Risarciti per il carcere ingiusto

Risarciti per il carcere ingiusto Inchiesta sassi Risarciti per il carcere ingiusto TORTONA. Sette mesi passati ingiustamente in carcere - accusati di far parte della «banda dei sassi dal cavalcavia» che uccise Maria Letizia Berdini - , valgono poco meno di 50 milioni. Lo ha deciso la Corte d'appello di Torino che ieri ha stabilito le cifre con cui devono essere risarciti Gianni Mastarone e Francesco Lauria, i due giovani operai tortonesi finiti incolpevolmente nell'inchiesta del procuratore Cuva e poi prosciolti: al primo vanno 47 milioni, al secondo 45. Tramite i loro legali (gli avvocati Bagnerà, Gatti, Rapetti e Simonelli) avevano chiesto 100 milioni, precisando altresì che: «Quand'anche fosse liquidata interamente, la somma non è proporzionata ai danni morali e materiali subiti». Ovvio che i due non siano per niente soddisfatti della decisione della Corte d'appello: l'avvocato Gatti, legale di Lauria, ha già annunciato che a questo punto intenterà causa civile sia all'allora procuratore Aldo Cuva sia allo Stato. Stessa cosa probabilmente faranno Simonelli e Repetti, legali di Mastarone. Il risarcimento copre i mancati guadagni per il lavoro perso in quei sette mesi, ma «ci hanno sbattuto come mostri in prima pagina: e il danno morale chi ce lo ripaga?». «Cuva non doveva fare quello che ha fatto» dice Lauria. Ha saputo della sentenza verso le 14, poco prima di iniziare il turno al caseificio di Casei Gerola, dove lavora. La madre rincara: «Dopo questa esperienza continuiamo a porci una domanda: quanti sono gli innocenti in carcere?». Mastarone, che secondo il «teorema Cuva» avrebbe lanciato il sasso assassino dalla Cavallosa, racconta: «Quando nell'agosto '97 venni scarcerato mi sono trovato senza casa perché non avevo potuto pagare l'affitto. Ricominciare è stato durissimo». [r. al,]

Luoghi citati: Casei Gerola, Lauria, Torino