«Delfino truffò i Soffiantini»

«Delfino truffò i Soffiantini» Il generale condannato a 3 anni e 4 mesi, dovrà risarcire un miliardo «Delfino truffò i Soffiantini» Brescia, ma il giudice esclude la concussione BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Non è innocente, il generale Francesco Delfino. Ma chi lo accusa, l'imprenditore Giordano Alghisi, non sempre ha detto la verità. Sceglie la via di mezzo, il giudice Anna Di Martino: condanna il generale a tre anni e quattro mesi di carcere per truffa aggravata, ma respinge l'accusa sostenuta dalla procura che per lui voleva una condanna a otto anni, con la più grave imputazione di concussione. «Per Uoffa non era nemmeno obbligatorio arrestarmi. Mi devono ridare quattro mesi di carcere. Questa è una prima tappa importante, prima dell'assoluzione», canta vittoria il generale. «Siamo parzialmente soddisfatti, il giudice ha avuto coraggio», guarda avanti il suo legale, Raffaele Della Valle. «D'accordo, cambia il reato. Ma quel miliardo non l'ha certo preso per vendere la sua casa. E non è che per un generale, sia meglio essere bollato come truffatore...», rincara la dose Antonio Chiappani, uno dei magistrati che ha sostenuto l'accusa in udienza. Mezze verità, allora. Quasi un leit-motiv nella vita del generale, osannato quando era «Giaguaro 1», infangato quando lo chiamavano Squalo» per quella spregiudicatezza nel condurre le indagini. «Ma qualunque reato abbia commesso, quello che ha fatto è terribile», mastica amaro Giuseppe Soffiantini, l'imprenditore manerbiese che adesso riavrà indietro quel miliardo, ma non la serenità. «Perchè quello che ha fatto Delfino offende me e la mia famiglia, ma anche l'arma dei carabinieri», spara a zero. Generale Delfino, non le hanno creduto quando ha sostenuto che quel miliardo Giordano Alghisi glielo aveva dato per comperare la casa... «Leggeremo la sentenza, ma quello che mi preme in questo momento è sapere che io quella concussione non l'ho commessa. Sono c resto un uomo delle istituzioni. Sono come un elefante che hanno cercato di demolire in ogni modo, ma ho saputo resistere». Chi, voleva demolirla? C'è qualcuno che muove i fili, per danneggiarla? «Erano cinque anni che volevano togliermi dalla scena. Ma vedremo, se c'è un burattinaio solo o ce ne sono tanti. Non ho intenzione di scrivere un libro, ma se dovessi farlo lo chiamerei: "Cella numero 9, mosaico ad incastro"». Lei ha detto di aver fiducia nella giustizia. E adesso? «Mi sono sempre augurato di trovare un gip come Anna Di Martino, avrei sperato di trovare anche dei magistrati d'accusa come lei. Un'indagine più estesa ed approfondita avrebbe portato al riconoscimento della mia innocenza. La sentenza ha escluso, come dice Alghisi, che io lo abbia minacciato». Però, Alghisi... «Alghisi è un uomo che ha dato cinque versioni differenti. Uno dei figli di Soffiantini, in una intercettazione, sospetta di lui per quel miliardo. Dice, testuale: "Potrebbe essersi inventato una balla..."». Commentando la sua condan- na, Alghisi ha detto di sentirsi «un amico tradito». Replica? «Mi è sempre piaciuto il canto dell'Inferno sulla decima bolgia, quella in cui Dante punta il dito contro i simoniaci e i barattieri. Ma sa qual è la verità?». Quale? «Io ho bisogno di capire perché mi sia stata fornita quella polpetta avvelenata, chi sia il macellaio, chi ha fatto l'impasto». Chi sono, i suoi nemici? «Faremmo prima a fare l'elenco degli amici. Ma posso dire con certezza che il processo Delfino inizia il giorno dopo questo processo». A cosa allude? Minaccia? «Io non ho scheletri nell'armadio. Ma arrestando me hanno infangato l'arma dei carabhùeri. Il suo massimo esponente è stato incarcerato come un ladro, custodito nelle carceri senza poter vedere i suoi famigliari per 24 giorni. Anche a Totò Riina, una settimana dopo l'arresto hanno lasciato vedere la moglie». Sono pai-agoni pesanti... «Per quattro mesi mi è stato impe dito di parlare, adesso voglio essere in grado di dire a mia moglie e ai miei figli, come sono andate veramente le cose». Pur senza abusare della sua di visa, lei comunque ha preso quel miliardo dei Soffiantini. Lo ha stabilito il giudice. «Se Alghisi era così amico di Soffiantini, tanto che i magistrati lo hanno prosciolto escludendo che i soldi se li sia intascati lui, io sono un generale dei carabinieri, sono un uomo delle istituzioni». Però quei soldi erano a casa sua, di almeno 800 milioni c'è il passaggio sui suoi conti. In casa aveva anche la borsa con cui le vennero consegnati. Non basta? «Ho sempre ammesso di aver preso quei soldi, ma erano il prezzo della compravendita della mia casa. E gli altri duecento milioni per arrivare al miliardo dove sono? Li ho nascosti io? E allora perché non ho nascosto gli altri 800 milioni? Il fatto è che non ci sono prove. E che da cinque anni non (àccio altro che ricevere avvisi di garanzia. Io che ho arrestato Licio Celli e Francesco Pazienza. Io che per primo ho detto che avevano suicidato Roberto Calvi. Tutta questa storia del miliardo è una polpetta avvelenata, che hanno preparato al punto da farmi finire in carcere». Fabio Potetti L'ufficiale: «Una tappa verso l'assoluzione Sono come un elefante che non si fa abbattere» L'ex ostaggio: ciò che ha fatto offende la mia famiglia e l'Arma dei carabinieri 19 APRILE: Francesco Delfino e Giordano Alghisi sono iscritti nel registro degli indagati per un troncone dell'inchiesta sul rapimento di Giuseppe Soffiantini. ì 14 APRILE: Delfino e Alghisi sono arrestati per concussione. Secondo l'accusa, Giordano Soffiantini avrebbe dato, tramite l'amico di famiglia Alghisi, un miliardo al generale per favorire la liberazione del padre Giuseppe. I 22 APRILE: il generale si procura una ferita alla testa battendo contro un muro della sua cella nel carcere militare di Peschiera. Viene trasportato in ospedale. ì 7 MAGGIO: Delfino torna in carcere. Le sue condizioni sono ritenute compatibili con la detenzione in carcere. ì 20 MAGGIO: il generale ottiene gli arresti domiciliari. ) 28 MAGGIO: il gip Spanò ordina il processo per Delfino e l'archiviazione per Alghisi. ì 23 LUGLIO: sono sequestrati i beni dell'alto ufficiale. ) 22 SETTEMBRE: il nome di Delfino compare anche tra gli indagati dell'ultima inchiesta sulla strage di piazza della Loggia (Brescia, 28 maggio 1974). ì> 7 OTTOBRE: comincia a Brescia il processo. Revocati gli arresti domiciliari, Delfino torna in libertà. miliardo nto mico one ntro nute gati Sopra, l'imprenditore di Manerbio Giuseppe Soffiantini. Nel grafico, il generale Delfino e le tappe della vicenda in cui è coinvolto

Luoghi citati: Brescia, Manerbio