Kosovo, Milosevic in ginocchio di Giuseppe Zaccaria

Kosovo, Milosevic in ginocchio Holbrooke chiede una «quasi indipendenza» per la regione a maggioranza albanese Kosovo, Milosevic in ginocchio Belgrado annuncia nella notte: accordo pronto PRISTINA DAL NOSTRO INVIATO Un Kosovo senza esercito, senza ministro degli Esteri ma con tutte le altre prerogative di uno Stato. Il prezzo che Milosevic dovrà pagare se vuole evitare i missili della Nato si fa sempre più alto, l'ino al punto da spingerlo comunque in un vicolo cieco. I colloqui continuano frenetici, l'inviato americano Richard Holbrooke insiste nella spola fra Belgrado e Pristina, lo spazio per una soluzione resta aperto anche se ufficialmente l'americano dice che «la situazione resta estremamente seria», ed il segretario generale della Nato Solana parla di «tempi sempre più brevi per fermare il conto alla rovescia». Per oggi sono attesi alla base britannica di Fairford 6 bombardieri B-52 in volo dall'America. Nella notte, concluso il colloquio tra Milosevic e Holbrooke, l'annuncio a sorpresa: «Vi sono tutte le condizioni per risolvere politicamente i problemi (relativi al Kosovo)», è scritto in una nota dell'agenzia di stampa ufficiale jugoslava Tanjug. La notizia è arrivata quando il definitivo «sì» ai bombardamenti pareva questione di giorni, e potrebbe preludere a un accordo che già viene dipinto come una piccola Dayton. Ma prima c'è qualcos'altro che vale la pena di rilevare, ed è il fatto che lo strangolamento politico di Milosevic è finalmente in atto. II burattinaio, la sfinge, l'uomo forte dei Balcani è stato dato per morto già troppe volte, e converrà quindi essere prudenti prima di intonare orazioni funebri. Epperò le indiscrezioni che filtrano dai colloqui dimostrano che l'offensiva diplomatica di Holbrooke continua a svolgersi su cadenze sempre più feroci, con la minaccia dei missili continuamente sventolata per aprire la strada a richieste sempre più soffocanti. Ieri si parlava di una «forza di intervento» russo-occidentale, in pratica di un corpo d'occupazione. Oggi si rispolvera il vecchio statuto del Kosovo (quello del 1974, durato 15 anni) per rivederlo ed ampliarlo fino ai limiti dell'indipendenza. Quel Kosovo autonomo che Milosevic, nel famoso discorso dell'88, dichiarò estinto adesso secondo Holbrooke dovrebbe rinascere più libero di prima. Esclusi un ministero degli Esteri ed un esercito, avrebbe tutti gli altri strumenti di uno Stato vero (Parlamento, ministeri, una presidenza) compreso l'organismo che gli era stato negato, cioè un corpo di polizia. Ed una polizia - attenzione - reclutata su base etnica. Sono le stesse fonti serbe a raccontare, oggi, di un Milosevic che annaspa. Abituato ad arretrare fino a confondere ogni avversario, oggi il presidente jugoslavo si trova di fronte ad un uomo da cui non solo è ben conosciuto ma che in qualche modo adesso veste i panni del giustiziere. Queste non sono le trattative di Dayton, qui non si tratta tanto di fermare un massacro quanto di far capire al «Basileus» dell'ultimo regno bizantino che la sua dinastia è estinta. Creare in Kosovo una polizia «su base etnica» significa contare nove poliziotti albanesi per ogni agente serbo. Ed anche se serbi fossero gli ufficiali, la composizione e l'orientamento di quella polizia non lascerebbero spazio a dubbi. Soprattutto per i serbi del Kosovo ed i nazionalisti di Seselj che si ergono a loro paladini. In qualunque modo Milosevic dovesse cedere, qualunque firma dovesse porre sotto questo genere di accordi nello stesso istante egli firmerebbe la propria condanna politica. Le reazioni dei radicali (decisivi nel governo di Serbi) e degli altri gruppi nazionalisti lo porrebbero in una condizione difficilmente difendibile. L'istituto delle dimissioni in Serbia è ancor meno diffuso che dalle nostre parti, eppure alla corte di Belgrado cominciano ad infittirsi le voci di chi suggerisce al Capo questa soluzio- ne (e magari un viaggetto in Grecia) nel caso in cui dovesse capitolare al «ricatto dell'Occidente». Alla Nato manca ormai pochissimo al momento in cui la sicura sarà tolta. Il Consiglio permanente si è nuovamente riunito ieri mattina e gli ambasciatori del 16 Paesi dell'Alleanza si sono nuovamente consultati sul «activation order». La comunicazione che metterà ogni decisione nelle mani dei militari è attesa per lunedì: da quel momento il comandante delle forze Nato, il generale americano Wesley Clark, non resterà che agire in base alle sue valutazioni. Il primo «act order» dovrebbe riguardare incursioni aeree limitate sul territorio jugoslavo, ed even¬ tuali «escalations» delle azioni militari dovrebbero essere poi nuovamente autorizzate dal Consiglio. E' quasi un ultimatum di fatto. Ieri nel tentativo di trovare altre adesioni Richard Holbrooke è volato a Pristina per incontrare il leader degli albanesi moderati, lbrahim Rugova. Anche su questo versante le cose non si presentano facili. Ieri un giornale di Pristina, «Koha» ha pubblicato lo schema del piano americano sul futuro del Kosovo ed a molti leaders albanesi l'idea non è piaciuta. Fehmi Agani, uno dei negoziatori di parte albanese, dichiara per esempio che «nella sostanza questo piano è inaccetta¬ bile perché ci chiede di rinunciare alle nostre rivendicazioni». I kosovari, aggiunge, non hanno per nulla rinunciato alle richieste di indipendenza. Su un versante ancora più estremo i guerriglieri dell'«Uck», che due giorni fa avevano deciso un «cessate il fuoco» dal sapore squisitamente politico, fanno sapere che le loro truppe stanno compiendo «manovre di ridislocazione». Frase alquanto pomposa per far sapere che all'occorrenza sono pronte a riprendere le armi. Ecco, forse, un altro dei rischi che questa trattativa a missili puntati comincia a rivelare. Quel Kosovo semi-indipendente «o super-autonomo» che Holbrooke prevede torse potrà fermare i missili della Nato, ma nello stesso tempo rischia di partorire un'entità alquanto simile a quella «Republika Srpska» clic ancora blocca qualsiasi processo di rinnovamento in Bosnia. Per valutare tutto questo ci sarà tempo: oggi, mentre anche a Pristina il clima si fa pesante e ai giornalisti viene consigliato di muoversi il meno possibile, l'unica valutazione di qualche peso riguarda il futuro imminenti! di Slobodan Milosevic. Comunque andrà questa trattativa, por la volpe dei Balcani questa volta il futuro appare davvero segnato. Giuseppe Zaccaria Lo spiraglio si apre mentre arrivano in una base britannica sei B-52 dagli Usa >:mM ÉWMÉ Un CF-18 Hornet canadese vola in formazione durante una ricognizione in vista di un attacco contro la Jugoslavia Nella foto piccola Richard Holbrooke all'arrivo a Pristina