Spunta il «fattore Kosovo» di Filippo Ceccarelli
Spunta il «fattore Kosovo» L'azione militare verrà decisa nel giorno della fiducia? Spunta il «fattore Kosovo» Slohodan Milosevic e Francesco1ROMA L Kosovo! - urla rivolto a Prodi un agitatissimo Calderisi dai banchi berlusconiani -. Parlaci del Kosovo!». Ritto in piedi con i suoi bei fogli in mano, il presidente del Consiglio si limita a dargli un'occhiata di sbieco e comunque se ne guarda bene di parlare del Kosovo. Si capisce. In questa specie di crisi, Prodi ha già avuto ampiamente da vedersela con Kossiga e con Kossutta perché ci si metta pure la terza «K». E poi: che potrebbe dire? Che l'Italia frena qualsiasi intervento? Che rischia di restare isolata? Che l'azione militare estrema iella - verrà forse decisa proprio nel giorno della fiducia? In teoria, purtroppo, il Kosovo si presenta come una questione tanto drammatica quanto ancora incompiuta e rischiosa. Questo dovrebbe bastare a mantenerla (per quanto possibile) separata dalle più inconcludenti e concitate beghe caserecce. 0 almeno: i massacri dei civili e i motori accesi dei bombardieri avrebbero dovuto consigliare di non confondere quella guerra con la staffetta o le elezioni anticipate. Auspicio vano. Quando ieri mattina Calderisi ha strillato e Prodi ha fatto finta di niente, il Kosovo era da tempo ben in vista sulle bancarelle virtuali del Transatlantico. Pretesto per mosse, contro-mosse, segnali, ammiccamenti dietro i quali, in più di un'occasione, è parso di cogliere poco di nobile e molto di strumentale. Forse eia anche inevitabile. Ma certo Cossiga ha capito per primo che buttare il Kosovo tra le gambe del governo pencolante era anche il miglior modo per interrompere il negoziato con i cossuttiani, verosimilmente contrari ad ogni intervento Nato. Ebbene, l'ex Capo dello Stato non ha propriamente cercato di sdrammatizzare: «Intendiamoci, significa mandare i nostri ragazzi ad uccidere e a bombardare con la possibilità di essere bombardati e uccisi. Intervento umanitario - insisteva - significa bombardare la Serbia e attendere la sua ritorsione militare, peraltro già minacciata». Quindi si passava al Polo, «che sta fermo, che sta qui, che sta là». Per poi concludere - non senza un accenno alle «mamme di figli uccisi per motivi umanitari» - alla necessità di un governo di larga coalizione, o almeno di «una nuova maggioranza parlamentare». Cossiga Naturalmente con l'Udr, meglio senza Berlusconi. Sull'onda di Cossiga partivano di risulta gli onorevoli Tassone e Porcari, entrambi con dichiarazioni che agitavano l'argomento, non proprio rasserenante, di possibili «ritorsioni militari da parte della Serbia». Per contenere questa campagna di drammatizzazione - ma con l'evidente proposito di tranquillizzare Cossutta con i suoi 21 voti recati in dote al governo - si muoveva, pure con ima certa grazia istituzionale, il ministro degli Esteri Dilli. Questi disseminava la crisi politica di piccole perle distensive: «La via della diplomazia non è esaurita»; «ci sono ancora margini per un negoziato»; «si allontana di qualche giorno l'ipotesi di una decisione sull'intervento»; «la speranza che prevalga la ragione - questa è di ieri - non deve mai morire». Che tutto sommato era un modo sublime per incoraggiare Cossutta e chiudere a Cossiga. Minore raffinatezza dimostrava nel frattempo il senatore Di Pietro, che firmava la petizione dei radicali per recriminazione del leader serbo Milosevic. Lo faceva infatti «da ex magistrato, da ex Pm, da persona che crede nell'obbligatorietà dell'azione penale» - a costo di intrecciare la questione balcanica alle annose dispute sulla giustizia. Mentre la deputata pattista Pozza Tasca, obiettivamente più in palla anche se con qualche eccesso di sicurezza, annunciava il suo sospirato sì a Prodi: in nome del Kosovo. Quando s'è capito che la maggioranza teneva, e i voti «sostitutivi» dell'udr non erano perciò graditi, sono scattati Casini e Berlusconi ad offrirli a Prodi promettendo un atteggiamento «responsabile come sull'Albania» con l'aria innocente di chi offre una polpetta di zizzania. Cossiga, intanto, incalzava il diessino Minniti a Porta a porta: «Se i voti sul Kosovo non li volete da noi e dal centrodestra che ne sarà del governo?». Minniti si richiamava all'Orni, un po' stiracchiandolo in funzione anti Nato. Cossutta, presente anche lui sul video, ha lasciato aperta una finestrellaForse non sono solo interessi di bottega. Ma certo ci assomigliano molto. Filippo Ceccarelli Slohodan Milosevic e Francesco Cossiga
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