La rivincita di Bertinotti nel giorno-no di Cossutta

La rivincita di Bertinotti nel giorno-no di Cossutta La rivincita di Bertinotti nel giorno-no di Cossutta lililllllll-v LA SCISSIONE A SINISTRA ROMA ■ veri comunisti si alzano ogni H mattina con un dubbio. Ma Armando Cossutta, il comunista che di quella massima aveva fatto un'ortodossia, ieri s'era svegliato tranquillo. Tranquillo come il sodale e pupillo Oliviero Diliberto, che avendo però ancora dalla sua quel certo cinismo dei giovani leader che si può anche definire realismo politico, quando il governo è andato sotto per il voto del diniano Silvestro Liotta che all'improvviso s'è ricordato di essere stato eletto con i voti di Forza Italia, è andato dal capogruppo di Rinnovamento italiano, il conterraneo Angelo Manca, e ha allargato le braccia, infilzandolo con uno sguardo gigione: «I miei hanno votato tutti, ma i tuoi, che scherzi ci fanno?». Cossutta no, Cossutta esce dall'aula immerso nel tormento di una sconfitta. Il giorno prima era in trionfo, oggi sa che il suo partito si è spaccato, dopo settimane e mesi di lacerazioni, e il governo Prodi è caduto. Il giorno prima erano inni, rose rosse e «non smetterò mai di combattere, anche se sono stanco». Oggi, gli tocca continuare a lottare nonostante l'amarezza. Che gli si legge così chiara in viso, quando l'Armando abbraccia la figlia Maura, Manisco, Diliberto, e poi s'infila di corsa nell'emeroteca, lisciandosi con le due mani i baveri della giacca. Piangere, non l'ha mai visto nessuno, solo quel gesto rivela l'amarezza, mentre dice «oggi è un giorno Fausto per Fini e Previti». Bertinotti invece brinda a champagne, e poi esce nel bagno di folla che ha appena dato del «porci» e «sfascisti» a Fini e Berlusconi, e dice «compagni stiamo calmi». Nella calca non si capisce se le manifestazioni siano d'affetto o di rabbia, ma fatto sta che Bertinotti tripudia «abbiamo vinto, il governo è caduto». E il go- verno è caduto anche grazie al pur tormentato voto di una deputatessa bertinottiana, Tiziana Valpiana. Ma l'altra volta, almeno, c'era stata la crisi di coscienza, per quel votare comunque allineati alle destre. Stavolta niente, stavolta i dubbi sono tritati nella veloce scissione che ha frullato tutte le incertezze. Stavolta «c'è l'asse Bertinotti-Berlusconi-Fini, che tanta impressione desta nelle nostre federazioni», come rileva Nerio Nesi. Così Bertinotti convoca una conferenza stampa nella sede del «suo» partito, a viale del Policlinico. E si vede subito che è tornato il Bertinotti dei tempi migliori. Sereno, gentilissimo con i giornalisti, disposto alla battuta. La caduta del governo è «un risultato che registriamo», aver votato come le destre contro il governo di centro-sinistra «fa parte della democrazia parlamentare, l'omogeneità è richiesta alle maggioranze, non alle opposizioni». Abbiamo dimostrato che la maggioranza del 21 aprile senza Rifondazione non esiste, dice Bertinotti, e rimbecca duramente Diliberto, senza nemmeno nominarlo, che in aula aveva parlato di «maggioranza coesa e più forte», quando si parla così bisognerebbe essere più cauti, dice, e usare meno furbizia. E' un po' come se desse questo giudizio di valore su Cossutta e i suoi, appena secessionati: avete fatto i furbi, vi è andata male. Tant'è che il sucomandante Fausto torna a definire «gravissimo» il voto in dissenso da Rifondazione, «ma non prenderò provvedimenti perché loro hanno già intrapreso un'altra strada». Bertinotti non lo dice, ma è anche un modo per lasciare aperta la porta a quelli che volessero fare i figliuol prodighi. Cosa assai difficile, perché ben prima di lui tutti i parlamentari del futuro partito dei Comunisti d'Italia - il cui simbolo sarà forse una bandiera rossa con falce e martello - si sono stretti ad Armando Cossutta e hanno indetto una conferenza stampa. Bertinotti sostiene che adesso la Finanziaria la si può far passare con i voti dell'Udr, «funzionali a una piattaforma moderata», oppure si può «prendere atto della sconfitta, e muovere sulla base di un nuovo confronto con Rifondazione». Chi guiderà il prossimo governo non importa, «è una variabile dipendente delle sole due possibilità che vi ho illustrato». E, colpo di scena, «adesso che il governo è caduto, se venisse ritirata la Finanziaria, potrei anche votare un Prodi-bis». E invece Cossutta un'ora prima aveva accusato Palazzo Chigi di «avventurismo», per aver «sottovalutato la drammaticità di quanto poteva avvenire, ed è avvenuto». Ha ribadito che «la via maestra sono le elezioni». Ma, poiché nessuno le considera, «per il disorientamento che ci sarebbe nel Paese, e perché potrebbero portare Fini a Palazzo Chigi e Berlusconi al Quirinale, e guardate che sto edulcorando» ha proposto un reincarico a Prodi al solo scopo di approvare questa Finanziaria. «E' questa la differenza tra noi e Bertinotti: lui dà la fiducia a Prodi se ritira la Finanziaria, noi crediamo che essa serva al Paese, poi Prodi può anche dimettersi». Cossutta ha anche annunciato la nascita dei gruppi dei Comunisti d'Italia alla Camera, e al Senato. Ma, nella riunione tenutasi subito dopo, è stata presa la decisione di fare presto, di dare il via definitivo al partito. Perché non è più tempo di incertezze. E forse, stavolta Cossutta a Marx ha preferito Manzoni, «è men male agitarsi nel dubbio, che il riposar nell'errore». Antonella Rampino Nesi: ha vinto un asse impressionante, parte dal segretario e arriva al Cavaliere e Fini LA DURATA DEI GOVERNB 1 GOVERNI PIIT LUNGHI LE CRISI PUT BREVI craxii 1058 da amato a ciampi 6 prodi 876 da tambronia fanfani iii 7 moroiii 833 da de gasperivi nFRARPFRIVII 7M a de gasperi vii 10 segnii 670 dade gasperi iv .™„™.„ a de gasperi v 11 andreottivi 615 qa rumor iv a rumor v 12 de gasperi v 599 fanfani iii 556 LE CRISI PIU' LUNGHE m0r0ii 548 da goria a de mita 153 andreotti 111 536 da dinia prodi 127 da andreotti v a cossiga i 126 da andreotti ia andreotti ii 121 da fanfani va craxii 97

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