Prodi a un passo dal traguardo di Alberto Rapisarda

Prodi a un passo dal traguardo Oggi la replica in aula del presidente del Consiglio, domani la fiducia alla Camera. Marini Prodi a un passo dal traguardo maggioranza più fi ROMA. Il passare delle ore fa aumentare i voti previsti per la fiducia al governo Prodi. Non più un risicato 313-314, ma addirittura la maggioranza assoluta, ovvero 315 voti. Armando Cossutta ha ieri fatto il grande passo e ha annunciato che «una maggioranza, venerdì, ci sarà». Cioè, i 21 (o forse 22) voti dei cossuttiani arriveranno. Basta trovarne altri due per raggiungere la soglia dei 315 voti. Questo è l'obiettivo al quale sta lavorando infaticabilmente Romano Prodi, che ha bisogno di dimostrare alle opposizioni (ma anche agli alleati D'Alema e Marini) che il suo governo non esce azzoppato e sminuito da questo passaggio tempestoso. Si voterà, quindi, domani pomeriggio dopo la replica al dibattito di ieri, che Prodi farà stamani alla Camera e dopo che il Consiglio dei ministri avrà approvato la richiesta di fiducia. E non si escludono colpi di scena. Il chiacchiericcio di Montecitorio, dà per possibile anche l'aiuto di Clemente Mastella (che sta nell'Udr di Cossiga) a Prodi già domani. Una aiuto che Prodi gradirebbe per il futu- ro ma che, in questo momento, sarebbe per lui imbarazzante. «E' utile tenere aperte le porte alle forze di centro, ma questo deve avvenire da venerdì in poi» ha detto a Marini il suo vice, Enrico Letta, popolare di fede prodiana. L'ipotesi è tutta da verificare, dato che l'ex De Clemente Mastella, politico navigato, è uno che porta i suoi voti solo se vede una degna contropartita. Certo, Mastella potrebbe avere ottenuto solide garanzie politiche dal segretario del Partito popolare, Franco Marini, per quel che riguarda il futuro. E cioè, la possibilità di presentarsi insieme, come federati, alle elezioni europee. E forse altro, una volta approvata la Finanziaria. L'operazione di aggancio dei mastelliani (13 voti) sarebbe condotta da Marini, nella convinzione che gli altri alleati, a cominciare da D'Alema (col quale ieri Marini ha parlato), non avrebbero obiezioni. E che il problema del rapporto con l'Udr di Cossiga (e Mastella) sia ora il rovello principale dell'Ulivo (acquisito il sì di Cossutta) lo dimostra l'andamento del dibattito di ieri sulle comunicazioni del presidente del Consiglio. Prodi, che si è presentato «fiducioso, come prima, più di prima», ha dimostrato di volere veramente ottenere la fiducia dalla sua vecchia maggioranza, anche se ora fortemente ridimensionata. E senza l'aiuto che Cossiga aveva offerto (non ha mai citato l'ex Presidente della Repubblica), perché quei voti cambierebbero la natura del governo. L'Udr gli ha risposto con no alla fiducia e avvisando Prodi di stare attento per le votazioni sull'intervento militare nel Kosovo. Prodi, invece, ha fatto un estremo tentativo di convincere Bertinotti a tornare indietro («non mi rassegno, non posso credere...») spiegando che la Finanziaria «non è una proposta a scatola chiusa». Ma Bertinotti ha subito respinto l'appello giudicato «arrogante». Ora Prodi deve vedersela con Cossutta, che non è rimasto per nulla soddisfatto del suo discorso di ieri ed è andato a lamentarsene con Veltroni. «Nella replica Prodi dovrà dire chiaramente che la Finanziaria può cambiare in direzione di una delle nostre richieste» avvisa il capogruppo di Rifondazione, il cossuttiano Diliberto. Molto diverso l'atteggiamento di D'Alema e Marini verso l'Udr di Cossiga. Entrambi vedono nell'aggancio dell'Udr il solo modo per «stabilizzare la legislatura». Dando, di fatto, per scontato che il governo Prodi, nelle condizioni in cui è, arriverà stentatamente a Natale e poi a gennaio si dovrà ridiscutere il da farsi. Insomma, questo sarebbe ormai un go¬ verno a termine. Se la maggioranza non si rafforzerà, diventerebbe inevitabile andare ad elezioni anticipate a giugno dopo l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. D'Alema aggiunge che se l'alleanza si rafforzerà si potrà ritentare di avviare le riforme istituzionali. Il segretario dei Ds ha anche voluto puntualizzare, in modo criptico, che è lui il grande timoniere di questa difficile transizione e non Prodi. D'Alema, infatti, ha detto che «dal gennaio 1995 le istituzioni sono in buone mani». Cioè, da quando lui riuscì a mettere in piedi il governo Dini dopo la caduta di Berlusconi. E non dalle elezioni del 1996, come va dicendo Prodi. L'apertura di D'Alema a Cossiga sta, però, scuotendo la Quercia, dove contestano gli ulivisti e la sinistra. Il Polo si è limitato a fare ironie. Berlusconi ha parlato di «governo all'asta» e ha chiesto elezioni. Fini ha promesso: «Vi faremo vedere i sorci verdi». Alberto Rapisarda Una voce in transatlantico «Il voto in più potrebbe venire da Mastella» Inutile appello a Bertinotti

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