Glass scruta l'anima dei Mostri di Sandro Cappelletto

Glass scruta l'anima dei Mostri Glass scruta l'anima dei Mostri Un felice debutto a Palermo per l'opera in tre dimensioni PALERMO. Nessuno di noi era lì, all'alba del mondo; ma sarebbe prezioso ritornarci, riscoprire la meraviglia di uno sguardo non stanco, la sensibilità di sensi non ancora usurati. Inseguendo quell'aurora, «guardando le nuvole che passano, andando al parco, osservando il panorama», Philip Glass e Robert Wilson hanno creato «Monster of Grace», opera digitale in tre dimensioni, presentata ieri sera in prima italiana ai Cantieri Culturali della Zisa, vec- chi padiglioni recuperati, simbolo stesso di questo Festival sul Novecento che, in soli tre anni, è diventato una realtà solida, e tutta indirizzata all'abbattimento delle frontiere tra linguaggi e stili. Sessantun anni, in carriera da 45, dal 1975 coautore di numerosi spettacoli di Bob Wilson, Glass è figura esemplare delle derive, degli incroci possibili tra latitudini musicali e culturali lontane. Ora, la sua musica incontra le liriche di Giulai ad-Din Rumi, poeta iraniano del Duecento. «Testi così diretti e belli che mi hanno suggerito di scrivere canzoni, non per cantanti pop, ma per voci più educate di professionisti. Ogni canzone una scena, un quadro di uno spettacolo che si è anche ispirato alla tradizione del cabaret». La canzone è una forma antica. Lei la scopre adesso? «E' un modo di comunicare diretto, e questo è lo scopo essenziale di un artista. Una forma popolare ancora possibile, priva del cerebralismo delle avanguardie. Scrivendole, mi sono goduto una libertà nuova, prima forse impedita dal timore della critica». Sempre dura la polemica con le avanguardie e soprattutto la scuola francese di Pierre Boulez? «Non c'è polemica perché ci ignoriamo, così come lui ignora il problema della comunicazione. Comunque ho un bel ricordo dei miei anni parigini, quando studiavo armonia e contrappunto con Nadia Boulanger». Dopo Parigi, vennero l'Asia e l'India e lo studio dei tabla sostituì l'iniziale passione per il flauto. Glass iniziò, come Steve Reich e Terry Riley, a scrivere «minimal music», scandita da un'insistita ripetizione ritmica, variata da brevi mutazioni armoniche, da cambi di passo nella melo¬ dia... «Amo molto lavorare per il cinema e il teatro, ma solo se ho la possibilità di pensare insieme lo spettacolo, come accade sempre con Wilson. Detesto invece scrivere musica per Hollywood: ti chiamano a cose finite, ti danno una settimana di tempo, non c'è modo di discutere, non è possibile creare. Io preferisco lavorare con il regista a partire dalla sceneggiatura». Dopo dodici colonne sonore, il debutto, breve, come attore è avvenuto in «The Truman Show» di Peter Weir. «Un minuto appena, ma ero molto ansioso per questa presenza e continuavo a chiedere a Peter se per caso nel montaggio non avesse deciso di tagliarmi». Per poter scrutare l'anima di questi «Mostri della grazia» è indispensabile indossare gli occhiali che consentono una vista tridimensionale: le immagini disegnate da Wilson ed elaborate al computer si espandono in sincronia con il testo, ora con riferimenti evidenti, ora con associazioni più libere. Glass e il suo Ensemble suonano dal vivo, e ancora una volta la sintonia tra le due poetiche appare funzionale. «Non c'è una struttura narrativa forte, si procede per sensazioni, le tre dimensioni sono anche quelle del testo, delle immagini, della musica, che richiedono un'attenzione totale, eppure non invasiva». Una tendenza sempre più diffusa, quella di creare performance visive e acustiche: nella stssa direzione si è mosso Brian Eno nel suo ultimo allestimento a Bonn, lo scorso agosto. «La forma tradizionale dell'opera è finita: è dal tempo dì "Einstein on the beach" che con Bob stiamo lavorando con questa consapevolezza. E sono certo che continueremo a farlo». Dopo Palermo (repliche fino a domenica), lo spettacolo andrà al Roma Europa Festival. Poi, le strade dei due artisti si separeranno: Bob Wilson sta preparando un nuovo spettacolo il cui testo è tratto dalle riflessioni di Umberto Eco. La musica verrà affidata a Sakamoto. Sandro Cappelletto

Luoghi citati: Asia, Bonn, Europa Festival, Hollywood, India, Palermo, Parigi