LA FUGA DAI FONDI di Glauco Maggi

LA FUGA DAI FONDI LA FUGA DAI FONDI que ancora largamente positivo dell'acquisto di quote indica una tenuta del sistema del risparmio gestito piuttosto che il suo collasso. Solo qualche anno fa, in occasione di cadute del 30% dell'indice di Piazza Affari in poche settimane, i .sottoscrittori di fondi comuni avrebbero reagito complessivamente con una fuga scomposta, imponendo il segno meno alle cifre sulla raccolta globale. Oggi si può invece parlare di crescita contenuta e selettiva, e non (ancora) di panico. Vediamo perche, analizzando i sette fattori che alimentano questa tendenza. Innanzitutto, c'è la composizione dell'intero patrimonio del sistema (650 mila miliardi circa): tra azioni italiane ed estere si tocca solo quota 140 mila miliardi, circa il 22%, il resto è in obbligazioni, titoli di Stato e liquidità. I titoli di Piazza Affari pesano per soli 64 mila miliardi, un decimo del volu- me generale. Se si considera il dato delia uscita «secca» dalla famiglia più colpita dai crolli, ossia quella dei fondi azionari (italiani e internazionali) si arriva a 2295 miliardi, una quantità pari a una medio-bassa giornata di contrattazioni sulla sola Borsa di Milano. Ciò significa che non c'era stata nei mesi precedenti una clamorosa corsa alle azioni da parte dei fondisti e oggi non c'è il fuggifuggi. Il vistoso ampliarsi della volatilità degli ultimi tempi, con l'alternarsi di performance dal +5 al -7%, persino nelle più liquide Borse di New York, Londra o Francoforte, crea sì disorientamento ma induce a una pratica riflessione: come fare a governare da sé mercati tanto instabili? Il fondista, insomma, preferisce dare la delega ai professionisti. Del resto è molto difficile, se non impossibile, trovare alternatiri ve serie e redditizie a portata di mano. Cerano una volta i titoli di Stato: se l'avventura in Borsa o nei fondi stava andando male, ecco la zattera di Bot e Cct pronta a traghettare velocemente le famiglie nel porto sicuro del rendimento a due cifre. Oggi che i Btp, a 5 anni, danno un risicato 3,5%, si è poco disposti ad abbandonare un fondo azionario. Che in Borsa, in un giorno favorevole, può guadagnare quanto Ciampi riconosce, a fatica, in 12 mesi. E se proprio lo si fa, comunque, il rifugio più vicino sono i fondi obbligazionari (30.454 miliardi di nuove adesioni in settembre). Chi applica il prudente principio della diversificazione degli investimenti (e il numero di adepti è di molto cresciuto con lo svilupparsi dell'offerta da parte di banche e sim) non è, e neppure si sente, particolarmente esposto ai rovesci. Almeno, non nelle percentuali eclatanti dei -5 o anche dei 10% che fanno sbiancare il popolo dei borsini, inchiodato davanti ai video delle filiali per seguire in diretta il calvario delle loro azioni. Ammaestrati dalla severa lezione del biennio nero 1986-87, istituti di credito e reti di promotori stanno affinando negli anni la loro tecnica di vendita. Orientati finalmente a prescrivere a ognuno la ricetta ideale, somministrando quindi fondi «tollerabili» in termini di rischiosità, i consulenti di ultima generazione sanno mettere al primo posto il mantenimento del vecchio cliente e non l'acquisizione aggressiva del nuovo sottoscrittore. Di qui una migliore capacità di comunicare le potenzialità e gli inconvenienti del prodotto. E di scongiurare gli abbandoni emotivi. In pratica, tutti i maggiori operatori bancari vendono i fondi collegando il rendimento atteso al benchmark, cioè al parametro finanziario di riferimento, che è rappresentato dall'indice dello specifico mercato sul quale il gestore interviene comprando e vendendo titoli. Il coinvolgimento preventivo del cliente nelle fortune del fondo lo responsabilizza e lo aiuta a scegliere. In questa direzione va la proposta sempre più popolare delle Gestioni in fondi comuni, che dispensano il risparmiatore dal comporre direttamente la propria diversificazione. Di solito, queste Gestioni (con relativo benchmark) sono suddivise, per gradi di propensione al rischio, in: tranquille, moderatamente tranquille, a rischio bilanciato, a rischio medio o elevato. Chi vi aderisce non ha una percezione quotidiana dell'andamento dei singoli fondi ed è meno soggetto a crisi di rigetto. Infine, chi, tra i fondisti, ha optato per una convinta decisione di lungo periodo aderendo a un pac (piano di accumulo del capitale), considera l'operazione come una forma di risparmio forzoso, magari a fini previdenziali. Nei periodi di basso valore delle azioni, e quindi delle quote, con la normale rata del suo versamento mensile ne può comprare un numero più alto abbassando, come si dice in gergo, il prezzo di carico. Per chi effettua versamenti periodici, insomma, questi sono momenti per comprare e non certo per vendere. Glauco Maggi

Persone citate: Ciampi

Luoghi citati: Francoforte, Londra, Milano, New York