Torna la politica dei «due forni» di Augusto Minzolini

Torna la politica dei «due forni» Torna la politica dei «due forni» Cossutta o Cossiga? Riecco la maggiorarli i variabile DALLA PRIMA PAGINA EPPURE nel Paese del paradosso è già pronta la sceneggiatura di questa ennesima commedia dell'assurdo: oggi il governo avrà la sua fiducia con 314 voti (o forse 315), mettendo insieme l'Ulivo, comunisti di Cossutta e qualche fuoriuscito; la prossima settimana per garantirsi l'approvazione dell intervento Nato in Parlamento facendo a meno dei voti di Cossutta, Prodi dovrà accettare i voti di Cossiga e le sue ironie. «Pensava di essere forte - confida già a qualcuno l'ex-Capo dello Stato - ma è durato poco». Si dirà che il Professore ha ridato lustro alla vecchia teoria andreottiana dei due forni, quella che insegna a metter da parte gli scrupoli e a far ricorso a una maggioranza diversa quando ce n'è bisogno. Ma è una teoria datata, della prima repubblica, figlia non tanto del buon governo quanto della scuola democristiana di sopravvivenza. Comunque, ci risiamo. Da una pseudo-crisi risolta in maniera ambigua non può non nascere una maggioranza ambigua. E siamo ancora ai giorni dell'ambiguità. Come avrebbe potuto altrimenti Romano Prodi superare lo scoglio di un dibattito parlamentare che dovevava ratificare la nascita di una nuova maggioranza con dentro Cossutta, proprio mentre a Londra il nostro governo era costretto a prevedere quell'azione militare in Serbia che il leader dei comunisti filo-governativi tratterà - appunto tra qualche giorno - come un'altra impresa dell'imperialismo americano? Per risolvere il problema il Professore è dovuto ricorrere ad una formula ermetica: «L'azione (militare, ndr) deve trovare legittimazione nel quadro delle decisioni assunte dal Con siglio di sicurezza». Queste parole, ai più incomprensibili, seno state interpretate da Giorgio La Malfa come un via libera al l'operazione militare, dato che la Nato considera l'ultima riso luzione del Consiglio di sicurez za, quella già «assunta», come un OK. «So per certo che Prodi la pensa così». Cossutta, invece, ha interpretato quella frase in maniera del tutto opposta: lui, seguendo la scuola filologica russa e cinese, pensa che per aprire la strada alle armi ci sia bisogno di una nuova riunione del massimo organismo delle Nazione Unite. Tant'è che il nostro non ha avuto nessun problema a dichiarare: «Siamo d'accordo con il governo: ci opporremo ad ogni iniziativa che non riceva un sì preventivo dalla Nato». Così, senza arrossire, i due hanno dato un'interpretazione opposta del discorso del Presidente del Consiglio. E quest'ultimo, ovviamente, non ha sciolto l'ambiguità ma ci si è tuffato dentro. Resta inteso che nell'aula di Montecitorio tutti, tranne gli struzzi, hanno capito che il governo italiano non ha intenzione - nè la possibilità - di opporsi alla Nato, ma tutti hanno deciso di recitare lo stesso la loro parte in commedia. Cossutta se ne è infischiato per stare al governo senza venir meno al giuramento fatto tanti anni fa contro l'imperialismo americano: peccare contro quel dogma proprio ora che sta contendendo a Bertinotti tanti compagni che hanno la stessa fede si trasformerebbe in un vero suicidio politico. «Non me lo potete chiedere proprio ora», ha detto a Prodi. Insomma, questa settimana starà in maggioranza, la prossima se ne andrà all'opposizione in politica estera, per tornare ad appoggiare il governo tra due settimane, quando si parlerà di 35 ore. Anche quelli dell'Ulivo hanno fatto finta di niente: c'è da capirli, Marini, D'Alema e gli altri, hanno già non pochi problemi a mettere insieme i 315 deputati che dovrebbero dare al governo la possibilità di andare avanti. Naturalmente, il segretario diessino riderà sotto i baffi: lui, come Marini, sta dicendo da qualche giorno che una maggioranza fatta con il solo Cossutta non basta, che ci vuole Cossiga. Quelli del Polo, invece, hanno cominciato a far cagnara a loro modo: per ora hanno interesse ad agitare l'immagine di un governo che è contro la Nato; poi, quando il governo proporrà l'intervento militare - o «umanitario», per stare appresso al lessico di Prodi - denunceranno l'assenza di una maggioranza e andranno avanti con la litania di sempre: «Vogliamo le elezioni». Cossiga, invece, ha cominciato a divertirsi. Malgrado gli strilli di Prodi, Veltroni e Manconi, la prossima settimana dimostrerà che senza di lui questo governo è privo di maggioranza. Comincerà, cioè, quel cammino che dovrebbe portarlo al governo tra tre-quattro mesi. Infine Prodi. Lui è proprio l'ultimo che ha interesse a far scoppiare il caso. Al premier importa andare avanti, sempre e comunque. E poco conta se la maggioranza che approva la finanziaria non sarà la stessa che appoggerà le decisioni del governo in politica estera. Augusto Minzolini Il segretario dei Democratici di sinistra Massimo D'Alema Giorgio La Malfa leader repubblicano

Luoghi citati: Londra, Serbia