Agnelli: un piacevole caratteraccio

Agnelli: un piacevole caratteraccio Agnelli: un piacevole caratteraccio «Scrupoloso e competente, col gusto per la battuta» TORINO I / HO conosciuto bene. Era sicuramente la persona più I I piacevole con cui guardare *-* | un quadro». Giovanni Agnelli, di cui è nota la grande passione per l'arte e soprattutto per la pittura, ricorda così Federico Zeri. «Era anche un uomo con un carattere impossibile. Paul Getty lo volle nel consiglio del museo Getty, quasi lo impose quando si rese conto del suo talento. Ma Zeri litigò con tutti i consiglieri: contestava sistematicamente gli acquisti di opere, l'autenticità delle attribuzioni. Ricordo che, a proposito di una certa statua greca ripescata in Adriatico, il contrasto divenne insanabile». E lei andava a trovarlo spesso? «Spesso no. Ma ho conosciuto la casa di Zeri a Mentana, piena di libri, quadri, sculture e di uno strano armonioso disordine. Una volta, sarà stato venti anni fa, Capitai lì un po' all'improvviso. Era mattina presto, il guardiano si insospettì e sguinzagliò i cani in giardino». Poi lo incontrava in giro per mostre? «Sì, ed era sempre molto divertente trovarsi con lui. Dieci anni fa al Grand Palais a Parigi eravamo a una mostra di pittori napoletani: Caravaggio, Salimbeni, Turchi, Mattia Preti, Giordani. Quadri portati dall'Italia e da piccoli e grandi musei francesi, Tolone, Lilla, Marsiglia. Ma ecco, uno di questi quadri, un po' più cupo, un po' diverso dagli altri, risultava di difficile attribuzione. "C'è qui Zeri, il grande Zeri, vediamo cosa ne dice", provò a chiedere Pierre Rosenberg, il direttore del Louvre. E Zeri: "Secondo me è un pittore fiammingo"». Grande spirito di contraddizione? «Certamente. Ma innanzitutto grande competenza e un pizzico di compiacimento. Un'altra volta eravamo alla Cappella Sistina, appena dopo il restauro. Una visita riservata a membri di International Council di grandi musei, studiosi, appassionati, personalità americane. Timidamente, qualcuno cominciava a fare apprezzamenti sui colori, sulle tecniche del restauro e sull'opportunità. Era un coro d'ammirazione: "Ancora un po' e gli affreschi sarebbero andati perduti". "E lei crede che sarebbe stato un male? - s'intromise Zeri, tra lo stupore degli esperti -. Michelangelo era un bravo scultore, come pittore non valeva altrettanto. Se anche tra due secoli la Cappella Sistina fosse venuta giù, non credo che avrebbe lasciato rimpianti"». Era sempre così sicuro, o aveva gusto della battuta? «L'uno e l'altro. Però era molto, molto scrupoloso sul lavoro. L'anno scorso, eravamo a Palazzo Grassi, alla mostra sulla Magna Grecia in cui per la prima volta si potevano vedere insieme e confrontare il trono Ludovisi e quello di Boston. Zeri rimase per due ore a guardare attentamente ogni particolare. Poi si rivolse a me, col suo solito sorriso: "Sa che le dico? 0 sono buoni tutti e due o sono tutti e due falsi"», [m. so.] Giovanni Agnelli conosceva bene Federico Zeri: «Con lui era divertente visitare le mostre»