Disertori per necessità

Disertori per necessità Disertori per necessità Hanno bisogno dei voti moderati I DEMOCRATICI WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Votate secondo coscienza», aveva detto il Presidente Clinton alla vigilia del voto, rassegnato a vedere una cospicua pattuglia di deputati democratici abbandonare i ranghi del partito per votare con i repubblicani. Ma buona parte dei trentuno «disertori» sono stati motivati da complesse considerazioni elettorali più che dalla loro voce interiore. Il 3 novembre sarà rinnovata l'intera Camera dei rappresentanti (e un terzo del Senato) e l'imminenza delle elezioni ha finito per influenzare in maniera pesante un voto che a detta di tutti avrebbe dovuto essere un'occasione solenne, non partigiana, scevra di piccoli calcoli politici. Il dibattito di ieri in aula è stato paradossale. La maggioranza degli americani si oppone all'impeachment del Presidente (65 per cento secondo i dati Gallup pubblicati ieri da Usa Today). Si oppone perfino all'inchiesta approvata ieri dalla Camera (53 per cento) in vista di un possibile impeachment. Il messaggio è inequivocabile: il Paese ne ha piene le scatole dello scandalo Lewinsky, non ne vuole più sapere, chiede al Congresso di chiudere la vicenda. A rigor di logica i democratici avrebbero avuto tutto da guadagnare a rimane¬ re compatti contro la risoluzione presentata dai repubblicani. Come mai trentuno di loro hanno sfidato la leadership democratica, la Casa Bianca, perfino gli onnipotenti sondaggi? La risposta va cercata nella dinamica al lavoro nei singoli distretti elettorali. I trentuno democratici che si sono schierati con i repubblicani sono quasi tutti impegnati in una difficilissima campagna per la loro rielezione. Lottando testa a testa contro i loro rivali repubblicani, hanno un disperato bisogno di conquistare quella manciata di voti moderati che daranno loro la vittoria. E soprattutto nei collegi conservatori del Sud, dove il sostegno a Clinton è meno robusto e gli elettori repubblicani sono molto più motivati dei democratici, il voto di ieri potrebbe acquistare un'importanza decisiva. Forte di alcuni sondaggi interni, la Casa Bianca si era mossa nei giorni immediatamente prima del voto per convincere i democratici a rimanere compatti. Anzi, Stan Greenberg, uno dei «sondaggisti» storici del partito democratico, aveva persino ammonito: «I democratici che voteranno la proposta repubblicana pagheranno un prezzo molto alto presso la loro base elettorale». Ma evidentemente quello che è vero a livello nazionale non lo è necessariamente a livello locale. Questo non ha impedito al Presidente Clinton di attaccarsi al telefono per premere personalmente su alcuni deputati. E persino Hillary Clinton ha ricevuto una ventina di deputati alla Casa Bianca esortandoli a votare con il partito. Ma le assicurazioni non sono bastate a contenere del tutto l'emorragia. Anzi, le pressioni dei Clinton hanno finito per infastidire i deputati democratici che più si trovavano in difficoltà nei loro distretti. E hanno chiesto al Presidente di «togliersi di torno», che la sua mano pesante avrebbe finito per complicare le cose. La Casa Bianca ha capito il messaggio. Di qui l'invito del Presidente a votare «secondo coscienza». E l'assicurazione della First Lady, la quale è tornata a svolgere un ruolo centrale dietro le quinte, che anche i «disertori» continueranno ad avere il sostegno del partito e della Casa Bianca. Anche perché l'esito del voto di ieri era comunque scontato mentre le elezioni del 3 novembre si prospettano come il vero test per questa presidenza. E se per farsi rieleggere un candidato democratico ha dovuto votare con i repubblicani, dicono alla Casa Bianca, onore al disertore. Andrea di Robilant Si battono contro i repubblicani soprattutto in collegi del Sud Anche Hillary fino all'ultimo ha cercato di tenerli nel partito Maschere di Clinton e Monica in vendita per Halloween e, sopra, il leader repubblicano Newt Gingrich

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