Clinton sotto il torchio del Congresso
Clinton sotto il torchio del Congresso Anche 31 democratici contro il Presidente che ammette: in questa vicenda mi sono arreso Clinton sotto il torchio del Congresso La Camera approva la procedura di «impeachment» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Alla fine di un dibattito sbrigativo c profondamente partigiano, la Camera dei rappresentanti ha dato il via libera ad un'inchiesta senza limiti di tempo e di contenuti per decidere se il Presidente degli Stati Uniti dovrà essere messo sotto accusa e giudicato dal Congresso. La risoluzione presentata dai repubblicani è stata approvata con 258 voti a favore e 176 contrari. Una pattuglia di democratici moderati -31 in tutto - si è schierata con la maggioranza nonostante le pressioni della Casa Bianca, che per la verità aveva temuto un'emorragia più consistente. Una risoluzione alternativa presentata dai democratici - chiedeva di limitare l'inchiesta alla vicenda Lewinsky e di chiudere le audizioni entro la fine dell'anno - è stata sconfitta. E adesso il Congresso si avventura lungo la strada dell'impeachment nel modo peggiore profondamente diviso. «Ma io mi sento a posto», ha commentato Clinton poco dopo il voto, indicando che ha intenzione di collaborare con la Camera per accelerare l'inchiesta. «In questa vicenda mi sono ormai arreso. Mi rimetto al giudizio degli americani, che in oltre duecento anni di storia hanno quasi sempre visto giusto». Il voto di ieri ha solo due precedenti nella storia degli Stati Uniti nel 1868 con il Presidente Andrew Johnson e nel 1974 con Richard Nixon. Ma è soprattutto l'inchiesta sullo scandalo Watergate che è servita da modello. Con la differenza che in quell'occasione il Congresso era unito. Democratici e repubblicani votarono a maggioranza schiacciante (410 a 4) per l'inchiesta nei confronti di Nixon. Qual è il passo successivo? 11 presidente della commissione Giustizia Henry Hyde, che condurrà l'inchiesta, ha fatto sapere che le audizioni pubbliche inizieranno dopo le elezioni congressuali del 3 novembre. «Ma ci metteremo al lavoro già domani per preparare il terreno, stilare le Uste dei testimoni chiamati a deporre». Hyde spera che le audizioni potranno concludersi «entro la fine dell'anno», ma non c'è alcuna scadenza nella risoluzione approvata ieri. E il timore dei democratici è che l'inchiesta si trascini per mesi e mesi, forse addirittura per un anno. Non solo: accusano i repubblicani di voler riaprire tutti i dossier contro Clinton, da Whitewater al Travelgate passando dallo scandalo dei l'ondi elettorali. L'esito del voto di ieri era scontato perché i repubblicani hanno la maggioranza alla Camera. La suspence riguardava il voto dei democratici. E la Casa Bianca ha tratto evidente sollievo dal fatto che l'emorragia di voti è stata contenuta. Alla fine l'85 per cento del partito si è schierato contro la risoluzione repubblicana, rafforzando la tesi di Clinton secondo cui tutta questa vicenda è in realtà un assalto partigiano contro di lui. E questo sarà uno degli argomenti forti della Casa Bianca nello scorcio di campagna elettorale che la separa dal voto del 3 novembre, quando l'intera Camera (e un terzo del Senato) sarà rinnovata. Gli ultimi sondaggi Gallup indicano che gli americani davvero non ne possono più della vicenda Lewinsky. Il 53 per cento degli elettori si oppone perfino all'apertura di un'inchiesta del Congresso sul Presidente. Una maggioranza degli intervistati (48 per cento a 44) disapprova il modo in cui la Camera sta procedendo. E il 70 per cento avrebbe voluto che venisse quantomeno fissata una scadenza alle indagini. L'irritazione dei cittadini aleggiava in aula ieri. Non a caso il dibattito è stato così breve e insignificante, con frasi fatte ripetute in rapidissima successione da ambo i lati dell'emiciclo. Di certo non c'erano la tensione e il dramma presenti ai tempi di Watergate. I democratici hanno insistito che la relazione del Presidente con la Lewinsky, per quanto deplorevole, non costituisce materia da impeachment. I repubblicani hanno replicato che «non si tratta di sesso ma del danno che ha fatto alla presidenza cercando di nascondere la verità». E anche ieri il passato sessuale del Presidente è tornato alla ribalta. Il giudice federale Susan Webber Wright, che archiviò il caso Paula Jones la scorsa primavera, ha deciso di rendere pubblici ver¬ bali e documenti dell'inchiesta, inclusa la deposizione del Presidente in cui negò di avere avuto una relazione con Monica Lewinsky. Tra le carte c'è anche la dichiarazione giurata della Jones in cui descrisse le «distinte caratteristiche» degli organi genitali del Presidente. Tutto questo mentre Clinton è alle prese con un difficile negoziato per patteggiare con la Jones ed evitare un giudizio di appello. [a. d. r.l
Luoghi citati: Stati Uniti, Washington
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