Mosca: pronti a potenziare i nostri arsenali nucleari

Mosca: pronti a potenziare i nostri arsenali nucleari Mosca: pronti a potenziare i nostri arsenali nucleari MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nell'imminenza dell'attacco Nato alla Serbia - che nella capitale russa viene considerato come ormai deciso - si alzano i toni e le minacce di ritorsione. Prima politica e ora, mentre gli eventi precipitano, anche militare. Ieri il generale Volynkin, responsabile degli armamenti nucleari strategici, ha detto niente meno che «la Russia è pronta a rafforzare il suo potenziale nucleare, in caso di necessità», aggiungendo anche che essa rimane fedele alla moratoria sugli esperimenti nucleari, ma che potrebbe «riprenderli in qualsiasi momento», se da altre parti emergesse la tentazione di muovere passi verso il riarmo nucleare. Il riferimento al Kosovo era soltanto implicito nelle parole del generale Volynkin, ma resta il fatto che da anni non si sentivano accenni alle armi nucleari nelle dichiarazioni ufficiali russe. Né si sentivano a Mosca clangori di armi e grida di combattimento come quelle che echeggiano in queste ore. Sempre ieri un alto responsabile - anonimo- del ministero degli Esteri ha fatto sapere che la Jugoslavia dispone di mezzi di difesa «attivi e passivi» nei confronti dei missili tomahawk che la Nato utilizzerebbe per colpire gli obiettivi serbi. Mezzi attivi e passivi significa non soltanto missili antimissile capaci di colpire e distruggere i missili attaccanti, ma anche sistemi di disturbo capaci di distoglierli dai loro obiettivi. La fonte è credibile, poiché si sa che i russi hanno messo a punto (e messo in vendita all'estero) missili antimissile che non hanno nulla da invidiare ai Patriot americani. Che questi sistemi siano in possesso degli jugoslavi pochi dubitano a Mosca. D'altro canto le differenze di posizioni - tutte critiche verso l'atteggiamento di Washington e di Londra - tra le varie forze politiche russe sono secondarie. Se qualcuno pensa che il leader dell'Unione Ufficiali, Vjaceslav Terekhov - che annuncia l'invio in Kosovo di volontari russi «in soccorso del popolo serbo» - sia un estremista, basta che ascolti quello che dice il presidente della Duma, Seleznjov: «non invieremo l'esercito, ma volontari se ne troveranno»). Seleznjov ha comunque detto che, «in caso di attacchi militari della Nato, la Duma si rivolgerà immediatamente al presidente Eltsin chiedendo di stracciare l'accordo Russia-Nato». Si dirà che Seleznjov è un comunista, ma fino a ieri era considerato unanimemente come uno dei più morbidi. E che dire della posizione del presidente della commissione esteri della Duma, l'ex ambasciatore a Washington Vladimir Lukin, del partito Jabloko, liberale e democratico, che proclama che «difendere la Jugoslavia significa per i russi difendere se stessi», poiché l'Occidente «intende infliggere un colpo molto serio agli interessi nazionali russi»? E che dire della posizione di un altro presidente di commissione della Duma, Roman Popkovic, del partito di Cernomyrdin, che accusa l'America di lottare «contro il regime, contro Milosevic, e non per il Kosovo e gli albanesi»? Popkovic, uscendo ieri dall'incontro con il premier Primakov, ha dichiarato seccamente che «coloro che appoggiano il separatismo del Kosovo puntano a cambiare i confini non solo della Serbia, ma amche di Paesi vicini, creando una situazione geopolitica del tutto nuova. Una cosa che non siamo disposti a permettere». Più che parlare la Russia poco può fare. Ma parla molto e non è detto che siano soltanto parole a vanvera. Giuliette Chiesa Il ministro della Difesa russo il generale Igor Sergheev

Persone citate: Cernomyrdin, Eltsin, Giuliette Chiesa, Igor Sergheev, Milosevic, Primakov, Roman Popkovic, Washington Vladimir Lukin