Gruppo misto, legione straniera

Gruppo misto, legione straniera Se i neocomunisti si divideranno, saranno 74 i deputati senza bandiera Gruppo misto, legione straniera MRQMA AMMA mia, il gruppo misto... Come una mostruosa creatura della fantascienza applicata a Montecitorio, più va avanti il disagio politico e più il gruppo misto s'accresce, si gonfia, sta per superare il Ppi, magari punta a diventare il più grande, comunque sfida la geometria delle traiettorie individuali, polverizza logiche di gruppo, rastrella chiunque, accende la fantasia contabile dei protagonisti e degli osservatori. Dopo la rottura BertinottiCossutta, i calcoli vanno aggiornati di ora in ora. Ieri sera, per dire, la «velina rossa» non solo assegnava al gruppo misto la concreta possibilità di raggiungere 74 deputati, «tutti con idee politiche diverse tra loro», ma preannunciava anche la prossima defenestrazione dell'attuale presidente, il verde Paissan, da parte dei voracissimi bertinottiani. Ma la fosca profezia del giornalista Pasquale Laurito non faceva a tempo ad autoadem- piersi che negli uffici del gruppo, al primo piano dell'ex hotel Colombo, si accoglieva con il dovuto sgomento la notizia dell'inaspettato arrivo, dal gruppo oggi piuttosto «caldo» della Lega, dell'onorevole Grugnetti. Egli motivava la sua scelta con la necessità di dedicarsi «esclusivamente» a un certo partito di pensionati padani. Più misurate, le agenzie segnalavano che si sarebbe trattato del cinquantacinquesimo componente. In realtà, secondo il computo degli uffici, sarebbe il quarantottesimo. Con gli eventuali 13 bertinottiani il gruppo misto arriverebbe così a 61 membri. Ma l'enfasi e l'incertezza, a questo punto, sono di per sé eloquenti. Nulla più di questo fritto misto parlamentare celebra la frammentazione di una classe politica che non riconosce più identità e che dall'inizio della legislatura ha visto quasi 90 deputati cambiare gruppo. La convivenza non è mai stato un problema. Il guaio, piuttosto, è assicurare un posto di lavoro a Grugnetti e agli altri 13 rifondatori che sicuramente non vorranno più dividere le loro stanze con gli ex compagni divenuti nemici. Il reperimento di spazi apre situazioni logistiche incasinatissime, con spaventose reazioni a catena. La burocrazia di Montecitorio trema, per far posto a queste anime perse è stato già sgomberato l'ufficio dell'organizzazione sanitaria della Camera. Mentre la suddivisione nelle commissioni si connota via via come un puzzle da incubo cinese. Un «misto» così grosso, in effetti, non c'è mai stato. Ma quel che impressiona è soprattutto la rapidità di crescita. A inizio legislatura contava 26 componenti, divisi tra verdi (14) e rappresentanti di minoranze linguistiche. Una cifra normale che legittimava il consueto nomignolo di «legione straniera». Con l'inizio del 1997, però, dopo l'arrivo dei pattisti (3) e dei socialisti (oggi 9) cacciati da Dini, con i tre della Rete, il gruppo misto toccava quota 39. A marzo giungevano i cidiù di Buttiglione (9), e con assortitissimi 46 membri, francamente, anche senza considerare i single eccellenti Sgarbi, Cito e la Malavenda, più che «legione straniera» questo strano organismo finiva per assomigliare all'«Armata Brancaleone». Niente di offensivo, sia chiaro, ma di assai complicato. Un intrico di storie che si fa procedura parlamentare; un monumento alle debolezze di sistema e ai più sfacciati opportunismi personali; una sala d'attesa per un turismo sempre più nevrotico. Vi transitano, per diverse destinazioni, Giorgio La Malfa, la Pivetti e la Mussolini. Nel marzo scorso escono i nove cidiù, subito rimpiazzati da otto cicidì. Ora è il tempo di leghisti e bertinottiani. Ancora uno sforzo e i deputati dell'ex «legione straniera» potrebbero superare i 91 di An. E un giorno, magari, esprimere un premier «misto», adatto a questi tempi di spasmodica leggerezza. Filippo Ceccrelli