Storie da città

Storie da città Storie da città UNA notizia in cronaca, sabato 26 settembre, attira la nostra malsana curiosità: la polizia accorre al cimitero degli impiccati per un allarme, tornano le messe nere. Per fortuna si trattava di un falso allarme. Ci siamo fatti raccontare come sono andate veramente le cose dalla gentilissima signora Maria che, da diciassette annisvolge mansioni di custode del cimitero di San Pietro in vincoli e abita con la sua famiglia sopra la biblioteca del Museo del cinema che è ospitata nei loculi. E' successo che Francesco Poh e Francesco Misuraca, due noti critici d'arte, accogliendo un invito della VII circoscrizione, hanno organizzato suUo spiazzo e sotto i portici del cimitero una mostra che accoglie opere di artisti in parte già affermati e in gran parte giovani alla loro prima uscita in pubblico. Ora Luigi Stoisa di Giaveno, invitato a partecipare con una sua opera a una mostra ospitata in un cimitero, cosa fa? Manda una cassa da morto; d'altra parte il cimitero, per una cassa da morto, è, come dicono a Roma, la morte sua. Ma, dico io, come si fa a confondere una sublime opera d'arte con ima qualunque, volgare cassa da morto? Qualsiasi persona, dotata di buon senso, vedendo una cassa da morto posata al centro del cortile di un cimitero, pensa: «Toh! Un'opera d'arte!». Ma non l'ignoto torinese che, trovandosi a passare davanti al cancello del cimitero alle undici di sera (cosa ci faceva lui a quel'ora da quelle parti?), pensa subito alle messe nere che si celebravano in quel luogo quando era in rovina e telefona alla polizia. Per fortuna, quando l'equipaggio della Pantera a sirene spiegate si è presentata al cancello, la signora Maria è stata pronta a intervenire e a spiegare agli agenti: «Questa non si può toccare, e un'opera d'arte!». Al Museo di Rivoli fanno giocare i bambini affinché prendano confidenza fin da piccoli con l'arte contemporanea e così da grandi non subiscano uno choc quando vanno a visitare una mostra. Dovrebbero organizzare anche dei corsi per insegnare alle forze dell'ordine a riconoscere al primo colpo d'occhio un'opera d'arte, anche se non si tratta dei classico quadro da appendere alla parete. Che poi, come mi ha spiegato la signora Maria, il lavoro di Luigi Stoisa è un inno alla vita in quanto la sua cassa, dipinta di nero, non ha il coperchio, è piena d'acqua e attraverso quest'acqua si intravedono dei fiori dipinti sul fondo. Quasi quasi viene il sospetto che la telefonata alla polizia l'abbiano fatta gh organizzatori per attirare un po' d'attenzione su questa mostra singolare che merita di essere visitata se non altro per premiare lo sforzo di riqualificare il quartiere di Porta Palazzo. Non va dimenticata l'associazione culturale «Due Fiumi» che organizza tutti i martedì, sempre al cimitero, delle serate di poesia e una grande festa domenica 11 ottobre, giorno di chiusura della mostra. Il visitatore attento riconosce in molte opere la zampata dell'artista sicuro di sé che ha interpretato a modo suo la sfida rappresentata dal luogo insolito; Luigi Mainolfi ha piazzato sul tetto una capretta, ironico contrappasso al cervo che svetta sulla cuspide della palazzina di Stupinigi e omaggio alla sinistra fama del posto, in quando la capra è una delle incarnazioni del demonio. Gilberto Zorio presenta una scultura intitolata «La mamma di Boccioni» che riproduce un busto di Umberto Boccioni che ritrae la sua mamma al quale ha sovrapposto, all'altezza dei seni, due bocce da bowling in grandezza naturale. Non oso pensare cosa avrebbe combinato Zorio se il famoso esponente del futurismo avesse fatto di cognome Pallone in mezzo al prato, sotto il quale in una cripta giacciono ancora centinaia di cada¬ veri che non si sono potuti traslare perché non ancora mineralizzati, ovvero ridotti a scheletria causa dell'umidità del sottosuolo, Joannes Pfeiffer propone una fantasiosa soluzione al problema della torre di Pisa, costruendo un lembo di torre fortemente inclinata in cui ogni mattone è ancorato con un cavo d'acciaio a un punto del terrenoquel fascio di cavi che converge in un punto è molto suggestivo; pare che quest'ipotesi, vista dapprima come una fantasia d'artista, venga ora presa in seria considerazione dagli scienziati impegnati a evitare che la Torre di Pisa venga giù. Gh artisti più giovani sono anche quelli più influenzati dal luogo e hanno proposto cose arse, combuste, rugginose, come due reti metalliche sulle quali sono disposti dei manichini di stracci bruciacchiati, un'opera che farebbe la sua bella figura in qualunque casa. Se potesse scegliere, ho chiesto alla signora Maria, quale di queste opere esposte si metterebbe in casa? Con mia grande sorpresa, non ha indicato i due pagliericci, ma una fotografia di Dario Lanzardo che riproduce due bambole, una delle quali sembra una bambina in carne ed ossa. La mia preferita invece è ima scultura che è un suggestivo groviglio di tubi di gomma arrotolati attorno a un'asta metallica che sgorga dal terreno e termina con un ugello. Immensa è la mia delusione quando con la dovuta cautela la signora Maria mi informa che la scultura non fa parte della mostra ma che i tubi che la compongono servono per innaffiare il prato.

Luoghi citati: Giaveno, Rivoli, Roma