DUE CRETINI DI GRAN LUSSO di Giorgio Calcagno

DUE CRETINI DI GRAN LUSSO DUE CRETINI DI GRAN LUSSO / segreti dei frate Ili De Rege DE REGE VARIETÀ Nicola Fano Baldini & Castoldi pp. 184 L. 26.000 E' stato un tempo, in Italia, in cui il termine «cretino» non era un insulto. Era un appellativo cordiale, quasi affettuoso; sotto sotto lusinghiero. «Vieni avanti, cretino!» risuonava su tutti i palcoscenici: dove il cretino era il protagonista dell'azione, il mattatore della scena, quello a cui andavano le risate e i più spellanti battimani del pubblico; mentre l'attore che diceva la battuta doveva rassegnarsi al ruolo di spalla, umile introduttore e quasi servitore dell'altro. «Vieni avanti, cretino!» era lo slogan che imperversava nell'avanspettacolo, girava dai teatri di città alle piccole sale di provincia, faceva la fortuna dei gruppi filodrammatici, dovunque ci fosse un giovane di talento, disposto a mettersi un naso finto, due baffoni spadiformi e a tartagliare senza pietà le proprie battute, cambiando senso, ingarbugliando il dialogo, fino a disorientare completamente la platea. Una ricerca sulla celebre quanto dimenticata coppia del varietà: nemmeno si sa dove siano stati spolti «Vieni avanti, cretino!» era la grande trovata dei fratelli De Rege, forse la più straordinaria coppia di comici che si sia vista nel teatro italiano del Novecento: diventati un modello per decine di imitatori anche tanti anni dopo la loro uscita di scena. Molti fra gli spettatori di oggi non pensano neppure che i fratelli De Rege siano davvero esistiti. Alcuni forse credono che siano stati un'invenzione di Walter Chiari e Carlo Campanini, i più famosi fra i loro epigoni. Non hanno tutti i torti. Quei due mitici fratelli sono passati nel teatro italiano senza lasciare nessuna memoria di sé; i loro testi sono per la maggior parte irreperibili; le scenette che vengono recitate si sono trasmesse per via orale, o sono più facilmente - come in Chiari e Campanini - calchi della loro stralunata genialità. Dovremmo dire grazie a Nicola Fano, sofisticato cultore del teatro popolare, che ha cercato di fare luce su questo affascinante buio. Non troppa, per fortuna, e non definitiva. L'autore di «De Rege varietà» sembra quasi scusarsi, avvertendo che la sua non è una biografia, ma un'inchiesta, che va alla ricerca di un vero senza essere certa di raggiungerlo. In realtà non è né l'una né l'altra. E' un vagabondaggio nella memoria, attraverso ricordi, non si sa fino a che punto credibili, dei pochi testimoni sopravvissuti; procede per giochi di ipotesi, paientesi di fantasia: quasi che l'autore voglia riprodurre, nel suo puzzle, sempre provvisorio, la frammentarietà esistenziale dei due personaggi, compreso il loro folgorante balbettio. Basti pensare allo stupendo capitolo in cui introduce i due comici, un giorno del 1935, nella casa di Ettore Petrolini; e immagina il dialogo possibile, ma più probabilmente impossibile, fra i due fratelli e l'autore di «Gastone», ormai prossimo alla morte: «...Petrolini s'alzò e accese un lume sullo scrittoio. Prese da una libreria il ■ cilindro e raccolse da un cassetto un paio di guanti bianchi cu- ' citi insieme. La figura curva, indecente: Petrolini cominciò a fare Gastone. Lo fece lentamente, sorseggiando a poco a poco il gusto di questa ennesima recita inseguita e rubata alla morte con la forza dela nostalgia... era una sfida cattiva e i De Rege stavano li per caso, non erano nemmeno spettatori paganti». Malgrado le incertezze, i se, i forse di tante pagine, qualche notizia certa emerge, ed è bellissima. I due fratelli De Rege, nati a Caserta e quindi ritenuti da tutti napoletani, erano i figli di un alto ufficiale piemontese, che scelsero la via del teatro per ribellarsi alle tradizioni di famiglia. Erano i conti torinesi De Rege di Donato, ma non vollero far sapere a nessuno le loro origini aristocratiche; cosi come i familiari avevano cercato di dimenticare loro. Si imposero negli Anni Trenta, recitarono insieme fino al '43. Guido, il maggiore, mori a Milano nel '45, in un brutto febbraio di guerra. Giorgio, detto Ciccio, tentò di riprendere l'attività con altri compagni, ma non resistette più di tre anni: fu stroncato in un camerino del Reposi a Torino, con il naso di cartone e i grandi baffi del personaggio che aveva divertito tutta Italia. Nella sua indagine, Fano ha rintracciato l'ultimo parente dei due comici, vivente a Vercelli, un De Rege ex diplomatico che però si è chiuso nel silenzio connaturato della sua professione. L'autore del libro pensa che nasconda molti segreti, e quasi certamente è vero. Ma che bello, questo silenzio, da parte di chi sa, sui due personaggi più misteriosi del nostro teatro. Nonostante le ricerche Fano non è riuscito scoprire nemmeno dove i due De Rege siano sepolti. Sono scomparsi subito dopo essere usciti per sempre di quinta. Giorgio Calcagno Una ricerca sulla celebre quanto dimenticata coppia del varietà: nemmeno si sa dove siano stati sepolti ma un'inchiesta che va alla ri DE REGE VARIETÀ Nicola Fano Baldini & Castoldi pp. 184 L. 26.000

Luoghi citati: Caserta, Fano, Italia, Milano, Torino, Vercelli