Ferrero, ritorno a casa fra le lacrime

Ferrero, ritorno a casa fra le lacrime Caso Marta Russo, anche Scattane potrebbe avere gli arresti domiciliari. I pm contrari: può tornare a sparare Ferrero, ritorno a casa fra le lacrime Scarcerato il ricercatore, ilpadre: ma non è finita ROMA. Salvatore Ferrara esce dal carcere e va agli arresti domiciliari. Giovanni Scattone, con tutta probabilità, la settimana prossima potrà anche lui lasciare la cella. La corte d'assise ha deciso che 16 mesi di custodia cautelare sono sufficienti. Tanto più che il processo è avviato verso la conclusione e il rischio di inquinare le prove è notevolmente superato. Così ieri sera, intorno alle 20,30, in un furibondo parapiglia di telecamere, fotoreporter, giornalisti, passanti, curiosi, amici e poliziotti, Ferrara ha varcato il portone di casa sua. Pallido. Con giaccone e maglione come lo si vede in televisione. Lo aspettava un amico sulla soglia, che l'ha abbracciato vigorosamente. Un altro s'è limitato a una pacca sulla spalla e a un romanesco: «A Sa', forza!». Tramite un suo legale Ferrara fa sapere: «Sono grato ai giudici ma ora spero di dimostrare la mia innocenza, sarò sereno solo quando avrò potuto convincerli della mia estraneità a tutta questa vicenda». In casa c'era la famiglia intera, salita a Roma da Siderno, in Calabria, dove vive. C'era la madre, Liliana, che piange fin dal mattino e ha cucinato le spigole «che a Giovanni piacciono tanto e di sicuro a Rebibbia non le mangiava». C'era il padre, Vincenzo, che è il duro di casa, ma piange anche lui, e «la storia non è finita qui». A un certo punto si affaccia pure il fratello Giorgio, che di mestiere fa l'avvocato, e sa bene quanto la situazione sia fluida. Si limita a dire: «Sono contentissimo, è ovvio. Io e Salvatore potremo tornare a suonare la chitarra». Giorgio Ferrara aveva tenuto nascosta la notizia ai genitori per evitare loro il pericolo di una doccia fredda. «Io ho passato la notte in bianco. Ai miei l'ho detto solo stamattina alle nove. Mia madre era appena tornata dalla messa. La notizia ci è arrivata quasi in diretta, con il telefonino di un giornalista. A quel punto sono arrivate anche le lacrime». La signora Liliana ha anche preparato la stanza a Salvatore Ferrara. Una camera a due letti dove i fratelli dormiranno insieme. «E passeremo la riotte a parlare e raccontarci le cose, come accadeva pri- ma di tutto questo», dice Giorgio. Uno dei primi a complimentarsi è stato il padre di Scattone. La decisione di concedere gli arresti domiciliari a Ferraro, però, non era scontata. Lui, l'assistente modello, è entrato in aula visibilmente teso. «Ero in uno stato comatoso», spiegherà poi. Quando ha capito, ha fatto un salto sulla sedia. S'è portato velocissimo alle labbra il crocifisso. Intanto stringeva la mano all'avvocato Siniscalchi. La procura si è opposta caparbiamente. Ed è possibile che impugni la decisione in Cassazione: deciderà nei prossimi giorni il procuratore capo, Salvatore Vecchione. I due pm del caso, Italo Ormarmi e Carlo Lasperanza, hanno sostenuto fino all'ultimo che «il solo trascorrere del tempo non può essere considerato elemento di per sé idoneo a giustificare» gli arresti domiciliari. I pm hanno ventilato anche il pericolo di un inquinamento delle prove. Agli occhi di Ormarmeli e Lasperanza, quanto più si avvicina la fine del processo, tanto più c'è pericolo. «Si ricorda - hanno scritto - co¬ me sia emerso che più di un teste si sia indotto o sia stato indotto a mentire per fornire alibi o versioni di comodo a favore degli imputati e del Ferraro in particolare. E' questo il caso dei testi Stefano La Porta, Luisa Avitabile, e in particolare per quanto riguarda l'ennesimo tentativo di costruire un alibi falso al Ferraro, Alessandra Vozzo». Ma le valutazioni della corte sono state diverse. Sì, certo, dice la corte, c'è un manoscritto «anodino/- di imparata che accenna a minacce ricevute. E il pericolo di reiterazione del reato si desuine anche dalle modalità del reato. Ma il capitolo più delicato, quello di Alletto, ormai è archiviato. «Ne deriva una attenuazione delle esigenze cautelari». E ora tocca al caso-Scattone. I suoi avvocati hanno appena presentato la domanda di arresti domiciliari Anche in questo caso, la procura è contrarissima. Sostengono i pm Scattone può tornare a sparare. E lo dicono in forma apocalittica. «Va so lo aggiunto che... l'imputato Scatto ne non esitò a far fuoco dalla finestra di una università». Si vedrà la settimana prossima. Un nuovo giallo, intanto, si affaccia in questo processo dai mille misteri. Un vicino di casa di Ferrara, Giampiero Pellegrini, teste della difesa, chiamato a «testimone» di una perquisizione di polizia nella notte tra il 14 e il 15 giugno, sostiene che i poliziotti fecero la perquisizione senza i prescritti guanti di lattice. Rovistarono anche dentro le sue borse. Se davvero fosv; anfiata così, perderebbe d'importanza il ritrovamento di un granello di polvere da sparo ir; una borsa. Ma il austero e sulla perquisjzione stessa il teste si ricordava di un certo Giannini della Lagos (che non ha partecipato) e non ha riconosciuto l'ispettore Motta della Mobile (che invoco c'era). Quindi il dubbio: u Pellegrini inventa, oppine ci In una seconda porquisiziono inai raccontata prima. Gabriella Alletto, intanto, preferisce non partecipare allo speciale di «Porta a Porta» sul caso, lì la trasmissione è saltata. Francesco Grignetti Dice: «Sono grato ai giudici». La mamma prepara le spigole, il piatto preferito: «A Rebibbia non le ha certo mangiate» Salvator e Ferraro (a sinistra) sorride all'arrivo a casa ieri sera dopo la scarcerazione A destra Giovanni Scattone

Luoghi citati: Calabria, Ferrara, Lagos, Rebibbia, Roma, Siderno