DA BUONUOMO A BUONANIMA

DA BUONUOMO A BUONANIMA DA BUONUOMO A BUONANIMA Luzzatto racconta «Il corpo del duce » MMIRATO, desiderato, persino idolatrato, ma anche deriso, odiato, infine oltraggiato. Fatto oggetto di slanci devozionistici («Potervi ricevere insieme a Gesù! Posarvi sul mio petto, riposarvi sul mio povero cuore», scriveva una bambina, l'8 maggio 1936, nel giorno della sua prima comunione), e di progetti di morte, che si concretizzano in attentati, di atti di vilipendio, di epiteti jellatori (come quando, per i milanesi, Mussolini diventa «47», il morto che parla), Il corpo del duce è l'inedito protagonista, con questo titolo, d'un affascinante saggio di Sergio Luzzatto, storico modernista dell'Università di Genova, già autore dell'autunno della Rivoluzione. Queste pagine, di vivida scrittura, che rievocano il significato della fisicità mussoliniana e ne ricostruiscono le misteriose vicende oltretomba, comprendono un insieme di questioni storiche, politiche e culturali di cui abbiamo discusso con l'autore. che, politiche e culturali di cui abCome e quando è nata l'idea di un libro sul corpo di Benito Mussolini? «L'idea è nata nell'aprile del 1994, nei giorni in cui Berlusconi e Fini andavano al governo, la televisione diffondeva le immagini shock di Combat Film e gli antifascisti italiani si davano appuntamento a Milano il 25 aprile per commemorare la Resistenza. Allora mi sembrò che Piazzale Loreto, anche a confronto con una situazione come Place de la Revolution, a Parigi nel 1793, quando viene ghigliottinato Luigi XVI, meritasse una ricerca storica e questa ricerca non poteva non riguardare il corpo del duce». Ma questo corpo in che cosa è diverso da quello di sovrani, dittatori, capipopolo, condottieri di altre epoche? «Di comune con i capipolo del passato, per esempio con Cola di Rienzo, il tribuno della Roma medievale, il duce ha le origini popolari, e quindi il fascino dell'uomo che riesce ad avere carisma senza che nelle sue vene scorra sangue blu. Di diverso e di più, rispetto al passato, il duce ha il dono dell'onnipresenza, il privilegio dell'ubiquità, che alimenta l'immaginazione. E in effetti è sapiente 3 suo impiego dei mezzi di trasporto e soprattutto dei mezzi di comunicazione di massa: i giornali, la radio e i cinegiornali». Nel suo libro c'è il corpo del duce vivo, quello morto, quello della memoria e quello delle polemiche. Quanti sono i corpi del duce? «Il corpo vivo del duce è molteplice, varia nel tempo, come aveva notato anche Italo Calvino in un bellissimo saggio sui Ritratti del duce. Inizialmente il duce somiglia ancora, in una versione giovane e rasata, ai corpi dei politici liberali, vestiti per capirci con il colletto rigido. Poi il corpo del duce sempre meno somiglia ai politici precedenti e addirittura gioca sulla sua calvizie, per farne un elmo guerriero o enfatizzare il profilo romano. Anche il corpo morto è molteplice: quello oltraggiato di Piazzale Lore- to, cioè il «pezzo di macelleria», come lo si diceva negli Anni Quaranta, e il corpo pupazzo dell'età televisiva, quello che vediamo nei documentari, al balcone di Palazzo Venezia. In ogiù caso il corpo morto non fa paura, è un corpo ormai addomesticato perché è una vittima o un burattino». Piazzale Loreto, con lo scempio dei cadaveri, biasimato dalla stampa americana e inglese, ma censurato o rimosso dalla sinistra italiana, è il cuore del suo libro: quali sono i significati simbolici di quella piazza e di quel giorno, il 29 aprile 1945? «Come è stato detto da un ex gerarca fascista, Piazzale Loreto è la piazza più tragica d'Italia, il che è due volte significativo, sia perché quella italiana è la civiltà della piazza, sia perché l'Italia tende a occultare la dimensione tragica della propria storia. Eppure il Novecento italiano è anche una