Giusva rivede Roma, 18 anni dopo

Giusva rivede Roma, 18 anni dopo PERMESSO PREMIO A FIORAVANTI Giusva rivede Roma, 18 anni dopo Concessi quattro giorni a lui e alla moglie ROMA I sembra una città di plastica», commenta mentre cammina per le strade del centro, dal commissariato a casa. «Tutti questi turisti, le pizzerie ovunque, i negozi di souvernirs...». Certo è un'altra Roma rispetto a quella di vent'anni fa, quando passando per queste stesse strade con il giornale sbagliato in tasca o i capelli troppo lunghi (o troppo corti) si rischiava un colpo di spranga o di pistola. Ne ha tirate tante pure lui, di sprangate e pistolettate, in quegli anni di odio e di piombo. Al posto di polizia l'hanno riconosciuto subito: «Lei è Fioravanti, vero? La stavamo aspettanto», ha detto un agente. «Sì, e questa è mia moglie, Francesca Mambro», ha risposto lui, da marito fiero e galante. Hanno sbrigato le «formalità di rito», l'identificazione, la firma, la comunicazione deU'indirizzo dove vivrà agli arresti domiciliari fino a sabato. Poi di nuovo in strada, a piedi verso casa. A passo lento, per guardarsi intorno e prendere un po' d'aria che non sia quella arrugginita del carcere che respira da 17 anni, 8 mesi e un giorno. Il Collegio romano, il Pantheon, piazza Colonna. Il gelato in quel buco dove lo zabaione è buonissimo, accanto al ristorante dei politici e dei giornalisti. Senza che nessuno lo riconosca. «Meno male...». Dal 5 febbraio 1981 è la prima volta che mette il naso fuori da sbarre e porte blindate, la gente gU scivola accanto e lui scruta ogni volto, ogni novità: «Ahò, tutti co 'sti telefonini...». Ma pure le cabine telefoniche sono cambiate, gli autobus, i taxi, le macchine, i rumori. Infine a casa, l'ultimo piano di un palazzo del centro storico, bella e confortevole. Francesca guarda in alto, verso l'abbaino: «Ci sono le sbarre pure qui!». Valerio sorride: «Però sono più piccole. E' un canunino lento, piano piano speriamo di arrivare a non vederne più». Giuseppe Valerio Fioravanti detto «Giusva», 40 anni, ex-attore bambino di successo e poi terrorista nero, capo fondatore dei Nar, Nuclei armati rivoluzionari, otto ergastoli per altrettanti omiddi confessati più uno per la strage di Bologna sempre negata, anche dopo la con- danna definitiva - ha ottenuto il primo permesso premio per uscire di prigione, quattro giorni di arresti domiciliari, divieto di contatto con ^chiunque che non sia parente stretto. E ora siede su una poltro- na davanti al camino spento, in jeans e maglietta, vicino alla moglie Francesca Mambro, che ha vissuto la stessa sciagurata avventura (è stata arrestata un anno dopo, nell'82) e da qualche mese ha ottenuto di lavorare fuori dal carcere per Nessuno tocchi Caino, associazione del partito radicale contro la pena di morte. Non ha occhi che per lei, Valerio; una storia d'amore che ha resistito a tanti anni di carcere, intrecciata con molte altre storie di violenza e di morte, di nemici ammazzati e di amici lasciati sull'asfalto, di eliminazioni decise a tavolino e di gente uccisa per sbaglio. Pure loro, adesso, sono qui per caso: li presero dopo due conflitti a fuoco - prima uno e poi l'altra - dai quali si salvarono per miracolo, «grazie a dei dottori che ci hanno ricucito bene». Storie passate ma non dimenticate, né da loro né dalle vittime. «C'è una legge che permette queste cose e la rispettiamo, anche se non siamo assolutamente d'accordo; chi s'è macchiato di cosi gravi delitti non deve avere queste agevolazione», commenta Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione familiari delle vittime della strage di Bologna, 85 morti e 200 feriti, 2 agosto 1980. «Ma noi con quella strage non c'entriamo, prima o poi riusciremo a dimostrarlo», risponde Francesca Mambro. All'ora di pranzo il telegionale parla di altri omicidi. Quello di Mar- ta Russo, per esempio, e Fioravanti dice alla moglie; «Uno dei due imputati, Ferrara, sta da noi (nel carcere di Rebibbia, ndr) e suona nel complesso. Paro sia bravo». Si passa al delitto Calabresi c alla possibilità di rifare il processo contro Sofri e gli altri ex di Lotta continua: «Buon per loro, speriamo che la stessa possibilità sia data anche a noi», chiosa Francesca. Valerio scuote la testa: «Per noi la revisione è ancora lontana. Speriamo che dal processo di Milano su piazza Fontana vengano le conferme al nostro alibi. A proposito, bisognerebbe ritrovare i primi verbali che abbiamo fatto, mi pare che lì ci sia qualcosa da rileggere...». Per la giustizia la strage di Bologna è un caso chiuso, ma per gli unici due condannati no. In carcere Fioravanti ha avuto dalla moglie la requisitoria dei pm romani sulla strage di Ustica, avvenuta un mese prima. «Ci sono cose interessanti le dice -, perché finalmente la pista libica per Bologna prende corpo. Noi ci eravamo dimenticati che in quel periodo c'erano gli omicidi dei dissidenti in Italia, le tensioni con Gheddafi». Nei ragionamenti della coppia, un'ipotesi si fa strada: «Se a Ustica è stata una bomba, la stazione può essere la reiterazione di un attentato non compreso; se è stato un missile che era destinato a Gheddafi, invece, Bologna ò una vendetta. Forse la verità è proprio questa, qualcosa di simile alla strage di Lockerbie, in Inghilterra». Ipotesi che per incidere sul destino dei due ex-terroristi dovrebbero diventare prove davanti a una corte d'assise: un percorso lungo e tutto hi salita. Ma oggi il tempo è tutto per loro due, per la prima volta insieme fuori da un carcere, dopo quasi diciott'anni. Valerio non si stacca un momento da Francesca, papà Mario capisce e si tiene in disparte. Fioravanti gira per casa, cerca e tocca gli oggetti appartenuti a sua madre, morta che lui stava già in galera. Da latitante, una volta, andò a trovarla in ospedale con un mitra nascosto sotto il cappotto; quel giorno c'era pure Francesca, che adesso confida: «Lui cerca di trattenersi, ma ha avuto momenti di forte emozione». Giovanni Bianconi pdei terroristi rivendicano però con forza dai nostri politici la stessa attenzione che la magi- qdia, può commentare: «Lui è bolo di una generazione che hgliato per nobili ideali. QuestGiusvaConcessidanna definitiva - ha ottenutmo permesso premio per usprigione, quattro giorni di domiciliari, divieto di conta^chiunque che non sia parentto. E orsu una Giuseppe Valerio Fioravanti detto «Giusva», 40 anni, terrorista nero fondatore dei Nar. Sopra la moglie, Francesca Mambro Giuseppe Valerio Fioravanti detto «Giusva», 40 anni, terrorista nero fondatore dei Nar. Sopra la moglie, Francesca Mambro