Chirac imbraccia il fucile di M. M.
Chirac imbraccia il fucile Chirac imbraccia il fucile «Invieremo i nostri caccia» Prodi: si può ancora trattare FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Roma e Parigi sono «molto preoccupate» per il precipitare della crisi in Kosovo ma mentre l'Eliseo avverte a chiare lettere Milosevic che l'attacco può scattare anche senza il via libera dell'Onu, Palazzo Chigi punta ancora sull'opzione diplomatica. Al termine del vertice italofrancese il presidente Jacques Chirac ha lanciato un chiaro monito alla Serbia di Milosevic: «Se non verrà rispettata la risoluzione dell'Onu 1199 l'intervento della Nato e noi potremmo parteciparvi anche senza una nuova decisione delle Nazioni Unite». Chirac prima dei colloqui fiorentini aveva chiamato al telefono il presidente russo Boris Eltsin, drasticamente contrario all'intervento. Ma l'opposizione di Mosca e la sua minaccia di opporre il veto in seno al Consiglio di Sicurezza non ha impedito al capo dell'Eliseo di definire «inaccettabile la situazione in Kosovo» a causa della persistente resistenza di Milosevic a ritirare le truppe speciali e a riprendere il negoziato. «In queste condizioni l'emergenza umanitaria potrebbe imporre un'azione militare» ha aggiunto Chirac, con un evidente accenno alle centinaia di migliaia di profughi kosovari fuggiti nelle montagne ed a cui le organizzazioni inter¬ nazionali non riescono a portare assistenza per via degli scontri. Per Parigi «i prossimi giorni saranno decisivi» per capire se l'attacco della Nato diventerà inevitabile. Questi toni non hanno però impedito a Chirac di concordare con il presidente del Consiglio Romano Prodi sul fatto che «in linea di principio ogni azione militare deve essere autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». In effetti la posizione italiana è più flessibile e punta ancora sulla mediazione diplomatica per vincere le resistenze di Belgrado: «Stiamo premendo su tutte le parti in causa per arrivare ad una soluzione accettabile da tutti» ha detto Prodi a Palazzo Vecchio. «I margini per una manovra diplomatica non sono affatti esauriti anche grazie alla credibilità della pressione militare» ha aggiunto subito dopo il ministro degli Esteri, Lamberto Dini. [m. m.]
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