Nato, ora l'Italia punta sul compromesso

Nato, ora l'Italia punta sul compromesso La diplomazia al lavoro per assecondare Washington senza scontentare i cossuttiani Nato, ora l'Italia punta sul compromesso L'asse Roma-Parigi rilancia la missione umanitaria ROMA. Le tre cartelle sul Kosovo lette da Romano Prodi alla Camera aprono la strada all'accettazione da parte dell'Italia dell'intervento su mandato Onu per ragioni umanitarie e sono il risultato di un lavoro di cesello diplomatico che ha impegnato per una notte intera alcuni fra i migliori sherpa in stretto raccordo con Lamberto Dini. L'incarico che avevano ricevuto era fra i più difficili: mettere d'accordo Washington e i nascituri «comunisti italiani» ovvero disegnare una linea diplomatica che fosse condivisibile dall'ambasciatore americano, Thomas Foglietta, senza allontanare i voti di Armando Cossutta necessari alla sopravvivenza della maggioranza dell'Ulivo. Serviva una formula equilibrista per prendere le distanze dai blitz della Nato, che Cossutta non vuole, senza escludere il ricorso alla forza contro Belgrado, che Washington ritiene oramai inevitabile. La soluzione è stata di puntare sul rigido rispetto della risoluzione 11/99 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull'emergenza umanitaria in Kosovo, redatta in forza dell'articolo VII della Carta dell'Orni che prevede il ricorso ad ogni mezzo contro chi minaccia «pace e sicurezza». «Bisogna trovare una soluzione nel quadro delle decisioni assunte dal Consiglio di Sicurezza» ha così detto Prodi, difendendo la risoluzione 11/99 e quindi l'Onu come fonte legittima del blitz (come voleva Cossutta) ma escludendo la richiesta di mi nuovo pronunciamento dell'Orni (in pieno accordo con Washington). «Il compromesso di Prodi - fa notare una fonte diplomatica - è in piena sintonia con la posizione di Chirac e con le conclusioni del vertice di Firenze: per straordinarie ragioni di emergenza umanitaria è sufficiente la risoluzione esistente per consentire alla Nato l'attacco». A ulteriore sostegno della soluzione dell'intervento umanitario negli ambienti del ministero della Difesa si fa riferimento al rapporto del segretario generale dell'Orni, Kofi Annan, che ha parlato di 250 mila profughi (di cui 50 mila nelle montagne) e 6-7 mila case distrutte in Kosovo. «Per l'Italia i blitz dovrebbero servire a proteggere queste vittime della repressione, garantendo loro il ritorno a casa sul modello di quanto avvenne a Sarajevo» si osserva. Ovvero: no a raid e blitz in territorio serbo che aggredirebbero uno Stato sovrano (con ripercussioni imprevedibili a cominciare da Mosca) ma un'azione militare limitata in Kosovo, «chiara nei fini» e tesa a risolvere l'emergenza umanitaria. E' questo il punto di delicato equilibrio trovato fra Palazzo Chigi, Farnesina e Difesa, raccogliendo l'assenso tanto dei cossuttiani che degli ecologisti. Vito Leccese (Verdi), al termine di un pomeriggio di riunioni interne, si dice infatti «favorevole ad un'azione militare umanitaria per proteggere i profughi e che consenta loro di tornare nelle loro case attraverso appositi corridoi da cui i serbi vengano tenuti lontani». A suggerire questa via d'uscita a Palazzo Chigi è stato anche il presidente della commissione Esteri della Camera, Achille Occhetto, da poco reduce da una missione in Kosovo e aperto sostenitore dell'interventismo umanitario in sintonia con le posizioni di Joshka Fisher, leader dei Grunen tedeschi e ministro degli Esteri in pectore della Germania di Schroeder. Altro alleato, forse imprevisto, di Prodi nella partita sul Kosovo si è rivelato Mario Brunetti, deputato cossuttiano in commissione Esteri originario di una comunità etnica albanese in Calabria e considerato assai sensibile alle istanze kosovare. Resta tuttavia da vedere se la Nato accetterà la proposta diplomatico-militare dell'interven- to umanitario in sostituzione dei «bombardamenti di pace» a tutto campo contro Belgrado. L'accordo fra Roma e Parigi potrebbe non essere sufficiente a convincere i Sedici. In tal caso l'Italia è pronta a fare da ponte con Mosca (Prodi continua a sentirsi ogni giorno con Primakov) per rilanciare la navetta negoziale con Belgrado, puntando in extremis su una discesa in campo dell'ancora prudente segretario generale dell'Orni, Kofi Annan. Magari all'undicesima ora - come avvenne a Baghdad con Saddam - su richiesta del Gruppo di Contatto e della Nato. «L'interesse di Annan - anticipa Steffan De Mistura, "ambasciatore" dell'Orni a Roma è di trovare una soluzione non solo umanitaria ma anche politica, affinché i profughi non solo possano tornare a casa ma vogliano anche rimanerci in futuro». Maurizio Molinai-i