Rifondanone, divorzio in Parlamento di Antonella Rampino

Rifondanone, divorzio in Parlamento Domani il nuovo partito cossuttiano, Bertinotti e i suoi 12 «apostoli» cambiano scranno Rifondanone, divorzio in Parlamento Scoppia la guerra dei lucchetti, giornali in ostaggio ROMA. Rifondazione si divide, e questo non preoccupa soltanto Bertinotti e Cossutta, ma anche Gennadi Ziuganov, segretario del Partito comunista russo: aveva chiesto all'Armando di mettere in contatto il numero due del dipartimento degli esteri Fausto Sorini con il suo omologo Melnikov perché questi «imparasse» come si mette su un governo di centro-sinistra, ma adesso non sa più cosa fare: Sorini è bertinottiano, con chi deve parlare Melnikov? Dunque, non ci sono soltanto Bertinotti e Cossutta, il compagno Fausto che, ieri in Parlamento, s'abbracciava con Romano Prodi, il grande nemico di questi giorni, ma neppure uno sguardo con l'Armando, il grande sodale di questi ultimi anni. Dentro Rifondazione c'è quella divisione che scende nel partito per effetto top down, come direbbero gli americani, dai capi giù giù fino agli ultimi militanti. Ieri era il giorno dei lucchetti, dei cambi di serratura, degli ingressi sbarrati nelle sedi, nelle federazioni. Una cosa di cui si vociferava da giorni, e prevedibile da settimane. I bertinottiani, per esempio, durante l'ultimo comitato politico accusavano i cossuttiani di aver chiamato il fabbro in una certa federazione della Toscana. E i cossuttiani, ieri, accusavano i bertinottiani di aver telefonato ai giornalisti del manifesto per scrivere la cronistoria di una «guerra del lucchetto» nella sezione di via Bordoni a Roma. Ieri però il livello dello scontro, come si dice tra compagni, ha avuto un'improvvisa impennata, oggetto di una lunga riunione dei cossuttiani, ai quali era arrivata la notizia che si stavano cambiando anche le serrature, tutte, della sede nazionale del partito, in viale del Policlinico. Dove l'ultimo ufficio cossuttiano rimasto, anche se ormai quasi sgombro, è quello di Cossutta medesimo. «Vogliono espellerci dal partito» ha protestato con i giornalisti Marco Rizzo: ma che si sia ormai al divorzio, lo sanno tutti. Perché la scissione ormai nei fatti, con Bertinotti e i suoi 12 deputati che andranno in Parlamento a sedersi da un'altra parte, non è ancora formalmente compiuta. Cos uita e i suoi uomini hanno bisogno di tempo, c'è molto lavoro da fare. Alla calma invita anche Ersilia Salvato, la vicepresidente del Senato che s'è appena ricongiunta ai cossuttiani, perché, osserva, «un partito ha bisogno di un progetto, e importante è anche il "come' 'ci si arriva, i processi decisionali che si seguono». Dunque, sabato mattina al cinema Metropolitan di Roma ci sarà una vera e propria manifestazione, previste duemila persone. Ma lì, del nuovo partito si getteranno solo le basi. Sul resto, si possono fare soltanto illazioni. Accreditata da Oliviero Diliberto - potenziale prossi¬ mo segretario, se non si sceglierà la via di una direzione collegiale è la tesi secondo la quale il partito si chiamerebbe «dei Comunisti Italiani», dunque quasi un Pei con una «d», ma piccolissima, nel mezzo. Il simbolo non potrà essere quello del vecchio partito comunista mandato in soffitta da Achille Occhetto: Sergio Garavini, che con Cossutta otto anni fa provò a riottenerlo, si trovò la strada sbarrata da un magistrato, perché il marchio è eredità «morale» di un partito. Ed è dunque probabile che l'eventuale battaglia legale per rientrare in possesso del simbolo di viale del Policlinico verrebbe persa. «Cercheremo in ogni modo la via di una separazio¬ ne consensuale», diceva l'altro giorno Diliberto. Il quale infatti stamane, in Parlamento per il dibattito sulla fiducia a Prodi, dividerà il tempo che gli spetta, 12 minuti in tutto, con Fausto Bertinotti, che sennò non potrebbe esprimere la propria posizione. Intanto il «subcomandante Fausto», come lo definiscono affettuosamente i suoi, ha chiesto a Violante se può prendere in considerazione l'ipotesi di permettere a Rifondazione di fare gruppo a sé, nonostante occorrano a termine di regolamento almeno 20 deputati, e ce ne sono soltanto 12. E' assai improbabile che Violante prenda una decisione favorevole, e dunque diversa da quella che prese a suo tempo per i Verdi, anche se Rifondazione ha un requisito fondamentale, a termine di regolamento, che i deputati di Paissan non avevano: i parlamentari sono stati eletti anche con la quota proporzionale. E questo perché si creerebbe un precedente, anche in vista di possibili scissioni nel gruppo parlamentare leghista. In prima fila, anche la questione del quotidiano del partito, da sempre accusato da una fazione di essere troppo al servizio dell'altra. Carlo Benedetti, che dirige il giornale, ed è un vecchio amico di Cossutta, ha sempre rivendicato la propria autonomia, ed evitato che la redazione si spaccasse. Ma adesso tutto è più difficile: si dice che ieri sia stato fatto girare un documento per «sfiduciarlo», ma che esso avrebbe trovato solo 9 aderenti. E la giornata si chiude con un colpo di scena. E' Nerio Nesi, che ieri è stato a lungo al telefono con Ciampi per «ricordargli» le 35 ore, ad annunciare: «Adesso è caduta la pregiudiziale, i comunisti possono entrare nel governo, in enti statali e authority». E Diliberto, nella trasmissione «Pinocchio», addirittura dice che in futuro con i compagni bertinottiani «in Parlamento, su alcune cose, ci si potrà trovare uniti». Antonella Rampino

Luoghi citati: Roma, Toscana