IL 18 APRILE '48, FULCRO DI UNA DEMOCRAZIA PRECARIA di Angelo D'orsi
IL 18 APRILE '48, FULCRO DI UNA DEMOCRAZIA PRECARIA IL 18 APRILE '48, FULCRO DI UNA DEMOCRAZIA PRECARIA L'ITALIA DEL DOPOGUERRA Paolo Soddu Editori Riuniti pp. 381 L. 35.000 ONO state numerosissime, quest'anno, le «celebrazioni» del 1948 (oltre che del più nobile '48 di un secolo prima); la polemica giornalistica e l'utilizzo politico hanno largamente prevalso sulla rievocazione storica. Al di là di sfumature di tono, quasi tutti hanno cantato la stessa canzone, che vedeva la De come il baluardo che impedì ai cosacchi russi di abbeverarsi nelle fontane di piazza San Pietro. De Gasperi è stato presentato come un eroe della patria (e un benefattore del popolo; a proposito, a che punto è la causa di beatificazione?), al punto che la sua eredità, reale o presunta, è stata oggetto di contesa fra vari soggetti politici. Ritornando alla storia, benché le ricostruzioni del dopoguerra siano ormai numerose, abbiamo ora tra le mani un'utile e - davanti alle semplificazioni propagandistiche degli scorsi mesi - opportuna ricerca di un giovane studioso. (Sono ormai solo le nuove leve a fare ricerca; gli studiosi blasonati, con scarse e lodevoli eccezioni, coltivano i propri allori, dedicandosi alla sistemazione del loro passato di ricercatori, impegnandosi soprattutto sul lato delle P.R.). Soddu ha al suo at¬ tivo due pregevoli edizioni dei Diari di Luigi Einaudi e, in questo suo primo libro, la lunga frequentazione con l'economista-presidente porge taluni dei suoi frutti. Né si può dire che la complessiva rivalutazione del ruolo di Einaudi primo capo dello Stato repubblicano, e della sua sostanziale fermezza democratica, sia ingiustificata, alla luce dell'abbondantissima documentazione che viene qui portata alla luce. Anzi, se l'autore fosse stato più parco nel suo uso la riuscita del lavoro sarebbe stata di certo più efficace; così come nuoce un po', anche in ragione forse di mio stile non sempre limpido, la pretesa di tenere insieme il piano del racconto dei fatti con quello della discussione storiografica e del dibattito politologico, con qualche puntata anche nell'attualità. Eppure si tratta di un libro utile e per tanti aspetti nuovo, dal quale emerge in relazione agli eventi cruciali dell'immediato dopoguerra (dalla cacciata delle sinistre dal governo alla legge truffa, ossia, dal '47 al '53) come l'Italia uscita drammaticamente dall'esperienza fascista si awii con gran fatica sulla strada della democrazia. La divisione del mondo in blocchi, l'appartenenza indiretta del Pei al blocco sovietico attraverso il rapporto di obbedienza alle direttive staliniane e il peso determinante della volontà degli Usa, attraverso non solo i loro emissari diretti, ma anche le forze politiche, economiche e culturali che all'America guardavano con entusiastica soggezione, contribuì a sostituire immediatamente ad mia idea di democrazia «consociativa», ossia fondata sull'accordo tra i partiti antifascisti, una democrazia «dissociativa», che a lungo fu sul punto di implodere. In fondo i due schieramenti si guardarono come due eserciti contrapposti, ma anche se certe parole d'ordine del Pei, la presenza nel suo seno di velleità rivoluzionarie, e la naturale ruvidezza di larga parte della sua base, potevano giustificare parzialmente l'aggressività dei democristiani e dei loro alleati, sta di fatto che nel partito dominante l'anticomunismo fu la scelta di fondo; la costruzione dello Stato democratico e l'educazione al costume della democrazia vennero posti in secondo piano, e, anzi, in quegli anni infocati, decisamente obliterati. Insomma, paradossalmente, le forze che della democrazia liberale facevano una bandiera - De in testa, con un De Gasperi costretto a frenare le correnti più oltranziste del suo partito, attento invece a non passare da una «democrazia protetta» a un vero e proprio totalitarismo - furono quelle che la misero a più dura prova, ibernando la Costituzione, forcando l'equilibrio fra i poteri dello Stato, usando a piene mani la legislazione e il personale amministrativo fascista. Sull'altro versante quelle sinistre marxiste che ripudiavano teoricamente la democrazia formale come strumento borghese, ne furono le sostanziali paladine. Ciascuno, in relazione al passato recente o al presente, tragga le conclusioni che vuole, ma, per favore, la si smetta di presentarci il dopoguerra, e specialmente il periodo in questione - di cui il 18 aprile '48 fu il fulcro - come una autentica democrazia. Essa, tutt'al più, fu - come la chiama Soddu - «una democrazia precaria». Angelo d'Orsi L'ITALIA DEL DOPOGUERRA Paolo Soddu Editori Riuniti pp. 381 L. 35.000
Persone citate: De Gasperi, Einaudi, Luigi Einaudi, Paolo Soddu, Soddu
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