tragedia, e una tragedia di corpi: comincia con il regicidio di Umberto I, continua con il martirio di Mat¬ teotti e arriva fino ad Aldo Moro nel bagaglio della Renault rossa». Uno dei capitoli del libro s'intitola «Mussolini buonanima», parafrasando il titolo d'uno scritto di Montanelli del 1947, «Il buonuomo Mussolini)). In che senso Mussolini diventa una «buonanima»? «La misura di violenza della guerra civile diventa da subito l'occasione se non il pretesto per prendere le distanze dall'antifascismo. Negli stessi anni in cui alla Costituente i "padri della patria" fondano la Repubblica "nata dalla Resistenza", nelle edicole e nelle librerie giornalisti e scrittori influenti come Malaparate e Montanelli colgono ogni occasione, comprese le avventure della salma del duce, per spiegare che dalla Resistenza non è nato proprio nulla, o comunque nulla di buono. E' quello che io chiamo l'anti-antifascismo, qualcosa di molto più sottile e insidioso che il neofascismo d'un Domenico Leccisi». Costui è il trafugatore della salma di Mussolini, circa un anno dopo la morte. Che cosa rappresenta quel trafugamento e quali sono le avventure della salma? «Nell'Italia del 1946, appropriarsi del corpo del duce significa coltivare la religione fascista della morte e significa anche dare al neofascismo curitto di cittadinanza, renderlo un fatto non più privato bensì pubblico. Non a caso un uomo come Domenico Leccisi avrà sempre vita difficile nel movimento sociale e ancora adesso si trova, a 78 anni, a contestare da destra Alleanza nazionale, perché un uomo come Leccisi, "il trafugatore del salmone", ricorda anche troppo alla destra italiana l'incarnazione delle origini e il carisma mussoliniano». Sulle circostanze in cui Benito Mussolini e Claretta Petacci vennero giustiziati, i comunisti mantennero a lungo il segreto, finché una campagna neofascista non li costrinse a dare la loro versione ufficiale e rendere pubblica la figura del partigiano Walter Audisio, il colonnello Valerio, che co¬ mandò l'esecuzione. Perché questo lungo silenzio? «In casa comunista, il "colonnello Valerio" ha testimoniato per anni un altro disagio, uguale e contrario al disagio missino. Perché questa sanguigna figura di partigiano rimandava al carattere anche troppo prosaico, militare della Resistenza, mentre il pei si compiaceva di alimentare il mito della Resistenza come movimento di massa, la leggenda di Mussolini giustiziato dall'intero popolo italiano». Per undici anni, dal 1946 al 1957, il corpo del duce, su decisione del governo, viene tenuto nascosto in un convento. A che cosa è dovuto questo occultamento? «E' dovuto secondo la versione ufficiale a una duplice intenzione: quella di proteggere il sepolcro di Mussolini dalle ingiurie degli antifascisti e, al tempo stesso, quella di evitare che pellegrini neofascisti possano individuare nel sepolcro un luogo della memoria. Nel 1957 Tambroni, ministro degli Interni, ritiene la Repubblica sufficientemente forte per ammettere la visibilità del sepolcro, ma solo tre anni dopo, nel luglio del 1960, da presidente del Consiglio, Tambroni stesso avrà modo di accorgersi che la Resistenza era ancora troppo recente perché i simboli non contassero». Alberto Papuzzi Ammùato, desideralo, idolatrato in vita, dopo l'uccisione oltraggiato e esposto come «pezzo di macelleria», trasformato dai media in pupazzo Dopo Piazzale Loreto, la storia della salma trafugala, nascosta, contesa: tra mito e memoria rivive lo scontro Resistenza-neofascismo otnss I cadaveri di Mussolini e Claretta Petacci a Piazzale Loreto. Sotto, da sinistra, Walter Audisio, che comandò l'esecuzione del duce, e Domenico Leccisi, il trafugatore della salma IL CORPO DEL DUCE Sergio Luzzatto Einaudi pp. 246 L 30.000

Luoghi citati: Buonanima, Genova, Italia, Milano, Parigi, Venezia