IL CERCATORE D'ORO CHE SCOPRI' LA PORCELLANA

IL CERCATORE D'ORO CHE SCOPRI' LA PORCELLANA IL CERCATORE D'ORO CHE SCOPRI' LA PORCELLANA «Arcanum» : il prodigio di un alchimista del Settecento ELIZIE infinite che ci riserva l'ignoranza. Delle porcellane di Dresda il profano sa che possono essere secondo i casi molto preziose, ricorda certe pastorelle alte così, le spade incrociate della manifattura di Meissen sotto un piatto, una tazzina, ed è tutto. Mai penserebbe che quelle figurine nella vetrinetta della zia, magari anche false, hanno alle spalle un romanzo incredibile, un vero e proprio kolossal storico-politico-scientifico-galante su cui sembra strano che non si sia precipitata Hollywood. Ma succederà, immaginiamo, non appena quei produttori inclini a stolti remakes avranno tra le mani la straordinaria story che ci racconta Janet Gleeson, inglese, esperta di antiquariato, nel suo libro «Arcanum», pubblicato da Rizzoli. La collana è la stessa in cui sono usciti negli anni scorsi due libri di raccomandabilissima lettura, «Longitudine» e «L'ultimo teorema di Fermat»; e sulla stessa strada di alta, documentata divulgazione unita a un raro talento narrativo corre la bravissima Gleeson senza perdere un colpo. E' il 21 giugno 1703 e un giovanotto bruno di ventun anni evade dal carcere di Dresda, balza sul cavallo procuratogli da un complice e fugge nelle campagne della Sassonia. Così avrebbe cominciato Alexandre Dumas e così comincia il libro di cui, da recensori di tenero cuore, diremo il meno possibile per non togliere al lettore il piacere di tante galoppanti sorprese. L'evaso si chiama Johann Frederick Bòttger, alchimista, e da due anni era prigioniero di Augusto il Forte, principe elettore di Sassonia e re di Polonia. Aveva persuaso quel temibile personaggio, e prima di lui il re di Prussia (nonché, di passaggio, il grande Leibnitz) di poter trasmutare ogni metallo vile in oro, o in altri leggendari termini, di aver scoperto Yarcanum, la formula del lapis philosophorum, la pietra filosofale. Non è esagerato pensare subi¬ to al segreto della bomba atomica. Chimera antichissima di origini orientali, il lapis aveva poi trovato in Aristotele una sorta di supporto teorico e nel Medioevo era stato cercato con fanatico accanimento da «maghi» di svariatissimo genere, gli alchimisti appunto. Ritenuto ancora credibile per buona parte del Secolo dei Lumi, non c'era monarca in Europa che non fosse pronto a metterci le mani sopra con le buone o con le cattive. Ma gli investimenti erano alti, laboratori, forni, alambicchi costavano quanto le attrezzature di Los Alamos e chi, una volta messo all'opera, non forniva i risultati promessi finiva sulla forca. Bòttger non era uno dei tanti ciarlatani e avventurieri in caccia di un regale sponsor, e non era nemmeno un alchimista. Era, diremo oggi, un genio della chimica, e non lo sapeva. Quando le guardie di Augusto lo riacciuffarono riportandolo a Dre- sda la vita gli fu risparmiata ma dovette impegnarsi a condurre una ricerca «laterale» sulla porcellana cinese, di cui nessuno in Occidente aveva scoperto il segreto e che valeva quanto l'oro. Marco Polo e altri viaggiatori avevano dato notizie vaghe sulla fabbricazione della preziosa materia, e Augusto il Forte (così chiamato per la sua eccezionale prestanza fisica, soprattutto con le donne), sognava di scoprire quest'altro arcanum e metter su un monopolio europeo. Bòttger venne rinchiuso nel castello di Meissen e in un laboratorio sorvegliato da soldati arcigni co¬ minciò i suoi esperimenti. Fu una faccenda lunga e delirante, interrotta da guerre, invasioni, operazioni di commandos, tradimenti, mortali rivalità, mentre agenti segreti e spioni tramavano fra Dresda, Vienna e Berlino per impadronirsi della magica formula. Che alla fine lo stremato Bòttger scoprì, mettendo le meticolose procedure della scienza moderna al servizio delle sue intuizioni. La prima riguardava la qualità dell'argilla usata dai cinesi, che mescolata in diverse segrete dosi con altri segreti ingredienti e cotta a diverse, segrete temperature, usciva dalle fiamme in quella smagliante forma traslucida che tanto incantava il suo principe. Gran merito dell'autrice è di rimettere insieme con mano leggera e magistrale i cocci di quell'epoca folle non meno della nostra, mediante lettere, diari, testimonianze coeve, offrendoci una galleria di figurine degne in tutto del museo di Dresda, dove gran parte delle collezioni di Augusto e dei suoi dignitari sono ancora visibili. Nella tempesta di fuoco che rase al suolo la città nel 1945 l'opera di Bòttger, fragile com'era, si salvò, ed è forse il più incredibile colpo di scena di questa avventura affascinante. D'ora in poi, come suggerisce Janet Gleeson, porteremo alle labbra la tazzina di caffè con maggior rispetto. Carlo Frutterò Franco Lucentini Un ritratto dell'alchimista Bòttger Johann Frederick Bòttger in carcere scoprì il segreto della preziosa materia cinese di cui arcua dato vaghe notizie Marco Polo ARCANUM Janet Gleeson Rizzoli pp. 265 L. 28.000

Persone citate: Alexandre Dumas, Carlo Frutterò, Franco Lucentini, Gleeson, Janet Gleeson, Johann Frederick Bòttger