Zeri, addio fra le lacrime

Zeri, addio fra le lacrime A Roma i funerali del critico: ha cercato di riscattare il suo Paese Zeri, addio fra le lacrime «E' il padre che tutti avremmo voluto» ROMA. La conferma che Federico Zeri fosse uomo capace di muovere forti emozioni s'è avuta ai suoi funerali. Le commemorazioni di ieri mattina sono rapidamente passate dal tono ufficiale e quello più intimo, con vertici di sofferenza autentica e improvvisi scoppi di pianto per la perdita di un amico speciale e di un grande della cultura dei nostri tempi. Dalla piccola Sala degli Aranci, nel complesso monumentale di San Michele, il feretro è stato spostato di qualche metro, nella Sala del Consiglio nazionale dei Beni Culturali, che vide il critico partecipare a molte sedute in veste di vicepresidente. A rendergli omaggio, il ministro Veltroni, solenne nella celebrazione dello studioso, quanto commosso e partecipe nel ricordare l'uomo: «Si è amati e avversati quando si. ha temperamento, passione e carattere. Quando si è persone vive». Presenti anche il sindaco di Roma, Rutelli, il sottosegretario Micheli, il direttore dei Beni Culturali, Serio, intellettuali, amici. La Stampa, cui Zeri collaborò fin dal 1982, firmando ancora pochi giorni fa la copertina dell'inserto Cultura, era rappresentata dal suo direttore. Giuseppe Chiarante, coordinatore del Consiglio nazionale dei Beni culturali, ha ricordato il suo costante «richiamo critico alla concretezza». Il direttore, Mario Serio, ha parlato del rapporto di Zeri con le istituzioni, «mai pacifico, spesso tumultuoso». E ha rievocato i «colloqui franchi» avuti con lui nella sua villa museo, a Mentana. Incontri «senza infingimenti diplomatici». E' stata, quindi, la volta dell'archeologo Antonio Giuliano. «Quarant'anni di amicizia discreta - ha esordito - iniziata, forse, a casa di Pietro Toesca (di cui Zeri fu allievo, ndr.), che mai ha superato la soglia del "lei"». Un'amicizia che ha spezzato la voce allo studioso nella nostalgia per un amico «ispido e malinconico» che viveva «nel dissidio, mai superato, tra il mondo antico e quello presente». Accompagnate da un singhiozzo le ultime parole: «Un uomo che ha cercato, fin che ha potuto, di riscattare il suo Paese che amava più di se stesso». «A nome dei suoi allievi» ha preso la parola lo scrittore Roberto D'Agostino, commosso e colpito da quello stupore che sempre assale di fronte alla morte improvvisa. E ha parlato di Zeri come di un secondo padre, «il padre che avremmo voluto. Un oracolo vivente». E poi Fabio Roversi Monaco, rettore dell'Università di Bologna, erede della collezione Zeri, Mina Gregori, dell'Università di Firenze, Fabrizio Lemme, l'amico di sempre, che ha ricordato, con la voce rotta dal pianto, quando la domenica mattina andava a trovarlo e se ne tornava a casa «sempre con un'idea in più e senza la fatica deU'apprendimento». Che avrebbe detto Federico Zeri se fosse stato presente? Ci ha pensato D'Agostino a richiamare un pizzico di quel suo carattere passionale e dissacrante, leggendo una filastrocca-testamento che Zeri amava ripetere ai suoi amici. Dopo la cerimonia, la tumulazione al cimitero del Verano. [d. dan.) Guardia d'onore dei carabinieri davanti al feretro dello storico e critico d'arte Federico Zeri

Luoghi citati: Mentana, Roma, Zeri