Impressioni d'autunno nella città della musica
Impressioni d'autunno nella città della musica Impressioni d'autunno nella città della musica E j ben strano aprire la finestra un mattino di settembre e sotto, in strada, vedere un pianoforte a mezza coda sul marciapiede. La visione - ma è reale, realissima - dura alcuni (fatati) secondi. Dissolve sulle neanche troppo sommesse imprecazioni di due operai che, avvicinandosi allo strumentone, lo apostrofano con un sonoro: «Set' peisi!» (Quanto pesi! N.d.A.). I due diventano tre, poi quattro e, imbrigliano il mobile (l'immobile?) iniziano a issarlo verso l'appartamento di una preoccupatissima vicina. Bello, in questa mattina di settembre (così torinese nelle sue diverse quattordici sfumature grigioline) imbattersi in un pianoforte che, risucchiato dalle finestre accanto, viene a rallegrare tutto il palazzo, scrigno di future gioie (ma speriamo la vicina non abbia un. figlioletto/a in fase di solfeggio). Mi piacerebbe che l'aereo volo del pianoforte, volo non poi così leggiadro né indolore vista la fatica per infilarlo in casa dell'agiatissima signora, trascinasse con sé altri strumenti, viole, violini, arpe, fin contrabbassi, in una sinfonia molto cittadina, piacevole contrasto con il caterpillar che sta manovrando sotto casa per cablare (si dice così?) mezza città. Eh sì, la musica si è spostata. Me lo dicono avvertiti amici milanesi gelosi delle nuove fortune musicali torinesi. Torino, che è famosa per farsi soffiare tutto, questa volta soffia a sua volta in primato di città musicale per eccellenza a Milano. E infatti gli amici di cui sopra si fanno spesso e vo- Impnell nno sica lentieri la To/Mi su e giù per venire a sentire i concerti che - il mio orecchio non distingue tanto - mi dicono sono ottimi e di altissimo livello. Me lo dice anche mio nipote che, come tutti i musicisti/musicologi vive (beato lui/loro) dentro un mondo perfetto che nulla ha da spartire con la Finanziaria e Bertinotti, Wall Street e Piazza Affari, Clinton e le sue fidanzate. In questo mondo concluso e sinfonico c'è posto solo per Debussy, Delibes, Mozart, signori a cui l'oscillazione del dollaro non fa né caldo né freddo (neanche a noi, a ben vedere, visto che di dollari non ne abbiamo). Il Salone della Musica anche quest'anno approda al Lingotto con gran gioia di tutti. E dico di tutti perché, orecchio allenato o meno, tutti possiamo bearci dell'unica lingua veramente internazionale, veramente comprensibile a tutti, la musica appunto, lingua che, una volta tanto, mette tutti d'accordo. Ci andrò, al Salone, per sentire, certo, ma anche per vedere i volti beati di chi ama la musica. E per fare un piccolo omaggio a un amico che non c'è più e che la musica la «sentiva» sul serio. Malcolm Skey fischiava (in senso letterale) le arie di Bach, le conosceva tutte, se le cantava nelle sue passeggiate torinesi, con la mente persa in chissà quali suoi sogni di ritmi cristallini. Peccato che il Salone di quest'anno non lo abbia aspettato. Senza Malcolm la musica e la città sono un poco più povere. Gianni Farinetti
Persone citate: Bach, Bertinotti, Clinton, Debussy, Delibes, Gianni Farinetti, Malcolm Skey, Mozart
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