Pujol: la Catalogna è nazione, la Spagna no di Gian Antonio Orighi

Pujol: la Catalogna è nazione, la Spagna no In tv nuovo strappo da Aznar: «E' tempo di riformare la Costituzione in chiave federale» Pujol: la Catalogna è nazione, la Spagna no // «viceré di Barcellona» insiste sulVautodeterminazione MADRID NOSTRO SERVIZIO Martedì scorso il presidente della Catalogna Jordi Pujol i Soley aveva dichiarato in un discorso istituzionale: «Il nostro nazionalismo reclama il diritto di costituire il proprio Paese, la Catalunya deve ufficializzare il suo status internazionale». Due giorni dopo aveva fatto approvare nel Parlamento catalano dalla coalizione centrista che presiede CiU (ed insieme agli indipendentisti di Ere e di Pi) una delibera che rivendica «il diritto alla autodeterminazione». E ieri è andato all'attacco: «La Catalogna è una nazione, la Spagna no». Dimenticando l'articolo 2 della Carta postfranchista del '78 (che sancisce «la indissolubile unità della Nazione spagnola, patria comune e indivisibile di tutti gli spagnoli»), il «Molt President», un medico sessantottenne che guida la regione da 18 anni, già dall'esordio ha lasciato letteralmente di stucco i tre giornalisti che lo stavano intervistando alla tv statale: «La Catalogna è una nazione, un popolo che ha diritto alla autodeterminazione, diritto fondamentale ed universale, gliela diano o no». Poi è arrivato l'affondo di Pujol, che da anni viaggia all'estero con un passaporto spagnolo ricoperto da una fodera con su scritto «Catalunya»: «Bivendichiamo la "Dichiarazione di Barcellona" del luglio scorso in cui con i democristiani baschi del Pnv e i socialisti galiziani del Bng chiedemmo la trasformazione della Spagna in uno Stato plurinazionale federale. La Spagna (Stato unitario dal 1492, ndr) è una realtà non solo puramente amministrativa ma anche affettiva, storica, di contatti tra le popolazioni, di interessi, di memoria comune. Insomma: la Spagna è una comunità. La Catalogna, invece, è una nazione». Poi il «Molt President», chiamato il «viceré di Spagna» perché l'appoggio esterno della sua CiU è l'ago della governabilità del Paese dal '93 (venduta a peso d'oro: a Gonzàlez costò il 15 per cento dell'Irpef, ad Aznar il 30 più una miriade di competenze), ha aggiunto: «La Costituzione contiene la sufficiente ambiguità per poterla leggere in modo abbastanza, molto o poco nazionalista. Per cui ci permette di collocare la Catalogna a un livello molto alto di potere politico, di autentica sovranità, senza la necessità però di lacerare lo Stato, trasformando il governo regionale nella Amministrazione Unica dello Stato nella Catalogna». Segno dei tempi, la riforma costituzionale pretesa da Pujol è all'ordine del giorno. C'era il tutto esaurito martedì scorso quando Miguel Herrero de Minon, ex numero 2 del partito dei popolari di Aznar ed adesso commentatore politico di «El Pais», ha presentato «Diritti storici e Costituzione», in cui sostiene l'idea di Pujol, lo Stato plurinazionale federale. Che smacco per Aznar, che nel '94 scriveva in «Sognando la pace»: «Il problema dell'unità della Spagna è stato definitivamente risolto dalla Costituzione». La Spagna, che secondo lui «va bien», si sta rompendo e ieri il premier taceva. Gian Antonio Orighi Un asse con i democristiani baschi e i socialisti galiziani Il leader catalano Jordi Pujol