Uto Ughi al lingotto solo col suo violino di Giangiorgio Satragni

Uto Ughi al lingotto solo col suo violino RECENSIONE Ieri sera a Torino, senza il pianista Francois Joél Thiollier il concerto per l'Unione Musicale Uto Ughi al lingotto solo col suo violino Nell'immensità dell'Auditorium, un'elaborata e viscerale «Ciaccona» TORINO. Se vi è un musicista capace di attirare le folle, di garantire il successo e di dare risonanza ad un'inagurazione, questi è Uto Ughi. Ben lo sa l'Unione Musicale, che l'ha scritturato per l'avvio della propria stagione, ieri sera al Lingotto, prima di rientrare - col seguito dei concerti - nella sede storica del Conservatorio. Il violinista ha collocato dopo ognuna delle due pagine di Bach una scelta di «capricci» di Paganini, che gli hanno dato modo, nella moltiplicazione delle difficoltà tecniche, di esibire il lato acrobatico della sua personalità. Pezzi brillanti come il n. 9 (la celebre «Caccia») o complessi come il n. 24 (il tema con variazioni) sono stati una parentesi spettacolare all'interno della riflessiva musica di Bach. E certo riflessiva, anzi concettuale, è la «Sonata n. 2 in la minore», pagina che si sente meno spesso di altre analoghe, dove Ughi ha giustamente raccolto la sfida costruttiva della Fuga e interiorizzato la spoglia cantahilità dell'Andante. Per questo concerto Ughi si è tro- vato solo nella vastità del Lingotto, e non per volontà propria, ma in seguito alla defezione del pianista annunciato sul cartellone generale dell'Unione, Frangois-Joél Thiollier. Tuttavia già l'anno passato Ughi, durante il Salone della Musica, aveva sperimentato le soluzioni tecniche imposte dalla sala a chi suona uno strumento ad arco. Per garanti¬ re l'udibilità occorre premere maggiormente con l'archetto sulle corde e aumentare l'effetto di vibrato con la sinistra: soluzioni congenite al violinismo di Ughi. Non sappiamo se egli abbia utilizzato lo Stradivari appartenuto a Kreutzer o, forse, il più potente Guarneri del Gesù. Resta il fatto che Ughi sia il violinista ideale per riempire l'auditorium di ciliegio con un suono intenso, con un fraseggio così marcato da sembrare, a volte, perfino ridondante, con un'espressività così viscerale, ma calibrata per giungere all'apice nell'elaborata Ciaccona che conclude la «Partita n. 2 in re minore». Inserita al suo posto o singola, Ughi l'avrà eseguita a Torino innumerevoli volte: ed è perfettamente lecito, perché si tratta del pezzo più alto della letteratura violinistica, che Ughi esegue da par suo. Eppure non sarebbe stato male un programma impaginato anche con nomi di minor richiamo - ma fondamentali per il violino - come Ysaye, oppure con la «Sonata» di Bartók. Ma è probabile che la locandina sia stata decisa in tempi stretti, prediligendo non solo gli autori fondamentali del repertorio, ma anche pezzi di grande notorietà (eccetto, in parte, la «Sonata n. 2 in la minore», come dicevamo sopra). Per qualche rarità attenderemo la prossima occasione. Giangiorgio Satragni Uto Ughi: ieri sera al Lingotto ha inaugurato la stagione dell'Unione Musicale

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