I deputati bocciano Bertinotti Cossutta pronto alla scissione di Antonella Rampino

I deputati bocciano Bertinotti Cossutta pronto alla scissione RETROSC RIFONDAZIONE AI FERRR CORTI I deputati bocciano Bertinotti Cossutta pronto alla scissione AROMA PPLAUSI. Lassù in cima al palazzo di Montecitorio, nella sala delle riunioni di quel mezzopiano tutto scalette, anfratti e corridoi che girano a gomito, quasi una metafora visiva della storia di Rifondazione., .arriva, Cossutta. I deputati si alzano in piedi, e applaudono. Bertinotti, seduto, ciondola col portaocchiali in pelle di struzzo, sembra non accorgersi di quel che sta accadendo. C'è un posto vuoto, accanto a lui, è quello di Armando Cossutta. Ma l'uomo che non è più presidente, «solo un militante e un deputato», approfitta della sua nuova condizione per andarsi a sedere da un'altra parte, in mezzo ai «suoi» parlamentari. Comincia così l'ultimo atto della battaglia, quel teatro di avidità politiche e dedizioni partitiche, di luciferini orgogli e umanissime umiliazioni che è stata, ed è ancora, la grande guerra dentro Rifondazione. Oggi ci sarà il bagno di folla di Cossutta con i suoi, la fondazione del nucleo di quello che potrebbe essere un nuovo partito. Ma ieri era il giorno in cui, come se la politica fosse la vita, i vinti sono diventati vincitori, e gli impotenti sono tornati ad essere eminenti. Il giorno che Cossutta sapeva essere quello della riscossa. E così dopo gli applausi Oliviero Diliberto comincia, «fuori ci sono tuoni e fulmini, qui dentro cerchiamo di essere sobri». Comincia a dire che «ai parlamentari dovrebbe essere lascia- ta la possibilità di esprimere il dissenso rispetto alla scelta fatta dal partito, che è un grave errore politico», e anticipa gli argomenti, prevedibilissimi, del suo intervento in aula. E Franco Giordano subito lo tallona «perché dovresti parlare tu e non Bertinotti?». E' passata appena un'ora, tra Pisàpia che si dice «d'accordo sulle conclusioni ma non sul come ci si è arrivati», è la questionejDosta è il voto al governo Prodi, e giustamente prende le distanze dal dibattito «selvaggio» che c'è stato dentro il partito, e mentre ci si aggiusta sulle seggiole, segno di disagio e impazienza, tocca a Cossutta. «La Finanziaria non piace né a noi, né a voi: se volete, possiamo esprimere assieme un giudizio critico sull'azione del governo. Ma il no alla Finanziaria farà cadere il governo, ed è velleitario e irrealistico pensare a uno spostamento a sinistra del quadro politico». E no, gli spiega Ramon Mantovani, «guardiamo a cosa è successo in Svezia, a cosa accade in Lituania», lì il comunismo cresce «perché non si omologa». E poi sbotta, «la verità è che voi vi state scindendo». E' stato allora che, in quello che poi anche Niki Vendola definirà «un civile dibattito surreale», ha fatto di colpo irruzione Sean Connery. «Non vorrei ritrovarmi come il protagonista di Caccia a Ottobre rosso, quando lancia un siluro che gli torna addosso e si sente dare dello stronzo dal proprio secondo, un attimo prima che quel colpo li ammazzi tutti», fa il cossuttianissimo Caponi. In pratica, è un insulto al segretario: Bertinotti, ironico, ringrazia per l'eleganza, il fedelissimo Crippa fa una scenata, e Caponi porge le scuse, «Fausto, certo non volevo offendere te». A riportare la calma, si fa per dire, interviene Ersilia Salvato, schierata nelle file di Cossutta, che rivendica la libertà di decidere autonomamente. Un giro di valzer, ed è Vendola al contrattacco: «Noi stiamo parlando attorno a un convitato di pietra: la scissione. E se non fate parlare Bertinotti in aula, vuol dire che volete lasciare il partito». Scende in campo Nesi, e mette sul tavolo le carte: i testi delle manovre di bilancio che Rifondaziune ha votato fin qui, più il Dpef e la Finanziaria dello scandalo. «Li avete letti, compagni?». Alcuni si guardano sconfortati, perché Nesi sta per affrontare l'esame comparato. Meglio ammettere subito che no, non li ha letti nessuno. Bertinotti accusa, «Nerio, tu hai dato interviste quest'estate nelle quali minacciavi la scissione». Nesi, che non aspetta altro, gli rivolta contro l'accusa, «quello che fa minacce sei tu, quando dici che chi non vota come te è fuori dal partito, e io le minacce non le subisco da nessuno». La tensione sale, e Bertinotti lascia parlare Grimaldi («perché non scriviamo un documento di obbedienza critica?») e Michelangeli («ma senti Fausto, i mali d'Italia li hai scoperti solo adesso?»), prima di ribattere «la Finanziaria, caro Nerio, dovresti compararla con i nostri J4 punti programmatici, non con le precedenti». Sfiniti dal dibattito, e senza neanche un panino, i parlamentari ascoltano ancora Crippa che dice «in Parlamento deve parlare il partito, non Diliberto». Ma scusate, fa quello per tutta risposta, «io non ho potuto parlare nelle federazioni, mi hanno dato dieci minuti al Comitato politico, potrò almeno esprimermi alla Camera?». L'atmosfera della riunione, già surreale, diventa ancora più rarefatta, per il crollo glicemico, e perché si sa già dove si va a parare. Infatti finalmente si vota l'ordine del giorno cossuttiano, e l'ex presidente batte il segretario in carica 28 a 16, come si sapeva già da prima. Più la lettera dell'onorevole Santoli, che è malata, e scrive che lei sta con Cossutta. Niki Vendola piange. Cossutta esce da Montecitorio con l'aria smarrita, gli occhi arrossati, non riesce a trovare la sua auto. Ieri, lui e Bertinotti si sono ritrovati un momento, per lasciarsi per sempre. Antonella Rampino Nesi ribatte: «Caro Fausto, ci minacci quando vuoi costringerci a votare come te, e io le minacce non le subisco da nessuno» Nella riunione dei gruppi parlamentari la rivincita degli «ulivisti» effe trionfano per 28 voti a 16

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