«Americani, sull'impeachment pronunciatevi voi» di Andrea Di Robilant

«Americani, sull'impeachment pronunciatevi voi» Soros, Rockefeller e Schlesinger comprano una pagina sul New York Times per chiedere solo una censura «Americani, sull'impeachment pronunciatevi voi» Clinton si appella al Paese alla vigilia del voto della Camera WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Devono votare secondo coscienza», dice Bill Clinton alla vigilia del voto della Camera sul suo impeachment, mostrandosi nei panni dell'osservatore rassegnato. «Ormai il mio destino è nelle mani di altri. E a un certo punto il popolo americano dovrà pronunciarsi con chiarezza su questa vicenda». Ma dietro le quinte il Presidente si attacca furiosamente ai telefoni per cercare di limitare i danni. L'esito del voto odierno è scontato. La Camera, dominata dai repubblicani, voterà a grande maggioranza per avviare l'inchiesta sul Presidente. L'incertezza riguarda i deputati democratici: quanti di loro voteranno con i repubblicani? La Casa Bianca ha lavorato di buona lena nei giorni scorsi per limitare il numero delle defezioni. E il Presidente ha ammesso ieri di aver telefonato personalmente a un buon numero di deputati ancora incerti. Se l'esodo sarà contenuto (20-30 deputati), Clinton e il suo entourage canteranno vittoria sostenendo che la corsa all'impeachment è partigiana e «politica». I repubblicani, dal canto loro, vogliono imbarcare un buon numero di democratici - soprattutto moderati del Sud - per dare la massima legittimità possibile al processo. Non è pensabile, dicono molti osservatori, un impeachment del Presidente sostenuto dai soli repubblicani. Tanto più che se si arriverà al processo vero e proprio, ci vorrà ima maggioranza dei due terzi al Senato per rimuovere il Presidente - e i repubblicani non ce l'hanno. La Camera approverà oggi una risoluzione «aperta», che non limita l'inchiesta alla sola vicenda Lewinsky e non fissa alcuna scadenza. Ma nel Paese c'è così poco appetito per le audizioni-fiume che si prospettano, che le pressioni sui repubblicani per trovare una via d'uscita alternativa dopo le elezioni del 3 novembre diventano sempre più forti. Il messaggio che viene dai distretti congressuali è univoco: gli elettori non vogliono più sentire parlare di questa storia. E i consulenti politici stanno consigliando a tutti i loro clienti candidati democratici e repubblicani - di «mollare» il tema Lewinsky in campagna elettorale. Ieri un gruppo di eminenti cittadini ha acquistato una pagina pubblicitaria sul New York Times per lanciare un appello pubblico contro l'impeachment del Presidente e a favore di una mozione di censura del Congresso. «Alcuni di noi sono a favore delle sue dimissioni, altri sono contrari - dice l'appello - ma nessuno vuole l'impeachment». Tra i firmatari il banchiere Da¬ vid Rockefeller, lo storico Arthur Schlesinger, il finanziere George Soros. L'aspetto paradossale di questa vicenda è che si arriva a un momento-chiave - dopotutto è solo la terza volta nella vita degli Stati Uniti che la Camera approva l'avvio di una procedura di impeachment - e la tensione sembra addirittura calare. Non a caso il voto di oggi sarà un'operazione veloce. Il dibattito è stato limitato ad appena un'ora - i deputati non ci tengono ad essere ripresi dalla televisione mentre parlano della vicenda Lewinsky - e in un paio d'ore, tre ore al massimo, la Camera darà formalmente il via all'inchiesta contro il Presidente. A quel punto l'iniziativa tornerà alla Commissione Giustizia, che dovrà cominciare a programmare le audizioni e a chiamare i testimoni. Ma nell'immediato l'attenzione si sposterà sulla campagna elettorale. Il 3 novembre l'intera Camera sarà rinnovata (assieme a un terzo del Senato), e sarà l'esito di quel voto a dirci se i repubblicani vorranno davvero andare fino in fondo. Andrea di Robilant

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