CHE NE DITE DI PENSARE «EUROPEO»? di Giuseppe Culicchia

CHE NE DITE DI PENSARE «EUROPEO»? RICERCA D'IDENTITÀ' CHE NE DITE DI PENSARE «EUROPEO»? PER quanto riguarda il Salone del Libro, in fondo, il problema non si pone. Se si dice «salone del libro», in Europa, si pensa innanzitutto a quello di Francoforte. Da sempre impostato, d'altronde, su una formula assai diversa da quella nostrana, dichiaratamente rivolta più al pubblico degli addetti ai lavori che non a quello dei lettori: anche se poi questi ultimi non mancano certo di affollare gli innumerevoli stand della fiera in riva al Meno. Impensabile, ad ogni modo, l'ipotesi di sostituire nell'immaginario di chi, occupandosi di editoria o semplicemente amando la lettura, venga a contatto con quei due sostantivi - «salone» e «libro» - il Salone di Torino alla Buchmesse di Francoforte. Con tutto il rispetto per il primo, naturalmente. Ma, mettendo da parte la narrativa e la saggistica per passare al rock e al drum 'n' bass, se si dice a un europeo «salone della musica», be', difficilmente a questi - pur se tedesco - verrà in mente Francoforte. Anche perché a Francoforte un salone della musica non esiste. Purtroppo, però, altrettanto difficilmente salterà fuori il nome del Salone della Musica di Torino. Che, giunto nel frattempo alla terza edizione, stenta a darsi un'identità riconoscibile, forte abbastanza magari da rivelarsi in grado di attirare fin qui un uditorio non soltanto autoctono, lombardo-veneto o al massimo proveniente dall'Italia centrale. Non sarebbe affatto male, invece, vista anche la disponibilità di tale nicchia di mercato, poter affermare il contrario: ovvero, trovandosi in casa di amici a Londra piuttosto che a Zurigo e nominando di sfuggita il Salone della Musica, sentirsi rispondere - a seconda dei casi - «Oh, yeah, Torinou!» oppure «Tùrin, ja, so!». Tutto parrebbe addirittura congiurare in tal senso, o almeno così ci è stato dato a intendere: moneta unica, trattato di Schengen, e via discorrendo. Si potrebbe quasi tentare di approfittarne. Facendo in modo che il Salone della Musica diventi, all'interno dei confini dell'Europa prossima ventura - anche grazie alle pontenzialità tutt'ora parzialmente inespresse del luogo che lo ospita - un appuntamento da non mancare: perché a Parigi o a Berlino i Daft Punk o i Philarmoniker li si è già ascoltati dal vivo innumerevoli volte: ma mai su una pista per il collaudo delle auto come quella sul tetto del Lingotto. Non resta da augurarsi, allora, che il prossimo appuntamento con il Salone sia uno di quelli che abitualmente si definiscono «di transizione». Un anno «di transizione», si sa, capita a tutti. Quel che conta è lasciarselo alle spalle. Giuseppe Culicchia

Persone citate: Daft