Foa, la nostalgia del futuro

Foa, la nostalgia del futuro la memoria. Presentato al Capo dello Stato il volume di «Lettere della giovinezza»: l'intervento di Zagrebelsky Foa, la nostalgia del futuro Ecco l'essenza della democrazia c OME poteva un venticinquenne dalla vita piena e intensa, non crollare innanzi a una detenzione che avrebbe inghiottito la sua intera giovinezza? Come poteva sfuggire a sentimenti tanto distruttivi quali la malinconia e la nostal! già? Sono queste due parole che, all'inizio, ricorrono spesso nelle Lettere, per negare e rassicurare i familiari. Il 13 agosto 1940 compare invece per la prima volta un'espressione che può sembrare letteraria, nella quale si condensa «per così dire ogni desiderio di vita libera, desiderio scevro di impazienze e di angosce, anzi così sereno che ne sareste sorpresi se poteste leggere nel mio animo con certezza la sincerità della mia calma». Quest'espressione è «nostalgia del futuro»: «Da molto tempo non provo più nostalgie, o se mai... nostalgia del futuro, una specie di ansia di arrivare in tempo, non già a godersi la vita, ma a lavorare e vivere virilmente». «Nostalgia del futuro»: come spiegherà poi Vittorio Foa, è un compendio di ricordi e aspettative, è un legame tra vita privata e propensione all'azione pubblica. Nel libro 11 cavallo e la Tbìre, correggendo un poco l'immagine tutta d'un pezzo accreditata dalle parole di allora, si parla del rimpianto «corposo» «di persone, di cose e di luoghi legato al proposito di espio rare mondi nuovi. Persone e luoghi, luoghi con persone. Pensavo a Eva e Manuela, le bambine di mia so rella Anna. Manuela non l'avevo mai vista. Eva era venuta con suoi genitori a trovarmi a Regina Coeli prima di partire per l'America Aveva quattro anni, aveva una gran voglia di andare allo zoo e invece aveva dovuto andare a trova re nella sua gabbia questo tipo con la casacca a righe. I luoghi: Cogne, col prato di Sant'Orso, le amate montagne tutt'attorno, e poi, natu ralmente, Diano Marina, con la casa di mia madre di fronte al mare Diano vista dal Capo Mele oppure dal Capo Cervo, i cuginetti Gino, Eugenio, Piero, Claude e tanta gen te della mia infanzia e adolescenza, la casa dove poi mio padre e mia madre vissero fino a tarda età, fino alla morte. Parlavo di Diano... e dicevo tutta la mia nostalgia ma aggiungevo... che se ci fossi andato avrei certo voluto subito partirne. Questa era... la nostalgia del futuro. Partire dalle cose amate» per andare cercando. Scorrendo il tempo, sarà espressione della stessa aspettativa di futuro il commento al recente celebre saggio di Eric Hobsbawm: «Secolo breve? Per me è lunghissimo. Non vedo l'ora che incominci il prossimo». Situazione sempre aperta, rifiuto della «somma zero», «nostalgia dell'avvenire»: questa triade mi pare descrivere lo spirito di Foa, sempre coerentemente testimoniato. E' molto più di mi carattere, è l'ethos della democrazia. Se la situazione non fosse sempre aperta, che senso avrebbe il dialogo minterrotto, che è essenza della democrazia? Se la somma fosse sempre necessariamente zero, perché non la sopraffazione ma il rispetto dell'avversario, che è regola della democrazia? Se venisse a mancare la «nostalgia del futuro», perché l'impegno personale, che è qualità della democrazia? Da una banale qualificazione psicologica a una visione politica. Un aspetto della «nostalgia del futuro» è l'insofferenza verso ogni vacua deplorazione del mondo. Il presente non deve essere condannato ma compreso nelle ragioni che lo determinano, affinché sia possibile l'azione costruttiva. (...) L'atteggiamento di Foa verso il Fascismo, quale dalle Lettere riesce a trasparire a onta della censura, è di particolare interesse per illuminare quello «scrupolo teoretico». (...) Al di là del giudizio etico e politico, Foa mostra un vivissimo interesse «da dentro», una «partecipazione» - vorrei non