I lucci pescati e ributtati in acqua. La macellazione rituale

I lucci pescati e ributtati in acqua. La macellazione rituale LETTERE AL GIORNALE I lucci pescati e ributtati in acqua. La macellazione rituale Arcicaccia è contro le crudeltà venatorie A proposito di inutili crudeltà, abbiamo letto sulla Stampa del 26 settembre due lettere che riguardano una il ripristino della possibilità di usare le reti in Lombardia per la cattura di uccelli e l'altra un tipo di pesca al luccio praticata su mia zona del Veneto dove tali pesci una volta presi verrebbero slamati e rilasciati. Ovviamente ì due lettori sottolineano le due inutili crudeltà. Vorremo anche noi associarci a queste due voci e unire quelle della nostra Associazione. La caccia con le reti (è bene ricordarlo) è vietata dalla legge nazionale che regola l'attività venatoria (157/92) e ne limita l'uso solo a scopi scientifici. A tutte quelle realtà regionali o a quei nostalgici che desiderano o hanno in mente di riproporre l'uso delle reti, vorremo ricordare, mia volta per tutte, che è mia pratica chiusa, morta, sulla quale non possiamo né dobbiamo ritornare. Qualsiasi tentativo in tal senso vedrà l'opposizione forte e decisa dell'Arci Caccia. Sulla pratica poi del luccio catturato e rilasciato ci sembra un'inutile crudeltà, tenendo conto anche del fatto che il luccio, hi genere, viene catturato con ami di tutto rispetto e che (vista anche la resistenza che offre l'animale una volta allamato) le ferite possono essere profonde e, francamente, la pratica di pescarli per poi, feriti, rilasciarli ci pare - lo abbiamo già detto - una gratuita crudeltà. Può sembrare una contraddizione che noi, un'Associazione di cacciatori, faccia affermazioni di questo genere, ma non è così. Noi siamo contro tutte le inutili crudeltà, contro ogni abuso e maltrattamento gratuito nei confronti di qualsivoglia animale. La caccia per noi oltre che passione per l'ambiente e la natura, è sport puro e l'utilizzo della risorsa fauna è praticato nel modo più leale possibile e cercando di evitare inutili sofferenze. Benedetto Valente, Roma Arci Caccia Alla scuola di Zeri difensore della bellezza Sono addolorato per la morte di Federico Zeri. Se ne va un grande che ha fatto scuola di educazione estetica universale a generazioni e generazioni. Ha ammonito con accanimento gli inerti e gli mcompetenti che abbandonano all'incuria inestimabili ricchezze del passato. Fino all'ultimo giorno di vita ha condannato la sciatteria delle -amministrazioni che badano al favore popolare, a dar spettacolo o tendono al «particulare» e ignorano la grandezza dell'uomo, la dignità della persona. Con Federico Zeri se ne va lo strenuo combattente in difesa della bellezza. In questo nostro tempo si eludono i problemi, anche i più gravi, ostentando la «giocondità» degli incoscienti. Il grande accademico di Francia ha tenuto in serbo il suo sorriso contemplativo alle opere d'arte che ha studiato e scoperto. Tarcisio Bertoli, Padova Gli animali torturati e le battaglie dei Verdi Nella lettera dal titolo «Le nuove regole sulla macellazione», pubblicata il 4 ottobre, il sig. Achille Licursi di Portocannone (Cb), mi accusa di aver fatto approvare, in qualità di presidente della commis sione Agricoltura della Camera e con il mio decisivo voto Verde, un provvedimento sulla macellazione rituale, consentendo così una pratica barbara, tra le più crudeli nel l'uccisione degli animali. Una nor ma che avrei fatto approvare «per non sembrare razzisti verso gli extracomunitari». Una critica destituita di ogni fondamento e dovu ta evidentemente a false ùiforma zione. La commissione Agricoltura non poteva approvare o respingere il provvedimento, perché si trattava di mi decreto legislativo, un tipo di provvedimento cioè su cui la commissione poteva esprimere soltan to un parere. Se avessimo dato un parere ne gativo, il provvedimento sarebbe stato approvato ugualmente, rimanendo però tale e quale, visto che non avremmo potuto apportarvi alcuna modifica. Esprimendo, invece, un parere condizionato abbiamo potuto apportare importanti modifiche al decreto, che hanno permesso l'eliminazione