In Russia la Contestazione d'Ottobre

In Russia la Contestazione d'Ottobre Scioperi e dimostrazioni in tutto il Paese per chiedere le dimissioni di Eltsin, nessun incidente In Russia la Contestazione d'Ottobre I sindacati: in piazza 25 milioni. Il ministero: 700 mila MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Forse meno di quello che si aspettavano gli organizzatori, certo un imponente risultato. Almeno cinquantamila a Mosca, sotto un sole freddo, decine di migliaia a Ekaterinburg, sotto la bufera di neve, altre decine di migliaia a San Pietroburgo. Dall'Estremo Oriente fino al Baltico, regione dopo regione, fuso orario dopo fuso orario, ieri la Russia è scesa nelle strade sotto bandiere che più miste non si poteva: dai sindacati più morbidi ai comunisti più intransigenti, ai monarchici, fino all'ultimo e più piccolo dei sindacati, quello degli agenti di Borsa: 300 membri. Parola d'ordine ufficiale: abbasso le riforme antipopolari. Parola d'ordine dilagante, in tutti i comizi e su gran parte degli striscioni: Eltsm si dimetta. In tutte le salse, dal serio al faceto. Nonostante il disastro economico e la rabbia di milioni (le cifre dei partecipanti oscillano da quella dei sindacati, che parla di 25 milioni, a quella del ministro della Giustizia, che parla di 700 mila) sbalorditivo il risultato di ieri sera: neanche un incidente, neanche un ferito, solo un morto d'infarto a Mosca. E' dunque una vittoria di Primakov, che può contare adesso sul fatto, non meno sbalorditivo, che neanche un cartello lo ha insultato. A riprova che i comunisti di Ziuganov non lo considerano un nemico. Il leader comunista, anzi, ha deciso di tenere ieri un profilo basso e defilato rinunciando addirittura a parlare alla folla riunitasi sotto le cupole di San Basilio. E ciò sebbene le bandiere rosse fossero debordanti rispetto al piccolo drappello di quelle azzurre e verdi dei sindacati. Vale, per tutti, il giudizio di un collega russo che mi accompagnava lungo il corteo: «Puoi immaginarti cosa sarebbe accaduto oggi, in piazza, se al governo ci fosse stato uno di quelli che hanno preceduto Primakov?» L'osservazione veniva spontanea, del resto, guardando sfilare il drappello dell'Unione degli Ufficiali di Smolensk. Non anziani signori e vecchiette con i ritratti di Stalin: quelli sono giovanotti in tuta mimetica, in servizio ef¬ fettivo presso il ministero degli Interni, o ufficiali della fanteria appena congedati. E più indietro sfilano drappelli di studenti, e di operai nel pieno vigore fisico. «Se le cose si mettessero male commenta un altro giovane collega - non sarebbero i vecchi militanti comunisti a fare il cattivo tempo». Anche il generale Lebed, governatore di Krasnojarsk, è sceso in piazza a fianco dei dimostranti e dei militanti del suo partito «popolare repubblicano». Richiesto dalle televisioni se condivideva lo slogan «dimissioni di Eltsin», ha risposto che «se i leader di un Paese non rispondono alle attese è meglio che se ne vadano». Jurij Luzhkov, sindaco di Mosca, non si è fatto vedere alla manifestazione, e quando qualcuno dei suoi fan ha gridato «Luzhkov presidente», dalla folla si sono levati fischi. Ma tutto è stato contenuto nell'ambito di una civile contesa. Anche il fatto che, invece di tre distinti cortei, alla fine ne sia risultato uno solo, dice che organizzatori e manifestanti hanno ritenuto di comune accordo più vantaggioso dare una dimostrazione di forza congiunta. Sul carro delle manifestazioni, del resto, sono saliti in fretta decine di governatori delle Regioni e di presidenti delle Repubbliche autonome che costellano la Russia. Poiché nessuno più difende il Cremlino, ormai per tutti divenuto il capro espiatorio di ogni nequizia, la protesta ha finito per diventare quasi «istituzionale». Chi vuole essere rieletto non può esimersi dal condividere la protesta popolare. Anche per questa ragione, per questa singolare unanimità, i 15 mila poliziotti e militari del ministero degli Interni che solo a Mosca erano stati mobilitati fin dalla sera precedente, sono rimasti felicemente disoccupati. La capitale, fin dalla mattina, appariva decisamente più sgombra del solito. Niente code di auto, nessun ingorgo. C'era molta ansia, alla vigilia, al punto che diverse ambasciate avevano consigliato i loro cittadini a non uscire di casa. E l'ansia si era trasferita anche sui moscoviti che, per conto loro, avevano deciso di tenersi alla larga. Ma i curiosi, comunque, non mancavano. Tanti, lungo le strade percorse dal corteo, da uguagliare i manifestanti. E, cosa non meno inusuale nella Russia di questi anni, le televisioni hanno dato conto dell'accaduto fedelmente e senza commenti velenosi. Inclusi gli slogan contro il presidente. Tutto bene, a prima vista. Non fosse che i conti della Russia sono tutti in rosso. E, se non si troverà il modo di pagarli, quella del 7 ottobre potrebbe rapidamente diventare una breve, quieta e civile parentesi in un panorama assai più turbolento. Giulietta Chiesa Niente slogan contro Primakov. In corteo a Krasnojarsk anche il generale Lebed sISj D