Uniti dall'odio per l'Euro di Fabio Galvano

Uniti dall'odio per l'Euro Congresso tory: Hague alle prese con un partito distrutto Uniti dall'odio per l'Euro Forte di un referendum interno che dava il no all'84,4%,il segretario ha attaccato la valuta europea con la benedizione di Margaret Thatcher LONDRA DAL. NOSTRO CORRISPONDENTE Un pappagallo morto, caduto dal trespolo come in una celebre scenetta comica di «Monty Python», ma ora con il volto di William Hague: così, mentre il leader dei conservatori inglesi avviava a Bournemouth il «congresso della riscossa», quello che dovrebbe segnare l'avvio della ripresa politica Tory dopo la batosta elettorale del maggio 1997, il giornale più venduto d'Inghilterra scherniva ieri quel partito «morto e sepolto», anzi «ufficialmente morto». «Questo partito non esiste più, ha cessato di essere, è un ex-partito», proclamava il vistoso titolo in prima pagina del «Sun», il giornale di Rupert Murdoch che vende quattro milioni di copie e che sostiene ora il New Labour di Blair dopo avere per anni retto le sorti prima di Maggie Thatcher e poi di John Major. Ma Hague, da Bournemouth, ha scrollato le spalle e si è gettato nella mischia. Perché prima di sconfiggere il laborismo imperante egli deve superare la spaccatura interna: quella che ha accelerato la disfatta elettorale di 17 mesi fa e che riguarda l'ingresso britannico nell'Euro. Il discorso con cui Hague ha aperto ieri il congresso è stato, inevitabilmente, un peana alla posizione del no, emersa vincitrice (84,4% dei voti) in un referendum fra gli iscritti al partito. No all'ingresso nella moneta unica europea: non solo nell'attuale legislatura, ma anche nella prossima, cioè presumibil- mente almeno fino al 2007. Ma se quello del leader conservatore voleva essere uno show di forza e di unità («E' ora di andare avanti», ha detto), il risultato di quel voto non ha messo a tacere la compagine del sì all'Euro: personaggi come l'ex vicepremier Michael Heseltine o l'ex Cancelliere dello Scacchiere Kenneth Clarke, insomma gli uomini che secondo Hague sono i dinosauri del partito, le «vecchie bestie», i quali a loro volta hanno accusato il leader di avere «organizzato una nuova eurolite di cui non c'era alcun bisogno». I Tories, ha detto Hague, devono lasciarsi alle spalle «divisioni e dispute» per diventare «una vera forza d'opposizione, per fronteggiare un governo laborista che «demolisce la nostra costituzione, non onora le sue promesse e dissipa l'eredità economica lasciata dal governo Major». «Chi era in disaccordo con me in questo voto - ha detto Hague era in chiara minoranza. Ma a costoro io dico: voglio che procediate con noi. C'è lavoro per tutti su un ampio ventaglio di questioni su cui non siamo mai stati in disaccordo. Ma sia chiaro che noi procederemo; e se quelli non lo faranno, resteranno indietro». C'è tuttavia chi già si domanda chi, in realtà, sia rimasto indietro. Hague ha l'aperto sostegno di Maggie Thatcher («Il risultato del voto dimostra che è William ad avere il dito sul polso della gente») e più moderatamente anche di Major. Ma gli inglesi non lo conoscono, come rivelano i sondaggi; peggio, non conoscono gli uomini della sua squadra, come illustra il fatto che un inglese su cinque elenchi nel suo «governo ombra» anche William Pitt. In realtà Pitt fu molto di più: fu primo ministro, ma due secoli fa. Fabio Galvano Il segretario del partito conservatore William Hague con la moglie Ffyon, ieri a Bournemouth

Luoghi citati: Inghilterra, Londra