SOLITUDINE D'INFANZIA

SOLITUDINE D'INFANZIA SOLITUDINE D'INFANZIA Una favola della Tamaro TOBIA E L'ANGELO Susanna Tamaro Mondadori pp. 144, L 24.000 E' una bella collana, edita dalla Mondadori Ragazzi, che si chia^ ma Contemporanea: pubblica romanzi e racconti, scritti per i più giovani da alcuni dei più notevoli scrittori del Novecento: Graham Greene, Ted Hughes, Hanif Kureishi, Amos Oz, Jacques Prevert, Isaac Singer, James Thurber. Se fossimo un Paese rispettoso dei valori della letteratura, questa collezione meriterebbe molta maggiore attenzione di quanto mi dicono riscuota. In questa collana Susanna Tamaro ha già pubblicato due libri, Cuore di Ciccia e II cerchio magico, ed ora è uscito in libreria il suo terzo, che si chiama Tobia e l'angelo. Nella Galleria Sabauda della città in cui si pubblica «Tuttolibri», spicca, sotto questo titolo, uno dei più bei quadri, a mio modesto avviso, d'ogni tempo, firmato dal Pollaiolo: ma nel romanzo della Tamaro non siamo né nella Bibbia né nel Rinascimento italiano. Siamo anzi in una città italiana odiernissima e la protagonista della vicenda non è un bimbo, ma una bimba di otto anni e rotti, Martina. Tobia è soltanto il suo nom de jeu, quando, insieme al nonno vedovo, gioca per l'appunto a fare il cagnolino, nei giardinetti del solito, inumano condominio di periferia. Martina ha babbo e mamma, Ugo e Margherita: «Il papà, che un tempo faceva il meccanico, adesso non faceva più niente, mentre la mamma andava tutto il giorno in giro a pulire le case degli altri. Quando tornava la sera, aveva sempre mal di testa e, per farglielo passare, il papà si metteva a urlare». La prima metà di Tobia e l'angelo è, come avrete già inteso, la storia della solitudine di una bimba d'oggi: storia raccontata in uno stile spoglio, volutamente disadorno, e con risultati di grande efficacia e di immediata presa sul lettore. Se la Tamaro ha un tema che sa affrontare con spietata sincerità, questo è la separatezza (lo si è visto anche nei romanzi per adulti); se un registro stilistico sa far proprio, questo è il registro della malinconia. Quella che si sprigiona intorno a Martina, quella che da lei si irradia è una malinconia fonda, senza sosta né rimedio: e le pagine che ce la raccontano sono colme di trovate, delicate e struggenti. Martina, per esempio, soffre, proprio fisicamente, il linguaggio dei grandi, che, nonno a parte, è un «linguaggio-immondizia: lì si buttavano le cose inutili, le cose sciocche, le cose cattive che non si riusciva a mettere da nessuna parte». Odia andare a scuola, perché lì regnano «le parole-confusione: parole che sombrano importanti e che invece non volevano dire proprio niente». Proprio una serie di orribili voti a scuola (dieci «quattro» di fila) scatena l'ennesima rissa tra genitori, ognuno dei quali lascia il tetto coniugale, mentre il nonno, puntualissimo nelle sue due ristoratici visite settimanali, misteriosamente latita. Anche Martina allora se ne va di casa, abbandona gli altri che l'hanno abbandonata. A questo punto la Tamaro dismette quel tono di secco cronachismo, disperato e gramo, della prima parte per imboccare la via del realismo magico, sospeso tra realtà e sogno, tra sonno e vegliaLa fuga di Martina, tra supermercati e traballanti castelli di rifiuti in cartone e plastica, invece d'essere un viaggio nell'incubo della degradazione metropolitana, diventa un fiabesco rituale di iniziazione ad un senso nuovo, ad una rinnovata coscienza dell'esistere. E' quasi certo che questo cambiar modulo di racconto piaccia moltissimo ai lettori adolescentdella Tamaro, molto più proclivi a fantasticare ad occhi aperti di un incallito e smaliziato lettore adulto. Sta di fatto che Martina incontra, dapprima nelle vesti di un guerriero ninja, appollaiato su un videogioco, poi nel suo bel completo candido alare, il proprio angelo custode, che in questa seconda veste sarebbe piaciuto anche al Pollaiolo: e che quest'angelo le spieghi che deve «imparare a crescere dentro», «crescere come ogni forma dell'universo cresce per compiere il suo progetto»: senza il quale, «il destino ti scappa dalle mani come un aquilone in una giornata di vento»Siamo certi che i ragazzi d'oggi leggano (quando leggono) per meglio comprendersi. Ma uno scrittore non insegna raccontando, raccontando e basta? Guido Davico Bonino TOBIA E L'ANGELO Susanna Tamaro Mondadori pp. 144, L 24.000