«Tirarci indietro? Una catastrofe»

«Tirarci indietro? Una catastrofe» «Tirarci indietro? Una catastrofe» Cossiga: ma cauteliamoci contro le rappresaglie iÉWlllil IL LEADER DELL'UDII GLIE L'AVEVO già detto una settimana fa: la questione del Kosovo è diventata sempre più grave e quindi è bene sapere quali sono i nostri doveri, quali i rischi e quali le precauzioni, a cosa si può andare incontro. Si tratta di violare la sovranità di un altro Paese, bombardare e aiutare altri a bombardare, probabilmente ad invadere e aiutare altri ad invadere, e rischiare le ritorsioni che ne possono derivare». Senatore Cossiga, secondo lei l'Italia è tenuta a intervenire e, quindi, a rischiare? «L'Italia è tenuta à fare là parte che le compete nell'ambito dell'alleanza. Su questo non ho e non dovrebbero esserci dubbi». Ma il presidente del Consiglio prospetta un intervento umanitario a favore degli albanesi che vivono nel Kosovo serbo e che rappresentano il 90 per cento della popolazione... «L'intervento umanitario è lo scopo finale di quello militare, il cui ultimo atto potrebbe essere quello di proteggere la popolazione del Kosovo con le truppe». Sembra che la posizione del presidente del Consiglio sia diversa. Secondo il presidente del Consi glio occorre prima un mandato delle Nazioni Unite. «Guardi, la questione riguarda la Nato, non l'Onu. Nel senso che la Nato agisce nell'interesse dei Paesi membri dell'alleanza, ma trae la legittimità delle sue decisioni dalle risoluzioni del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. E la Serbia, almeno fino a questo momento, non ha ottemperato alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza». Nessun dubbio che l'Italia debba partecipare? «Se non lo facesse, sarebbe la prima volta che il nostro Paese metterebbe in crisi l'Alleanza. Sarebbe un fatto gravissimo, che ci porrebbe in una luce pessima». Ma dare l'indipendenza al Kosovo... «No, non si tratta di andare a dare l'indipendenza a nessuno. Il Kosovo è e resta una parte del territorio serbo. Ma l'Onu ha stabilito che in quella regione devono essere ripristinate le condizioni di autonomia che la Serbia ha cancellato nel 1989, con il crollo della nazione jugoslava. E la Nato considera l'atteggiamento serbo pericoloso per la pace e la sicurezza». E se i serbi ci rispondono con i missili Scud bombardando l'Italia? «Noi immaginiamo che il go- verno abbia fatto tutto ciò che va fatto per proteggere e difendere il territorio nazionale, e poi c'è l'articolo 5 del trattato dell'Alleanza atlantica, in base al quale se uno qualsiasi dei Paesi membri fosse attaccato, la risposta scatta automaticamente. In altre parole: alla fedeltà italiana alla Nato deve corrispondere una simmetrica fedeltà della Nato all'Italia». Ma il governo sembra tentennare, Prodi sembra molto condizionato dai suoi nuovi alleati cossuttiani... «Sarebbe una vera catastrofe se ci tirassimo indietro, non voglio neanche pensare a una simile eventualità. E del resto vedo che anche il partito democratico della sinistra mantiene fede a un atteggiamento di scrupolosa lealtà nei confronti degli impegni internazionali». Stiamo comunque andando incontro a un bel rischio. «Certo che quando si mette mano alle armi rischi e costi umani possono essere molto alti. E appunto per questo noi chiediamo che il governo, rispettando gli impegni dell'alleanza di cui facciamo parte, al tempo stesso si garantisca affinché il nostro Paese non sia esposto a rappresaglie. E le rappresaglie possono essere cioè scoraggiate, se chi è tentato a metterle in atto sa che ne pagherebbe un prezzo troppo alto. E ottenere que¬ sta garanzia è compito del governo». Lei è stato tuttavia critico su questo intervento nel Kosovo, almeno in passato. «Io non sono un guerrafondaio e infatti penso che quando si arriva alla grave decisione di metter mano alle armi, sia pure per la più nobile delle cause, bisogna al tempo stesso avere chiari anche gli obiettivi politici che ci si propone di raggiungere». E non pensa che una tale perplessità consigli di astenersi dall'intervenire? «No. Credo anzi che l'Italia debba onorare i suoi impegni e allo stesso tempo credo che debba far sentire la propria voce in seno all'alleanza». Il Kosovo non è l'Albania. «Infatti no, non lo è. In Albania si agiva con il consenso e anzi su invito del governo albanese. Qui invece si va a tutelare l'autonomia, e non l'indipendenza, di una minoranza etnica che però è mag¬ gioranza in una regione di un Paese sovrani" come la Serbia e che rischia il massacro. Il Consiglio di Sicurezza ha stabilito da che parte sta la legalità e la Nato agisce di conseguenza, f j. iti sono i fatti». Quind. li Jdr è per l'intervento a condizione che l'Italia sia. protetta. «No, nessuna condizione: noi siamo per il rispetto assoluto, scrupoloso e leale degli impegni e dei dovari imposti dall'alleanza. Mi\ al tempo stesso chiediamo ohe il governo mostri chiarézza, si dimostri consapevole ììa dei rischi che degli obiettivi e quindi faccia tutto ciò che è in suo potere affinché l'adempimento dei nostri doveri non si traduca in un rischio ulteriore per il nostro Paese. Ma, lo voglio ripetere fino alla nausea: noi facciamo parte integrante di un'alleanza e la nostra lealtà non deve essere messa in discussione neppure per un attimo». olo Guzzanti Vedo che anche la Quercia ha deciso di mantenere un atteggiamento di scrupolosa lealtà ■■ Facciamo la nostra parte La Serbia ha disubbidito alle Nazioni Unite epp fi fi Ma il governo deve chiedere garanzie all'Alleanza atlantica gjij Da sinistra: l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e il presidente della commissione Esteri della Camera Achille Occhetto A destra: il ministro degli Esteri Lamberto Dini

Persone citate: Achille Occhetto, Consi, Cossiga, Francesco Cossiga, Guzzanti, Lamberto Dini, Prodi