in pericolo anche la pace in Bosnia

E adesso è in pericolo anche la pace in Bosnia E adesso è in pericolo anche la pace in Bosnia ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO «Una pioggia di missili si riverserà sui Paesi vicini che oseranno aiutare in qualunque modo i nemici dei serbi. Colpiremo tutte ie postazioni e le basi degli eserciti internazionali stazionati nei Paesi confinanti con la Serbia». Ancora una volta la minacci.^ di rappresaglie viene da Vojislav Seselj, leader dell'ultranazionalista partito radicale serbo, nonché vicepremier di Belgrado, noto per le atrocità commesse dalle sue milizie durante le guerre in Croazia e in Bosnia. Dopo aver giurato vendetta contro tutti gli occidentali, diplomatici e giornalisti, che si trovano in Jugoslavia. Seselj ha esteso le sue minacce agli Stati confinanti, e in particolare a quei Paesi dov'è forte la presenza militare internazionale. Nel caso di un bombardamento della Nato, la Bosnia Erzegovina, con i 35 mila uomini della Sfor (la forza internazionale di stabilizzazione) e della Nato dispiegate sul terreno, rischia di diventare il primo bersaglio dei serbi. Tanto più che nella Repubblica Serba di Bosnia, che insieme alla federazione musulmano-croata costituisce il Paese, sono saliti al potere gli uomini di Seselj. Nikola Poplasen, il neopresidente del mini Stato serbo-bosniaco, eletto poche settimane fa, è anche lui un radicale, fedelissimo di Seselj. Benché nelle prime dichiarazioni ufficiali abbia abbassato il tono, dicendosi pronto a eoo- V perare con la comunità internazionale e a rispettare gli Accordi di pace di Dayton, Poplasen potrebbe facilmente ritornare sulle posizioni preelettorali. Che sono apertamente antioccidentali. Proprio come il suo capo a Belgrado, Poplasen ha da sempre considerato la presenza delle unità della Sfor e della Nato sul territorio bosniaco «un'occupazione nemica». Ma tra le sue parole passate vanno ricordate quelle sull'Accordo di Dayton, definito una pausa tra due guerre. In realtà la gran parte dei serbi di Bosnia non ha mai accettato gli Accordi di pace di Dayton, che impongono loro di restare nei confini ni un Paese che non riconoscono. Siamo stati costretti a firmare con la forza, continuano a ripetere, e ricordano i bombardamenti della Nato che hanno preceduto la firma degli accordi, nel novembre del '95. In quell'occa sione la popolazione si scagliò contro i soldati dell'Onu. Le im magini dei Caschi blu presi in ostaggio e incatenati ai possibili bersagli militari hanno fatto il giro del mondo. Di fronte agli attacchi della gente, i soldati delle unità di pace sono spesso stati costretti a battere in ritirata. «Non permetteremo a nessuno di attaccarci. Risponderemo con ogni mezzo a qualsiasi aggressione» ha dichiarato due giorni fa il comandante in capo della Sfor. Ma l'eventuale ricorso alla forza rischia di provocare una reazione ancora più esasperata tra i serbi di Bosnia, che da giorni condividono la tensione e le paure dei loro fratelli in madrepatria. Per molti oramai non ci sono più dubbi: il vero nemico sono i soldati occidentali e in particolare gli americani, che ancora una volta vogliono umiliare i serbi. Lo stesso presidente Milosevic ha dichiarato «un atto criminale» un eventuale bombardamento della Nato, aggiungendo che ogni intervento militare alleato verrà considerato un'aggressione contro il popolo serbo. Il presidente jugoslavo ha firmato l'Accordo di Dayton a nome di tutti i serbi. Oggi potrebbe non sentirsi più vincolato al rispetto di un piano di pace voluto da quegli stessi esponenti della comunità internazionale che gli stanno dichiarando guerra. E potrebbe facilmente riaccendere la miccia del conflitto bosniaco, facendo saltare in aria la fragile pace di Dayton e la stabilità di tutta la regione balcanica. Ingrid Badurina Lultrà Seselj minaccia di scatenare le sue milizie per fare saltare gli accordi di Dayton E ades è i i Vojislav Seselj leader del nazionalista «Partito radicale serbo» e vicepremier di Belgrado è noto per le atrocità commesse dalle sue milizie durante le guerre in Croazia e in Bosnia