Serve mettere il «paraonde» al telefonino? di Luigi Grassia

Serve mettere il «paraonde» al telefonino? TECNOLOGIA Serve mettere il «paraonde» al telefonino? Un grande giro di affari intorno ad aggeggi di dubbia utilità SEMBRA il caso Di Bella dei telefonini. Nei negozi specializzati e nelle farmacie di tutta Italia si vendono apparecchietti che promettono di schermare le onde elettromagnetiche - forse dannose, benché niente sia ancora stato appurato - emesse dai cellulari. Gli acquirenti dei vari congegni non mancano e «molti sono medici», assicurano i commercianti. Gli scienziati esperti di onde radio e dei loro effetti biologici, invece, oppongono un muro senza brecce, benché con motivazioni articolate. «Questi aggeggi non possono funzionare», dicono. Oppure: «Se funzionano compromettono l'impiego del telefono». O ancora: «Funzioneranno, ma non servono a niente perché i cellulari non sono pericolosi». Ma fra i ricercatori si registra anche una certa curiosità e una (scettica) disponibilità a studiare un po' meglio queste novità. Chiariamo subito che non ci proponiamo di affrontare il problema, studiatissimo in tutto il mondo ma finora senza certezze definitive, se l'uso dei telefonini danneggi la salute; ci chiediamo solo se sia possibile limitare la nostra esposizione alle onde elettromagnetiche dei cellulari, siano esse nocive o no. Si candida alla bisogna tutta una serie di ritrovati, dalle palline alle terre rare a particolari tessuti in fibra di carbonato (unitamente ad apparecchi meno esotici, ma la cui efficacia nessuno contesta, come i «viva voce» e gli auricolari). Concentriamoci su due prodotti che vanno per la maggiore: la «coccinella» e il «plione shield». La prima è un simpatico oggetto, che di una coccinella ha appunto le dimensioni, la forma stilizzata e il colore: si attacca al telefonino e dovrebbe assorbirne le radiazioni. Grazie a un'intervista via fax con l'inventore coreano, abbiamo appreso che il congegno è realizzato con 5 ossidi di metallo e sfrutta il fenomeno della riso- nanza magnetica. Il limite delle domande e risposte scritte, senza controreplica, ha impedito di approfondire. C'è anche una certificazione della Utah University e il distributore italiano è «pronto a qualunque verifica» nei laboratori nostrani. Il phone shield è un cappuccio che avvolge la parte alta del telefonino, antenna esclusa. Un ingegnere della ditta che lo im¬ porta dagli Usa spiega: «E' fatto di un materiale segreto, usato sui satelliti per schermare le apparecchiature che possono essere danneggiate dalle onde radio. Le emissioni più pericolose dai cellulari sono alla base dell'antenna, proprio vicino all'orecchio. Il tessuto le ferma, proteggendo la salute senza interferire con l'antenna e dunque senza limitare le prestazioni del telefonino». Anche lui allega la validazione di un istituto indipendente di ricerca, gli americani Aprel Laboratories (i dati sono disponibili in Internet). Gli studiosi italiani che abbiamo consultato non mettono in discussione questi risultati. Ma per una ragione o per l'altra obiettano tutti che il punto non sta lì. «Siamo capacissimi di scher- mare queste emissioni al 90 o al 98%, e questo già da decenni spiega ad esempio Angelo Lozito, fisico e consulente di Legambiente - Senonche, una volta che un telefonino è schermato non funziona più. E' come dire: se un'auto sta ferma non consuma benzina. Però non si va da nessuna parte». Neanche l'idea di un stop selettivo, vicino all'orecchio e non sull'an¬ tenna, convince Lozito: «Il diagramma di radiazione dei cellulari è già ottimizzato dal costruttore. Per cambiarlo bisogna modificare il progetto, ma così si alterano anche le prestazioni». Giulio Ciarrocca, uno dei massimi esperti italiani (ora fisico alla Pergaso prevenzione ambiente), concede qualcosa in più e qualcosa in meno: scorrendo i test sul phone shield, pur con la riserva che si presentano in forma divulgativa e non in quella canonica di una relazione scientifica, accetta per vero o verosimile che la schermatura sia selettiva e non comprometta il funzionamento; aggiunge però: «Proteggersi dalle emissioni dei telefonini non ha scopo perché in anni e anni di studi in tutto il mondo non è emersa la minima prova che siano dannose». Non riapriamo questo dibattito. Ma dal momento che basta allontanare l'apparecchio di pochi centimetri, osserva Ciarrocca, per ridurre drasticamente l'assorbimento, lo studioso consiglia ai più apprensivi di usare auricolari e viva voce. E di non servirsi del cellulare in auto, perché questa «scatola» chiusa obbliga il telefonino ad aumentare la potenza di trasmissione. Eugenio Pacelli, del Presidio multizonale di prevenzione dell'Asl di Roma, ricorda altri due accorgimenti per proteggersi dalle emissioni dei cellulari. «Il primo resta quello di estrarre completamente l'antenna». All'obiezione che è sempre più difficile, perché ormai la maggior parte dei telefonini ce l'ha fissa, osserva sconsolato che «si persegue la logica dell'estetica anziché quella della sicurezza». Comunque, fra le antenne non estraibili, quelle elicoidali riducono i rischi per conto loro. Il secondo consiglio è ancora più semplice: «Non usare il telefonino per lunghe conversazioni». Luigi Grassia «Fhone shield» e «coccinelle» per bloccare i campi magnetici Gli esperti: se servissero il cellulare non funzionerebbe

Persone citate: Angelo Lozito, Di Bella, Eugenio Pacelli, Lozito

Luoghi citati: Italia, Roma, Usa, Utah