La supertestimone regge il confronto di Francesco Grignetti

La supertestimone regge il confronto Processo Marta Russo: dopo il faccia a faccia tra la Alletto, Scattone e Ferraro restano le due verità La supertestimone regge il confronto Oggi i due imputati potrebbero avere gli arresti domiciliari ROMA. Ieri è stato il giorno delle emozioni forti per il confronto, faccia a faccia, tra l'accusatrice Gabriella Alletto e gli imputati Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. L'Alletto poteva crollare. E' finita che proprio lei li esortava a confessare. «E' quello che dovete fare». Ma oggi potrebbe essere il giorno delle sorprese, perché la corte d'assise si esprimerà sulla scarcerazione dei due assistenti universitari. Gli avvocati difensori di Scattone e Ferraro ci sperano. «Per quanto riguarda il pericolo di inquinare le prove - dice l'avvocato Manfredo Rossi, che difende Scattone - molte testimonianze ci sono già state. Quanto alla reiterazione del reato, chi può pensare che Scattone, con tutti i guai che ha, si metta a sparare dalla finestra di casa sua?». La pubblica accusa continua a essere contraria: «Il pericolo di inquinare le prove si è ulteriormente accentuato», sostiene Italo Ormarmi, procuratore aggiunto. Se la corte si pronunciasse a favore, però, oggi stesso Scattone e Ferraro (in carcere da sedici mesi) potrebbero andare agli arresti domiciliari. Si può cominciare a parlare di arresti domiciliari anche perché è ormai archiviato un passaggio cruciale del processo: il confronto tra le verità contrapposte dei protagonisti. Come si annunciava, tutti sono rimasti fermi sulle loro posizioni. Gabriella Alletto: «Io vi ho visti, Scattone e Ferraro». E i due: «Noi non c'eravamo. Lo dice perché pressata». Scattone è quello che perde di più la calma e a un certo punto esplode: «Lei TU giugno non accusava nessuno perché non sapeva chi accusare. Il mio nome glielo hanno fatto il 14 giugno». Un riferimento all'interrogatorioclou del 14 giugno 1997, nelle stanze della Digos romana, quando l'Alletto cambiò clamorosamente versione. Quest'affermazione potrebbe costare a Scattone anche una denuncia por calunnia. I funzionari della Digos presenti in aula hanno parlottato a lungo, visibilmente alterati. Ma è la fermezza di Gabriella Alletto, incalzata ora da Scattone, ora da Ferraro, che si gioca vano il tutto per tutto, che va re gistrata. Li ha fissati negli occhi e ha ripetuto le sue accuse da ergastolo. Non sono servite ironie, blandizie, richiami all'affetto i farle cambiare una parola. Tanto che lei dirà, sedendosi vicina agli avvocati: «E' andata bene». Soddisfatta di sé. Commenta il padre di Marta, il professor Donato Russo: «Sono profano di diritto, ma Gabriella Alletto oggi ha confessato la verità. Io non voglio fare interpretazioni. Parlo di quello che ho vi- sto emergere dal dibattimento». Viceversa, è sottotono il commento dell'avvocato Manfredo Rossi, legale di Scattone: «Non pretendevamo nulla di più. Certo non ci aspettavamo che la signora Alletto crollasse...». E passano in secondo piano i testimoni della difesa. I quali vengono portati davanti alla corte per cercare di demolire la testimonianza dell'Alletto. Irene Castiglia, neolaureata in legge, racconta: «Erano le 12,15, mi trovavo in sala lettura. A un certo punto entrò Gabriella Alletto, si affacciò alla finestra e cominciò a chiedere cosa fosse successo. Nel vialetto c'erano poliziotti e molte persone». Oppure Giuliana Ragno, impiegata alla segreteria di Giurisprudenza: «Intorno alle 13, incontrai Gabriella Alletto davanti ai bagni. C'era già un poliziotto che li presidiava. Lei mi disse della ragazza che si era sentita male. Io precisai che le avevano sparato. Si stupì. Mi disse: il professor Romano mi ha detto che era un malore». Francesco Grignetti La segretaria chiude la deposizione esortando i due ricercatori «Voi dovete confessare» La difesa porta in aula due testi per cercare di demolire la ricostruzione dell'accusatrice

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