Fusi: «Non temiamo nessuno»

Fusi: «Non temiamo nessuno» Dalla crono under 23 maschile la prima medaglia azzurra ai Mondiali in Olanda Fusi: «Non temiamo nessuno» E il ct conquista subito un bronzo con Ortenzi MAASTRICHT DAL NOSTRO INVIATO Uno pensa alla Nazionale azzurra dei corridori professionisti e l'associa automaticamente al nome di Alfredo Martini, il mitico citi che per 23 anni ha fatto quel mestiere difficile, cercando di mettere d'accordo Moser e Saronni, Bugno e Chappucci, e che non esitò a relegare fra le riserve, a fine carriera, un certo Gimondi. Il legame Martini-azzurri è ancora talmente forte nella mente degli sportivi che è quasi passata inosservata la nomina, per semplici ragioni anagrafiche, del suo successore. E Antonio Fusi, un uomo bruno, sodo, gioviale, ha esordito ieri sul circuito di Valkenburg con la medaglia di bronzo nella cronometro under 23 conquistata da Gianmario Ortenzi. Ct Fusi, subito un bronzo: ha cominciato bene. «E' un terzo posto beneaugurante, ma come citi fra i dilettanti avevo avuto altri successi, nelle categorie giovanili. Per cui non la considero una prima volta. La prima vera medaglia davvero mia sarà quella dei professionisti, quando arriverà». La gara di Ortenzi le ha detto qualcosa di nuovo su questo circuito? «Mi ha detto che 11 clima avrà molto peso sul rendimento dei corridori. E che non bisogna sottovalutare lo strappo del Cauberg, a due chilometri dall'arrivo, breve ma molto duro. Ma un conto è pedalare su questo percorso misto nella cronometro, un altro in mezzo al gruppo». Si presenti, ci dia la sua carta di identità. «Antonio Fusi, nato a Como nel '56, 42 anni fa, sposato, una figlia di 9 anni. Appassionato di ciclismo fin da bambino, una modesta carriera da dilettante interrotta all'età di 24 anni». Perché? «Semplicemente perché non riuscivo a vincere e la cosa mi seccava. Ho preferito diplomarmi all'Iséf Cattolica di Milano per insegnare agli altri quanto io non ero riuscito a fare: vincere. Ho lavorato in Svizzera, dall'89 faccio parte dello staff azzurro e ora sono giunto alla cima». Hobby, segni particolari? «Mi piacciono i computer, e mi insegnano anche a capire che nelle cose c'è poca casualità. Mi piace la fotografia. Per esempio una bella foto degli azzurri sul podio ci starebbe bene, nella mia collezione» Lei per ora è poco intervistato, poco noto. E' geloso di Martini? Le dà fastidio la figura ancora ingombrante del suo predecessore? «Per niente, anzi. Sono orgoglioso di essere il suo successore. E poi Alfredo mi ha adottato, mi tiene per mano. Mi dà ancora degli ottimi consigli, e non lo dico per sostenere un banale gioco delle parti». Ma c'è davvero bisogno di questi consigli? Troppe prime donne? Bartoh-Tafi, ad esempio: è una rivalità difficile da gestire? «Se un corridore pensa di avere buone probabilità di vincere è difficile mettergli in testa che deve lavorare per la squadra. Io cerco solo di far capire che aiutarsi è interesse di tutti». Il suo è un mestiere tutto sommato ingrato. Non è come i ct del calcio, lei va in scena una sola volta l'anno. Se vince è bravo il corridore, se perde è fesso lei... «Verissimo. Sono le regole del gioco. E io spero di non essere troppo fesso». Ma la squadra azzurra è considerata la più forte e avrà tutti contro. Si parla di alleanze trasversali fra olandesi, belgi, francesi. «Sono leggende. Ai Mondiali ci sono poche amicizie da spartire con gli avversari. Soltanto fatica». Ci faccia il nome di un rivale che domenica non vorrebbe vedere alla partenza. «Per carità. Ne mancano già così tanti, per una ragione o per l'altra, che se ne aggiungo uno poi mi accusano di voler vedere solo una corsa fra italiani. Mi stanno bene tutti, perché se i nostri avranno giudizio non dovranno temere nessuno». Avere giudizio significa rispettare la tattica. E' già tut to chiaro? «Sì e i corridori lo sanno, salvo qualche particolare e salvo varianti dettate dalla corsa. Ma queste cose, mi scusi, devo tenerle per me». Prima del via caricherà gli azzurri alla moda di certi alle natori del calcio, con aggres sività, oppure in modo soft? «Una via di mezzo. Certo, devono capire che bisogna fare i lupi, non gli agnelli». Ma qua! è il suo modello? Per chi tifava? «Per uno solo: Eddy Merckx». Gianni Romeo VA LKENBURG { MAASTRICHT 1 9 98 Gianmario Ortenzi, nato a Recanati il 24 giugno del I976, dopo il bronzo . di ieri passerà alla Mercatone e farà il gregario di Pantani Antonio Fusi, nato a Como 42 anni fa, sposato e padre di una bambina, è al debutto come citi dei professionisti ma vanta una buona carriera azzurra fra i dilettanti

Luoghi citati: Como, Milano, Recanati, Svizzera