Arafot: pronto a stringere la mano di Sharon di Aldo Baquis
Arafot: pronto a stringere la mano di Sharon La prossima settimana a Washington il primo incontro. Siriani furiosi per la nomina Arafot: pronto a stringere la mano di Sharon i/ neoministro degli Esteri aveva detto: non lo saluterò mai TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Il falco della destra israeliana Ariel Sharon si è arreso agli ingranaggi della Storia. Giovedì, all'apertura del summit mediorientale convocato da Bill Clinton alla Wye Plantation (Maryland), si troverà per la prima volta - nella inedita veste di ministro degli Esteri dello stato ebraico - a tu per tu con Arafat. Ancora nei giorni scorsi Sharon lo aveva definito «un arci-assassino» a cui mai avrebbe stretto la mano. Adesso invece i due dovranno lavorare assiduamente spalla a spalla. «Sharon - ha spiegato il premier Benyamin Netanyahu - coordinerà il negoziato con i palestinesi sull'as¬ setto definitivo nei Territori». Al summit, Netanyahu sarà accompagnato non solo da Sharon, ma anche dal più pragmatico ministro della Difesa Yitzhak Mordechai e dal ministro dell'Industria, Anatoly Natan Sharansky. Nell'imminenza dell'incontro con il politico israeliano a lui più ostile, Arafat ha mantenuto un totale controllo dei nervi. «La sua nomina a ministro degli Esteri - ha commentato durante una visita a Oslo - è una questione interna israeliana». Arafat si è detto pronto a stringere la mano a Sharon, «se lui me la tenderà». Nel vertice si parlerà di due ritiri parziali israeliani in Cisgiordania in cambio di una più efficace lotta nelle aree autonome al terrori¬ smo islamico. «Auguro fortuna a Sharon - ha detto Arafat - e a tutto il governo israeliano». Adirate le reazioni nel mondo arabo. Ancora traumatizzato per l'invasione militare israeliana degli anni 1982-85 (voluta da Sharon, come ministro della Difesa nel governo di Menachem Begin), il presidente libanese Rafie Hariri si è interrogato ieri se «Israele voglia realmente la pace». A Damasco non ci sono dubbi, ma certezze: la sua,nomina, ha scritto «Tishrin», «arreca un colpo di grazia al processo di pace, che era già congelato». Più pacata la reazione giordana, malgrado in passato Sharon abbia spesso dichiarato che lo Stato palestinese indipendente dovrebbe essere costituito pro¬ prio nel regno hashemita. Il capo della diplomazia giordana Abdel Ilah alKhatab ha auspicato un prossimo rilancio dei negoziati di pace israelo-palestine- se ma non ha voluto commentare «le scelte politiche di singoli esponenti di governo israeliani». In Giordania ricordano che proprio il falco Sharon si è mostrato elastico nella trattativa sulla spartizione delle risorse idriche del fiume Yarmuk (un affluente del Giordano) e che è riuscito a circoscrivere la crisi apertasi un anno fa con il fallito at- tentato del Mossad ad Amman contro Khaled Mashaal, un dirigente di Hamas. Da quando è stato nommato ministro degli Esteri, Sharon non ha rilasciato interviste e si è limitato ad annunciare che «sospingerà la politica di pace israeliana, nella difesa degli interessi nazionali e della sicurezza». In precedenza si era detto pronto al dialogo con due collaboratori di Arafat - Mahmud Abbas (Abu Mazen) e Mohammed Qrei (Abu Ala) - che non hanno mai preso parte ad operazioni di guerriglia. Ha sostenuto che un ritiro dal 13% della Cisgiordania sarebbe pericoloso per la sicurezza di Israele, ma non ha bocciato il progetto di proclamare «riserva naturale» un quarto di quell'area. Sharon ha infine consigliato a Netanyahu di lasciare perdere la retorica e di prendere atto che nei Territori «lo Stato palestinese esiste già». Per Israele l'obiettivo è impedire che quella entità palestinese stringa alleanze militari con Paesi arabi radicali. Aldo Baquis Ariel Sharon ha mantenuto un rigoroso silenzio dopo la nomina a ministro degli Esteri
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