«E ora liberateli, non scapperanno»

«E ora liberateli, non scapperanno» DAL CARCERE DI PISA «E ora liberateli, non scapperanno» II difensore: «Il diritto è stato ripristinato» PISA DAL NOSTRO INVIATO A volte, il destino. Su Tmc va in onda «La parola ai giurati», regia di Sidney Lumet. La cella di Sofri è la numero uno, al pianterreno. Sono le due di pomeriggio. Le voci della televisione in un carcere rimbalzano contro i muri, sbattono contro le pareti, soffiano fra le sbarre. Hemy Fonda combatte da solo contro tutti per convincere una corte colpevolista. La cella di Pietrostefani sta giusto due piani sopra quella di Sofri, nello stesso punto del corridoio. Bompressi è a casa sua, agli arresti domiciliari, a Massa. Chissà se ha visto anche lui la tivù. Henry Fonda si sta dando da fare un mucchio: un giurato s'è convinto, e un secondo pure, ma ci mancano ancora gli altri e lui va avanti. Fuori, piove. Ore 16 e 12 minuti, squillano i telefonini. Notizie da Roma. «Revisione», dice uno. Esce un detenuto. Ha visto Sofri? «E' in cella», risponde. Il film è appena finito. Henry Fonda ce l'ha fatta, «l'imputato è innocente», sentenziano i giurati. A Roma, la Cassazione ha deciso: tutto rinviato alla Corte d'Appello. E' un modo per dire che il processo si deve rifare. A volte, il destino. E' una vittoria, spiega commosso l'avvocato Sandro Gamberini. Si stava tutti qui ad aspettare una notizia, nel carcere dove morì Franco Serantini, si stava qui dove esplose la rabbia dei vecchi ragazzi che sognavano di fare la rivoluzione, dove scoppiò Lotta continua, dove cominciarono le contraddizioni di un processo che dieci anni dopo non ha ancora convinto nessuno, non solo la Cassazione. Patrizio Gonnella, il vicedirettore del carcere di Pisa, s'affaccia sulla porta: «Che devo dirgli? Che hanno deciso la revisione?». E' dalle 13 che Sofri e Pietrostefani ripetono che non parleranno. Qualcuno fa la spola, i giornalisti aspettano. «Ma adesso c'è una buona notizia, vedrà che dirà qualcosa». Solo che alle 16,30 Gonnella torna giù e chiede scusa: «Niente da fare». Il carcere di Pisa è una scatola chiusa dentro a mura gigantesche. C'era anche nel gennaio di un anno fa questo drappello di cronisti, davanti al portone che si chiudeva. Quanto tempo? «Venti mesi e otto giorni», dice Gianni Sofri, fratello di Adriano, docente universitario. Lui li ha contati tutti, ha contato i giorni e le ore. Anche Luca, il figlio di Adriano, li ha contati. Anche Randi Krokaa, la moglie. Però, adesso, com'è strano. Il più commosso sembra Gamberini, l'avvocato: «Sono contento per tre motivi. Per la vita di queste persone che si è giocata sulla volontà di portare avanti questa revisione. Sono contento come penalista, perché con questa vicenda il diritto è stato salvaguardato, ritorna in piedi. Sono contento perché tramite questa decisione, un pezzo di storia del mio Paese e della mia generazione avrà uno spazio per essere riscritto con verità. Ecco perché tutti dicono di essere contenti, oggi. Una pagina di storia può finalmente essere riscritta con la giustizia giusta». Gli altri invece non parlano. 0 sorridono appena. Gianni, il fratello maggiore, continua a ripetere a tutti di stare calmi, che ci vuole ancora molta prudenza. «Questa storia ci ha delusi troppe volte», dice. E poi, precisa: «Non vorrei che saltasse fuori chissà quale nostra grande gioia. Sì, c'è soddisfazione, certo, perché oggi è stata vinta ima partita importante. Ma la battaglia è ancora lunga, molto lunga, e dura già da dieci anni e sembra non voler finire mai. Con la decisione di oggi si scioglie una tensione che in noi era molto forte: non dimentichiamo che non stiamo parlando di cose accademiche, ma di tre perso- ne che sopn in carcere da venti me- ; si e 8 gio ~ . E oggi come oggi mi l pare incredibile che non si trovi ra- I pidamente il sistema di rimetterle in liberta, perché loro, l'in dall'inizio, dando la prova di una fiducia unica nella giustizia, non hanno mai inseguito tutte le scapp< >ie possibili per uscire dalla prigione, ma hanno sempre e solo chiesto la revisione di questo processo». Perché adesso cominciano le altre battaglie, e ci sarà sempre Pisa, ci sarà ancora questo carcere, ci saranno di nuovo i vecchi ragazzi della rivoluzione sognata. Loro, dice Gianni Sofri, loro tre che stanno in carcere «ci hanno sempre rincuorato, loro ci hanno l'atto coraggio. Oggi tiriamo un sospiro di sollievo. Ma la capacità di resistere ce l'hanno data loro, con la loro tenacia, la loro voglia di giustizia». Per adesso, fanno sapere, non parleranno. Va in carcere a trovarli Davide Guadagni, del Comitato «Liberi liberi» e quando esce dice che non li ha nemmeno visti. Questa è la linea. Silenzio. Sul processo niente, neanche ima parola. Sofri scrive solo di matematici, di partite a calcetto. Uno lo sta leggendo sul Foglio: «Le celebrazioni del trentennale del '68 vanno concludendosi in modo controverso. Qualche difficoltà per Clinton, che era del '68, non solo impropriamente. In Germania, gli eredi del '68 hanno preso il banco, e ora vediamo. Da noi va così e cosi. Mauro Rostagno è stato un po' riabilitato. Guido Viale scrive libri ottimi sulla monnezza e sul traffico automobilistico e Mario Capanna vende bene la sua Lettera. Io, scusate la vantazione, ho vinto il torneo interno di calcetti La formazione: Haddoumi (Marocco), Furio (Toscana), Isak (albanese di Macedonia), Garfi (Algeria), Larry (Gran Bretagna) e io. Vanitas vanitatum». Si cominciava a vincere. Se si continua, non è sempre un peccato. Vedete, a volte, il destino. Pierangelo Sapegno Il fratello Gianni «Meglio la prudenza Ci hanno delusi già troppe volte» I detenuti tacciono Gli amici: adesso ci sarà spazio per la verità Il carcere di Pisa na a faitalianaza trassilia Sacossutta Fran«E oraII difensQui sotto Luca Sofri il figlio di Adriano Qui sotto Luca Sofri il figlio di Adriano Qui sopra il ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick Il carcere di Pisa

Luoghi citati: Algeria, Germania, Gran Bretagna, Macedonia, Marocco, Pisa, Roma, Toscana