essere frainteso - come di clù si sente coinvolto in una vicenda comune, nella continuità e nell'unità della storia italiana. Basterebbe ricordare gli studi sul sistema corporativo, l'attenzione alla nuova legislazione bancaria e alla politica agraria del regime e alla preparazione del nuovo codice civile, dei cui lavori preparatori Foa volle entrare in possesso. C'è una lettera grande ed esemplare (29 luglio 1938), scritta ai genitori, all'indomani del «Manifesto degli scienziati razzisti». Una lettera in cui le espressioni di conforto si intrecciano con l'ostinata ricerca delle ragioni obiettive, l'interpretazione dei fatti con la riflessione teorica e perfino con la ricerca di quel che di bene ne potrebbe venire. (...) Viene poi il tentavio di comprensione in una prospettiva storica, con la disposizione d'animo - addirittura - di chi è alla ricerca, perfino lì, di qualche motivo di speranza. «Mi sbaglierò ma credo proprio che almeno nei primi tempi le restrizioni saranno alquanto mferiori al livello che hanno raggiunto in Germania e che ci sta paurosamente dinanzi agli occhi, in primo luogo perché è impossibile che vada proprio del tutto smarrito il ben noto realismo dinamico della politica italiana, poi perché i rapporti internazionali non sono ancora definitivamente compromessi, e all'interno non è mai esistito e non esiste sentimento antisemita altro che in pochi gruppi di intellettuali mvidiosi e consapevoli della loro mediocrità...». E' probabile «che l'obiettivo del nuovo razzismo non sarà costituito da quei quattro gatti di ebrei... ma sarà un obiettivo ben più vasto: il Concordato del 1929». Foa, contrario alla soluzione concordataria, vede nel probabile conflitto con la Chiesa a proposito della giurisdizione ecclesiastica sui matrimoni misti - un conflitto che, in effetti, sarebbe scoppiato a breve - l'occasione per lo Stato di rivendicare la propria giurisdizione in materia matrimonale, in una linea risorgimentale di continuità. Ecco all'opera il «pensiero della possibilità». Infine, la preoccupazione «nazionale» che trascende sentimenti personali e preoccupazioni di ebreo. «La Germania, nel suo sforzo di conquistare il ferum victorem, pare riesca con la sua cultura dove, malgrado l'apparenza, più fiacco si rivela il senso dell'unità nazionale e più debole la difesa dei valori originali...». Cessa il ridicolo della «Di¬ chiarazione» «se si considera con serietà il danno che da queste influenze straniere può derivare al pensiero ed all'azione politica ita liana». «Non è vero che questo non ci interessi o che anzi dovrebbe rallegrarci riguardando i nostri avversari; chi sente profondamente la continuità e l'unità della storia ita liana non può rallegrarsi di uno scadimento attuale che avrà dan nosi effetti domani». «Allo stesso modo che Tizio, che procura di ac corciare la vita ad un suo zio ricco da cui deve ereditare e che spende male i suoi quattrini, è interessato alla conservazione ed all'accrescimento del suo patrimonio... e, pur contmuando a metter(gli) Tarserà co nel caffè, ha tutte le ragioni di crucciarsi se questi si procura un'amante forestiera che impianta spese pazze ed aggrava la dilapida zione del patrimonio». Ecco, attraverso un'immagine leggera, un esempio di radicale avversione al fascismo come regimel unita a sollecitudine verso la sua politica. Vi è qui forse una traccia di una visione dell'antifascismo co me forza non di divisione ma di coesione nazionale, che la discus sione storiografica attuale potreb be raccogliere. Gustavo Zagrebelsky Tra ricordi e aspettative, vita privata Una visione dell'antifascismo e azione politica. «Non vedo l'ora come forza non di divisione che incominci il prossimo secolo» ma di coesione nazionale Vittorio Foa: a lungo incarcerato dal regime fascista, le sue lettere sono pubblicate da Einaudi

Luoghi citati: America, Cogne, Diano Marina, Germania, Ome