«Condannate il generale Delfino a 8 anni»
«Condannate il generale Delfino a 8 anni» L'ufficiale: «Di me hanno detto tutto, potrebbero tirarmi in ballo per Kennedy e Gandhi» ? «Condannate il generale Delfino a 8 anni» Accusa di concussione nel caso Soffiantini, oggi la sentenza BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO «Com'è, questo giudice?», si informa il generale dei carabinieri Francesco Delfino. In attesa di avere risposta - la sentenza di Anna Di Martino è prevista per oggi - fa in tempo a conoscere il procuratore di Brescia Giancarlo Tarquini. Che per lui chiede una condanna a 8 anni di carcere per concussione, il massimo della pena meno un terzo abbuonato per il rito abbreviato, più l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. «Me l'aspettavo una richiesta così, sconto il clamore su tutta la vicenda», incassa il generale. «Non ci stupiamo nemmeno», gli fa eco Pierfrancesco Bruno, uno dei suoi due avvocati, insieme a Raffaele Della Valle. «Non potevamo certo dargli le attenuanti...», rincara la dose Antonio Chiappani, in aula a sostenere l'accusa con mezza procura, dal capo a Fabio Salamone e Luca M asini. «Il fatto è che non ci sono alterna¬ tive, la verità o è la mia o è la loro», non accetta mezze misure il generale. E ancora una volta nega di aver preteso quel miliardo dai figli dell'imprenditore Soffiantini, in cambio di un aiuto per liberare il loro padre, allora ancora nelle mani dei sequestratori. A portargli il danaro fu Giordano Alghisi, amico dei Soffiantini, pure lui finito sotto inchiesta e poi prosciolto. «Non è vero, quei soldi dovevano servire per l'acquisto da parte di Alghisi della mia villa di Meina. Quella delle 40 stanze e il parco immenso, come hanno favoleggiato i giornalisti...», assicura lui. Che non nega di avere preso i soldi, anzi si dice pronto a risarcirli, ma esclude che servissero per un suo interessamento per la liberazione dell'ostaggio. «E poi era due anni che dirigevo le scuole dell'Arma, che indagini potevo fare...», mette le mani avanti il generale, chiamato «Giaguaro 1» quando combatteva contro l'Anonima sequestri, detto lo «Squalo» dai detrattori che non gli hanno mai per¬ donato una condotta disinvolta delle indagini e degli informatori. «Di me è stato detto di tutto, chissà che non tirino fuori anche il fatto che c'entri con Kennedy e con Gandhi», sorride amaro. «Per aggravare la mia posizione, i pm in aula hanno detto che potevo diventare pure vicecomandante generale dei carabinieri. Chissà che non sia por questo...», lascia lì sospese le parole, che portano a complotti, a manovre, a giochi di potere di cui lui sarebbe la vittima. «I miei guai sono arrivati dopo l'arresto di Riina. Mi sono arrivati cinque avvisi di garanzia, poi si è fatto avanti Alghisi». «Io sono ancora un uomo delle istituzioni, non sono la Spectre di James Bond», si irrigidisce, quando gli chiedono se ha stretto le mani ai magistrati. «Ma sono anche quattro mesi che non posso parlare», fa i conti del carcere e degli arresti domiciliari. Revocati giusto ieri dal giudice, unica eccezione accolta dopo aver respinto l'istanza di trasferimento del processo ad altra sede. «Io ho avuto sei incontri, con Alghisi. Più qualche telefonata che mi faceva lui», spiega in aula Delfino. E smentisce: «Ma vi pare che avrei potuto minacciarlo, dicendogli "Ti sparo in bocca..." per avere più soldi, nella hall di un albergo pieno di giornalisti per Ronaldo... E se avesse reagito?». «Perché hanno fatto diventare un'operazione commerciale, la compravendita della mia villa, un'altra cosa?», si accalora appena. E come un imputato riguardoso, un signore d'altri tempi, accenna appena un inchino al passaggio del giudice Di Martino. „ Fabio Potetti ? Il generale dei carabinieri Francesco Delfino
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