della deroga sulla tauromachia (la corrida), sull'uso degli animali nelle feste tradizionali e sui piccoli macelli. Certo, non è stata abolita la macellazione rituale - che i Verdi combattono fortemente, anche con emendamenti più volte presentati in aula e sempre bocciati - ma nel parere sul decreto abbiamo fatto inserire, per la prima volta, la necessità di evitare crudeltà anche in questo tipo di macellazione. Questa considerazione mette, ovviamente, in evidenza la contraddizione delle macellazioni rituali con le norme anticrudeltà del nostro ordinamento, nella speranza che sia stata così aperta la strada ad un confronto con le comunità religiose per giungere al superamento di queste pratiche, come è già accaduto in aitri Paesi europei. In ogni caso, i Verdi hanno presentato una proposta di legge per l'abolizione delle macellazioni rituali, che spero sia discussa e approvata al più presto. Alfonso Pecoraro Scanio, Roma deputato Verde, presidente della commissione Agricoltura La semplicità di Mike Bongiorno Un plauso al vostro Claudio Giacchino. Ero anch'io - anonimo «tifoso» di ciclismo e ammiratore, fin dai tempi della mia ormai lontana gioventù, del grande Raro - presente alla festa allo Sporting per i 90 anni del magnifico cantore dei nostri grandi campioni e umano «sponsor» anche dei meno grandi. Ho ammirato il «pezzo» di Giacchùio, che ho trovato obiettivo e divertente, soprattutto dove si sofferma - con moderata ironia - a paragonare la signorile semplicità di Mike Bongiorno con l'esibizionismo spocchioso del giovane in Rolls Royce. Ho notato anch'io gli «infiniti sguardi e sussurri» sulla presenza esibita di quel... «transatlantico». Una cosa, però, Giacchino poteva aggiungere: i... commenti di tutti sull'entità delle tasse pagate dall'esimio «esibizionista subalpino». I più benevoli erano di questo tono: «Poverino! Vorrei tanto sapere cosa paga di tasse, per permettersi questo tenore di vita. A meno che non sia il classico figlio di papà (ma le tasse le pagherà, il «papà»?) oppure - più verosimilmente - uno dei soliti che riescono a spillare aiuti miliardari allo Stato, perché altrimenti son costretti a lasciare a casa gli operai o a metterli in cassa integrazione», e via ironizzando. Ecco, se Giacchino riuscirà a far pubblicare sulla Stampa la cartella delle tasse di quel signore, vorrà dire che potrà concorrere a far sì che il nostro povero Stato cominci davvero a ri durre il suo deficit, prendendo i soldi da chi li ha! Carlo Calosso Torino Le peripezie del tricolore La bandiera tricolore italiana fu adottata il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia, dove ebbe luogo il congresso della Repubblica Cispadana. In quegli anni Napoleone calò in Italia alla guida dell'esercito francese. L'esercito si fregiava di una bandiera, nata a Parigi durante la rivoluzione, che in breve divenne il simbolo della rivoluzione e della libertà. I volontari italiani fedeli a Napoleone decisero di avere una bandiera propria, simile a quella francese. All'azzurro sostituirono il verde, simbolo della natura. L'11 ottobre 1796 la Legione Lombarda e le altre italiane furono autorizzate da Napoleone a issare o sventolare il nuovo simbolo. Esso recava nella banda bianca una faretra con quattro frecce. Ma un decreto del 1798 abolì questo stemma e stabilì che le tre bande fossero parallele all'asta e che l'ordine dei colori fosse, a partire dall'asta: verde, bianco e rosso. Nel 1802 la bandiera italiana conobbe un'altra modifica: da rettangolare divenne quadrata e i suoi tre colori furono disposti in tre quadrati racchiusi l'uno nell'altro. Ma i patrioti, che combattevano contro la tirannia dei sovrani assoluti, non poterono dimenticare mai la loro prima bandiera. Negli anni 1848-49 il tricolore fu innalzato negli Stati in cui scoppiarono moti rivoluzionari, ma con il ritorno degli Austriaci la bandiera venne di nuovo ammainata. Solo nel Piemonte continuò impavidamente a sventolare, simbolo dell'unita e della libertà. Fabio Sicari, Bergamo § Le lettere Severino inviate^'* I /'LA STAMPA | / Via Marenco 32,10126TOMNOVI f fax 011 -6568924 | e-mail leHere@lastampa.it