Una piccola Camp David a Washington il 15 ottobre di Aldo Baquis

Una piccola Camp David a Washington il 15 ottobre MEDIO ORIENTE Il leader palestinese ha invitato a colazione a Gaza il primo ministro israeliano e gli ha regalato una scatola di sigari Avana Una piccola Camp David a Washington il 15 ottobre Summit a oltranza Arafat-Netanyahu TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Sottoposti a energiche pressioni del segretario di stato Madeleine Albright, il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Yasser Arafat hanno stabilito che andranno a Washington il 15 ottobre per partecipare a un summit ad oltranza, analogo a quello di 20 anni fa a Camp David, fra Menachem Begin e Anwar Sadat. Allora i colloqui si conclusero con un accordo di pace fra Israele ed Egitto. Questa volta la meta è più modesta: concordare la realizzazione degli accordi di transizione relativi al¬ l'autonomia palestinese raggiunti quattro anni fa e bloccati da 19 mesi. Al termine di sei ore di serrati colloqui al valico di Erez (fra la striscia di Gaza e il territorio israeliano) il segretario di Stato ha annunciato che «importanti progressi» sono stati compiuti. I due leader coprendono adesso «il senso di urgenza» e fra di loro, ha aggiunto, si è creato «un nuovo spirito di cooperazione» che lascia ben presagire per il futuro. Arafat ha invitato Netanyahu a pranzo a Gaza e gli ha regalato una scatola di sigari cubani. «Ma non sono nata ieri - ha subito aggiunto la Albright. - Restano ancora aperti tanti problemi, su cui loro dovranno prendere decisioni». «Una cosa è certa: al summit di Washington il presidente Bill Clinton prenderà parte attiva ai colloqui, entrerà anche nei dettagli» ha detto ancora la Albright, e non era chiaro se fosse una promessa o una minaccia. Poche ore più tardi Netanyahu, con un atto interpretato come uno schiaffo ai mediatori statunitensi, ha riconosciuto lo status di città all'insediamento ebraico di Ariel, nella Cisgiordania promessa ai palestinesi. Nella cerimonia ufficiale il premier oltretutto ha affermato che gli insediamenti continueranno ad espandersi: «Noi stiamo costruendo e continueremo a costruire». Gettando altra benzina sul fuoco delle polemiche, il sindaco di Ariel, Ron Nachman, strenue oppositore degli accordi sull'autonomia ai palestinesi, ha detto che sono all'esame piani per portare la popolazione della città dalle attuali 17 mila persone a 30 mila e per la costruzione di 3000 nuove unità abitative. Tutte dichiarazioni destmate a riaccendere gli animi dei palestinesi che denunciano la politica espansionistica israeliana come una violazione agli accordi di Oslo sull'autonomia. Nella fase di transizione ira l'autonomia palestinese e l'avvio dei negoziati sull'assetto definitivo nei Territori, Israele si era impegnato a compiere tre ritiri parziali. 1 palestinesi avevano compreso che avrebbero ricevuto il 90 per cento del terreno: ossia, tutta la Cisgiordania meno le colonie ebraiche, le basi militari e le aree di confine. Ma nel 1996, subito dopo l'avvento al potere, Netanyahu ha chiarito che Israele avrebbe sostenuto a spada tratta una lettura restrittiva degli accordi. Il primo ritiro è stato respinto dai palestinesi dopo che Netanyahu aveva proposto loro 1' 1,5 per cento della Cisgiordania. Ieri si è parlato del secondo ritiro parziale (13,1 per cento I e del terzo. Sul secondo, ha detto la Albright, si è vicini a un'intesa dopo che - controvoglia - i palestinesi hanno accettato che un quarto dell'area sia dichiarata «riserva naturale». Ma sul terzo ritiro le posizioni sono lontanissime: Arafat vorrebbe una fetta cospicua della Cisgiordania, Netanyahu parla di un ridispiegamento simbolico. Arafat da parte sua ha insistito per sentire da Netanyahu un impegno a congelare la politica di insediamento. La risposta indiretta gli è arrivata con la cerimonia e le dichiarazioni di Netanyahu ad Ariel. Su una delle questioni più scottanti - quella della prevenzione e della repressione del terrorismo di Hamas, le cui strutture continuano ad estendersi nelle zone di autonomia secondo l'intelligence militare israeliana - gli Stati Uniti hanno cercato di avvicinare le posizioni inviando a Gerusalemme il capo della Cia, William Tenet, che ha incontrato i responsabili dei servizi segreti delle due parti. Netanyahu avverte su di sé il fiato dell'opposizione di destra. «I termini sono ciliari - ha detto Hannan Porat, un dirigente del Partito Nazional-Religioso -. Se Netanyahu conclude il ritiro in Cisgiordania, andiamo ad elezioni anticipate». Intanto Netanyahu va a Washington e, per prudenza, si fa accompagnare dal ministro della Difesa Yitzhak Mordechai e dal «falco» del Likud Ariel Sharon. Per ottenere l'acquiescenza di quest'ultimo, gli ha fatto balenare una possibile nomina a ministro degli Esteri. Aldo Baquis Ma poche ore dopo il premier frena «Stiamo costruendo e continueremo a costruire altri insediamenti» Il premier israeliano Netanyahu (sinistra) con il presidente Arafat