LA MUSICA e lo schermo

LA MUSICA e lo schermo LA MUSICA e lo schermo Lm OPERA lirica al cinema m è tradizionalmente accostata al melodramma italiano, e in particolare alla grande stagione che questo genere cinematografico ha conosciuto nell'Italia degli Anni 50. All'epoca, si poteva vedere una romanza del Trovatore come scintilla per moti risorgimentali (l'inizio di «Senso» di Visconti), oppure Rossini rivisitato in modo strepitosamente comico da Totò, Fausto Coppi e Gino Bartali (il finale di «Totò al Giro d'Italia»), E, soprattutto, c'era uno specialista come Carmine Gallone che dedicava gran parte del suo lavoro a una vera e propria teoria del «recitar cantando», proponendo opere filmate, biografie romanzate e anche una summa nazional-popolare delle interferenze tra Urica e storia italiana con «Casa Ricordi». E' sintomatico che il filone s'esaurisca a metà degli Anni 50, quando l'immigrazione interna, 10 sviluppo industriale e la televisione cambiano l'Italia e fanno sì che i gusti popolari si trasferiscano dal melodramma più arcaico alla commedia ritenuta più consona ai tempi. Da allora, l'opera lirica non è più oggetto di un genere strutturato: in varie epoche, vi si accostano gli autori più vari, ciascuno con la sua personale cifra stilistica. La rassegna «Opera e cinema», proposta al Massimo 2 dal 5 al 15 ottobre, intende rendere conto delle versioni più recenti di questo incontro: l'inquietante «M Butterfly» di David Cronenberg, 11 modesto «Evita» di Alan Parker, l'interessante «Addio mia concubina» di Chen Kaige. Ma forse il più significativo per il rapporto contemporaneo tra opera e cinema è uno dei punti cardine del postmoderno, «Diva» di Beinex: l'abbinamento tra immagini da spot e lirica è ormai un passaggio obbligato per commercials, cortometraggi e film moderni con aspirazioni fighettone. I rapporti tra cinema e musica sono analizzati anche in un'altra rassegna che corre parallela negli stessi giorni, sempre al Massimo 2. La rassegna, intitolata Interferenze tra cinema e musica, è incentrata soprattutto sul lavoro del regista canadese Frangois Girard, autore di «Trentadue piccoli film su Glenn Gould» (già uscito nelle sale) e di un film presentato con esiti contrastanti all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, «Il violino rosso». Oltre al suo film già noto, si potrà vedere lunedì 5 ottobre il video «Il suono delle carceri», da lui realizzato utilizzando Yo-Yo Ma e Steve Epstein. Il giorno dopo, un altro autore canadese, Atom Egoyan, proporrà ancora Yo-Yo Ma con Lori Singer in «Sarabanda»: e il confronto tra i due video potrà essere utile per identificare modi d'approccio in apparenza simili ma in realtà piuttosto diversi nei confronti dello stesso fenomeno. Non ci sono molti dubbi, invece, su quale sarà la riproposta che avrà più successo di pubblico: sicuramente «Lezioni di piano», successo commerciale di Jane Campion che punta sull'utilizzo romantico della musica appositamente creata da Michael Nyman segnando anche l'abbandono di ogni curiosità sperimentale da parte della regista australiana. A proposito di neo-romanticismo, significativo è un altro film della rassegna, l'italo-francese «Farinelli» diretto da Gerard Corbieau. Quasi paradigmatico per quanto riguarda l'accumulo di retorica e di luoghi comuni, «Farinelli» è perfetto esempio di come possa essere tronfio e mutile il cinema europeo che si autodefinisce «di qualità»: se la qualità consiste nel giustapporre personaggi controversi e immagini flou da pubblicità del Mulino Bianco, i kolossal fracassoni di Hollywood possono puntare su anni e anni di sicuro successo, qualunque sia la scelta musicale... Stefano Della Casa Sopra, una scena del film «Lezioni di piano» di Jane Campion al Massimo 2 domenica 11 ottobre

Luoghi citati: Hollywood, Italia, Venezia