Kosovo, si tratta coi missili puntati

Kosovo, si tratta coi missili puntati Colloqui a oltranza tra Milosevic e Holbrooke per scongiurare il raid Nato sulla Serbia Kosovo, si tratta coi missili puntati Scbroeder annuncia: lunedì ordineremo l'attacco PRISTINA DAL NOSTRO INVIATO «Quel che la Nato farà a noi, noi lo faremo a chi l'ha chiamata»: il programma di Rada Trajkovic, un donnone sulla cinquantina che nel governo serbo è ministro per la Famiglia, di familiare ha molto poco. La ragione di tanta iattanza sta nel fatto che la signora Trajkovic, chirurgo, è elemento di punta del Partito Radicale serbò ed esattamente come il suo capo, Voijslav Seselj, pensa che per la sua gente sia giunto il momento di giocarsi tutto sul principio dell'occhio por occhio, o del cadavere per cadavere. Tranquillamente seduta con sua figlia, in questo momento la signora ci sta spiegando cosa accadrebbe ai giornali albanesi, ai leader albanesi, ai sostenitori degli albanesi ed ai giornalisti venuti a difendere gli albanesi se solo un missiletto della Nato cadesse qui intorno. Le speranze che tutto ciò non accada, però, cominciano improvvisamente a crescere. Per il momento si tratta solo di ipotesi, tutte legate agli incontri che si stanno susseguendo a Belgrado. I colloqui proseguono ad oltranza e l'impressione è che siano sul punto di sancire una svolta storica. Richard Holbrooke, l'inviato speciale americano, ha incontrato il presidente federale Milosevic per tre ore e mezzo, poi dopo un'interruzione ha ripreso il colloquio a tarda sera. Il presidente serbo Milan Milutinovic nello stesso tempo si incontrava con Christopher Hill, ambasciatore Usa in Macedonia ma soprattutto vecchio assistente di Holbrooke per gli accordi di Dayton. Si andrà avanti per tutta la notte intorno a un punto che non significherebbe solo la rinuncia di Belgrado ad una parte di sovranità, ma segnerebbe un precedente di assoluto valore nelle relazioni internazionali. Gli Stati Uniti vogliono,far digerire a Milosevic non più soltanto un gruppo di osservatori in Kosovo, ma una vera e propria missione militare. Imporre, in altre termini, una «forza internazionale di pace» che occuperebbe militarmente il territorio di uno Stato sovrano. Parallela alla linea diplomatica continua a correre quella delle minacce, ieri il comandante supremo delle Forze Nato in Europa, generale Wesley Clark ha detto: «Non capisco perchè Milosevic voglia correre il rischiò della distruzione del suo Paese, non capisco perchè continui a rifiutare di eseguire le direttive dell' Onu». Il segretario alla difesa americano americano William Cohen gli ha fatto eco dichiarando che una soluzione alla crisi del Kosovo deve essere trovata «entro una settimana». Quest'ultima, convulsa tornata di colloqui ricorda da vicino quella che all'inizio del decennio tentò inutilmente di scongiurare il bombardamento di Baghdad e la conseguente guerra del Golfo. Questa volta però le ragioni dell'ottimismo hanno qualche spazio in più. Nella lunga notte di Belgrado si sta discutendo di una missione non solo occidentale, ma composta anche di soldati russi, e così in parte privata dell'aspetto di forza occupante. L'ultimo scoglio sembra derivare da una richiesta di Milosevic: mentre i missili della Nato continuano a puntarsi sul suo territorio, il capo dei serbi chiede che la missione militare diventi occidentale-russo-jugoslavn, con una sorta di comando unu ato che possa permettergli di non perdere completamente la faccia. Se questo ennesimo, calcolato arretramento risulterà efficace è cosa che sapremo forse stamane. Di certo non sarà vincente, poiché la sostanziale umiliazione dell'orgoglio serbo è destinata a scatenare i nazionalisti. Ma sarà questione dei prossimi giorni, questa: se invece l'accordo fallisse e la Nato iniziasse i bombardamenti il problema esploderà subito, con riflessi che nessuno è in grado di prevedere. Torniamo per un momento alla signora Trajkovic, quella delle minacce di cui sopra. A vederla parrebbe una delle tante madri di famiglia che in questo Paese, a forza di essere indulgenti coi primogeniti hanno creato generazioni di ca¬ ratteriali. Quando però deve discutere di politica non applica più l'istinto materno, ma gli slogans. «Noi radicali non siamo spaventati, la Nato è piena di mezzi ma priva di ideali, noi abbiamo pochi mezzi ma ideali fortissimi. Tutto quel che sarà fatto a noi, noi faremo agli altri». Quali altri? «Intanto il giornale albanese di Pristina, "Koha Ditori". Sono loro i veri portavoce dei terroristi». E cosa pensate di fargli? «Ce la prenderemo con tutti coloro che hanno chiesto l'intervento Nato. Non voglio scendere in dettagli, ma se questo è lo scopo finale dell'Occidente colpire i serbi proprio mentre la questione albanese sembrava risolta - allora agiremo di conseguenza». La signora dei radicali va avanti come un treno, dinnanzi alle sue certezze le obiezioni valgono nulla. Racconta che cinquant'anni fa il suo villaggio kosovaro aveva il 97 per cento di abitanti serbi, ed oggi il 97 per cento di albanesi. Ricorda esodi biblici all'epoca in cui il Kosovo era in mano ai rivali. Dice sicura: «Non credo che Milosevic possa tradire i serbi del Kosovo. Non credo che nessuno possa farlo: a meno di non essere un aspirante suicida...». Eccoci qui, dunque, aspettando gli eventi in bilico fra la storica vocazione al suicidio dei serbi ed il possibile suicidio a lungo termine delle potenze occidentali, sempre; più inclini ad affondare nella pallida balcanica. Giuseppe Zaccaria Il comandante delle forze Nato in Europa: non capisco perché Belgrado voglia correre il rischio della distruzione del Paese non rispettando le direttive Onu PRIMA FASE: la flotta americana nell'Adriatico (portaerei Eisenhower, un incrociatore quattro cacciatorpediniere e tre sottomarini) taglierà con i missili cruise l'elettricità che alimenta le installazioni e i sistemi di comunicazione delle batterie antiaeree serbe accecandole. I bombardieri B-52 con altri missili contemporaneamente annienteranno le batterie contraeree con cariche da mezza tonnellata di esplosivo. SECONDA FASE: gli obiettivi questa volta sono le forze serbe in Kosovo: 430 aerei della Nato colpiranno depositi di munizioni, sistemi di comunicazione, forze corazzate, caserme. Della flotta aerea faranno parte i caccia «invisibili» F-117 Stealth e forse il nuovo bombardiere «invisibile» B-2 mai impiegato in azione e che costa due miliardi di dollari a esemplare.